La Domenica delle Palme dà inizio alla Settimana Santa, la settimana più importante dell’anno liturgico. Il Sabato Santo ne è il punto centrale. Sant’Agostino (354-430) ha chiamato le veglia del sabato santo “La Madre di tutte le Sante Veglie”. Infatti nei giorni della Settimana Santa e in particolare nel Triduo Pasquale noi riviviamo i giorni della Passione, della Morte e della Risurrezione del Signore Gesù. Essi sono il vertice e il fondamento di tutta la Liturgia della Chiesa e della vita cristiana. Ha scritto Papa Paolo VI, il 14 febbraio 1969, quando ha promulgato le norme generali riguardanti l’ordinamento dell’Anno Liturgico: “La celebrazione del Mistero Pasquale, secondo l’insegnamento del Concilio Vaticano II, costituisce il momento privilegiato del culto cristiano nel suo sviluppo quotidiano, settimanale e annuale”. Guidati dallo Spirito Santo, possiamo celebrare tutta la Storia della Salvezza e fare nostro il “kérigma” (= annuncio del Vangelo) degli Apostoli, come ha detto san Paolo: “A voi infatti ho trasmesso anzitutto quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture,e che fu sepolto e che è risuscitato il terzo giorno, secondo le Scritture, e che apparve a Cefa (= Pietro) e quindi ai Dodici (Apostoli). In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta” (1 Corinzi 15, 3-6).

Durante la Domenica delle Palme siamo stati invitati ad accogliere il vero Messia, quello che cavalca la cavalcatura dei poveri (= un asino) e non un cavallo, strumento di guerra e simbolo di violenza, riservato ai Potenti del Mondo (Zaccaria 9, 9).

Nella Liturgia del Giovedì Santo si pone in risalto la Lavanda dei piedi fatta da Gesù agli Apostoli (Giovanni 13, 1-15). Con questo atto Gesù voleva sottolineare che Egli era venuto per servire e non per essere servito, e dare la vita in riscatto per l’umanità (Marco 10, 45). Celebrando poi la Messa “in coena Domini” (= in ricordo dell’Ultima Cena di Gesù), facciano memoria dell’istituzione dell’Eucaristia e del sacramento del Sacerdozio. Questa Cena dà inizio al Giorno della passione, nel quale ricordiamo il Mistero della Morte di Dio, che celebriamo appunto il Venerdì Santo. Il Logos, accettando di diventare uomo nel seno della Vergine Maria, con tutta la fragilità umana, ha sperimentato la morte, cioè l’annientamento della condizione umana (Filippesi 2, 6-8). Durante la preghiera del Venerdì Santo leggiamo il Passio secondo Giovanni (Giovanni 18, 1 fino a 19, 42). Secondo il quarto evangelista, tutto avviene in un giardino, dal Getsemani al sepolcro. Il riferimento è al giardino dell’Eden, dove Dio aveva posto Adam (Genesi 2, 8-15). Ma il nuovo Adam, Gesù, è fedele e obbediente fino alla Croce. La Croce, scandalo per i Giudei e stoltezza per la sapienza umana (1 Corinzi 1, 23), è invece la prova suprema dell’amore di Dio. Ai piedi della Croce, la madre Maria e Giovanni (al posto di noi tutti), davanti al Figlio di Dio, Gesù, riscattano la colpa della prima coppia e danno inizio a un’umanità nuova. Dice il Vangelo: “E da quell’ora il discepolo la accolse con sé” (Giovanni 19, 27). L’umanità nuova è possibile, perché lo Spirito soffiato da Gesù (Giovanni 19, 30), dona la capacità di eliminare l’odio e l’esclusione, per vivere di amore e di accoglienza. Il sangue e l’acqua, che sgorgano dal costato ferito di Gesù (Giovanni 19, 34), contengono ogni mistero di Dio e anche ogni mistero dell’uomo. Questo sangue e quest’acqua si riversano anche sui nostri occhi e ci guariscono dalla nostra cecità. Finalmente anche noi possiamo esclamare come il centurione romano, anche se un pagano e un assassino: “Veramente quest’uomo era Figlio di Dio” (Marco 15, 39).

Durante la Liturgia del Sabato Santo diventiamo contemporanei di Dio, che con il miracolo dell’Esodo (= gli Ebrei sono liberati dalla schiavitù d’Egitto e Gesù, uscendo dalla tomba, torna a nuova vita),abolisce ogni schiavitù e, con Gesù, anche quella del peccato e della morte. I simboli utilizzati dalla Liturgia ci fanno capire tutto questo. Il fuoco: simbolo di purificazione. Il cero pasquale, richiama la colonna di fuoco dell’Esodo (Esodo 13, 21) ed è immagine del Cristo Risorto, tornato a nuova vita. L’acqua è simbolo della creazione e di ogni vita. L’ascolto della Parola (Deuteronomio 6, 4) ci fa capire che è dalla Parola di Dio che tutto proviene, perché la Parola di Dio diventa sempre fatto, cioè realizza ciò che significa. Allora l’Eucaristia è il culmine e il vertice della Veglia Pasquale. Riviviamo infatti la Passione, la Morte, la Risurrezione di Gesù, diventando suoi contemporanei fino alla fine del Mondo (Matteo 28, 20).

La Domenica di Pasqua, è la festa più importante dell’Anno Liturgico, ed è pure la festa che riprendiamo anche nella cadenza settimanale con la Domenica (= giorno del Signore o Pasqua della settimana).

Auguriamoci allora, come i Cristiani Ortodossi, quelli dell’Oriente: “Christòs anesti!  Alithès anesti! Alleluia!” (= Cristo è risorto. E’ veramente risorto! Alleluia!).

San Daniele Comboni (secolo XIX) ha sempre vissuto per annunciare la Pasqua, anche in Africa Centrale. Così scriveva ai Vescovi riuniti a Roma per il Concilio Vaticano I, il 24 giugno 1870: “Si deve fare ogni sforzo, perché la Nigrizia (= popoli dell’Africa Centrale) si unisca alla Chiesa. Gesù Cristo ha sparso il suo sangue anche per la sua rigenerazione!”.

Buona e Felice Pasqua a tutti!

 

Tonino Falaguasta Nyabenda

Missionario comboniano
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