Padre Tonino Falaguasta Nyabenda

 

Siamo in cammino, perché siamo vivi. La vita infatti è sempre un viaggio, un andare avanti. Importante è sapere dove andare, con chi andare e quali mezzi utilizzare per realizzare la nostra vita e sperimentare la felicità, secondo il progetto di Dio.

Il Vangelo di Luca è organizzato come un viaggio di Gesù dalla Galilea verso Gerusalemme, dove si compirà la Pasqua del Signore (= Passione, Morte, Risurrezione, Ascensione e Pentecoste). Se ci avviciniamo a Gesù, se vogliamo metterci alla sua sequela, bisogna tirarne le conseguenze. Siamo invitati a fare delle valutazioni. Gesù dice infatti: “Se qualcuno viene da me e non odia il proprio padre e la madre e la donna e i figli e i fratelli o le sorelle e inoltre anche la propria vita, non può essere mio discepolo” (Luca 14, 26). Queste parole per noi sono chiaramente scandalose e incomprensibili. Si tratta però di qualcosa di essenziale. Gesù parla di odio. Sono parole severe. Cioè egli chiede per sé un amore più grande di quello che si porta al padre, alla madre, alla sposa, ai figli, ecc. E poi aggiunge: “Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo” (Luca 14, 27). La croce di cui parla Gesù non riguarda solo l’aspetto etico o morale, come le sofferenze e le prove della vita. Nella Bibbia croce significa: sentenza di maledizione. Portare la croce vuol dire pertanto entrare in conflitto con la società, che giudica la croce un simbolo di ignominia. Caricarsi della croce allora è come accettare il giudizio di disprezzo da parte della società. Lo dice chiaramente san Paolo: la croce è stoltezza per i pagani e scandalo per i Giudei (1 Corinzi 1, 23). La croce invece è il trono della gloria, dove il Cristo, nel suo abbassamento, manifesta l’amore infinito verso Dio suo Padre e per l’umanità tutta intera (Giovanni 12, 20-33).

Nel brano precedente all’odierna pericope (Luca 14, 15-24) si parlava di un banchetto a cui erano stati invitati delle personalità. Ma queste rifiutarono. Furono invitati allora i poveri e gli esclusi. In realtà è a loro che spetta il Regno, perché essi sono come Gesù, “venuto non per essere servito, ma per servire e dare la vita in riscatto per tutti” (Marco 10, 45).

La saggezza (dice la prima lettura) consiste nel “conoscere il volere di Dio” (Sapienza 9, 13). Che cosa vuole questo Dio? E’ il Dio di Gesù, che scopriamo nel suo Regno. Questo Regno è offerto a tutti gratuitamente. Ci sono però delle condizioni. E’ normale. Nel Vangelo di Matteo si racconta di un banchetto come parabola di questo Regno (Matteo 22, 1-14). Certo la sala è stata riempita con le persone trovate dai servi lungo le strade, persone buone e cattive. Ma fu trovato anche un uomo che non aveva l’abito nuziale. “Legatelo mani e piedi – ha detto il Re – e gettatelo fuori nelle tenebre” (Matteo 22, 13). L’abito nuziale è la vita nuova nel Cristo, proposta a tutti. Si tratta allora di qualcosa di molto importante e cioè del Regno di Dio, la società alternativa che che Gesù si propone di realizzare con la sua parola e con la sua Pasqua. Le prime parole pronunciate da Gesù nel Vangelo di Marco ne sottolineano l’importanza. “Il tempo è compiuto – ha detto il Cristo, in Galilea, dopo il battesimo ricevuto da Giovanni nel fiume Giordano – e il Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo” (Marco 1, 15). Il Regno di Dio pertanto è una realtà misteriosa che Gesù è venuto ad instaurare in Terra ed è l’oggetto primario della sua predicazione. I miracoli che egli compie sono il segno della presenza di questo Regno e ci fanno capire anche la sua natura. Ha cioè termine con la sua esistenza il dominio di Satana, del peccato e della morte, per tutta l’umanità. Gesù ha affermato apertamente: “Se in virtù dello spirito di Dio io scaccio i demoni, è dunque venuto per voi il Regno di Dio” (Matteo 12, 28).

Da parte nostra bisogna saper valutare per arrivare a delle decisioni come convertirsi, abbracciare le esigenze del Regno e diventare discepoli di Gesù. Ma è giusto farsi delle domande. La maggior parte degli abitanti del Mondo ha la fede in Dio. Si vorrebbe però accostarsi alla religiosità come se fosse un supermercato: si sceglie quello che si vuole. Per esempio: un po’ di Cristianesimo, un po’ di Buddismo, un po’ di Musulmanesimo, ecc. Ecco alcuni esempi di sincretismo: la Fede Bahai, la Scientologia, la New Age, i Testimoni di Geova, ecc.

In che cosa consiste allora l’essenza del Cristianesimo e perché siamo invitati ad entrare nel Regno di Dio? Che cosa ci si “guadagna”? Diventare discepoli di Gesù significa acquisire la sua stessa vita. Con il battesimo ci rivestiamo di lui e diventiamo uno con lui (Galati 3, 27). Tutti coloro che ricevono il battesimo sono uniti fra di loro nell’unità stessa di Cristo e del suo corpo glorificato (1 Corinzi 12, 13). Il battezzato, unito al Figlio, lo è nello stesso tempo unito alle altre due Persone della Trinità. Il discepolo di Gesù entra così nel mistero trinitario: è tempio dello Spirito Santo (1Corinzi 6, 19), è figlio adottivo di Dio Padre (Galati 4, 5), è il fratello e il coerede del Cristo (Romani 8, 17). Ne vive intimamente la vita ed è destinato a condividerne la gloria (Romani 8, 9). Dice san Paolo: “Dio, ricco di misericordia… da morti che eravamo per le nostre colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo…Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù” (Efesini 2, 4 . 6). Essere discepoli di Gesù ci permette di vivere felici, già fin d’ora, se seguiamo le indicazioni di Gesù, manifestate nelle Beatitudini (Matteo 5, 3-12). Allora le disuguaglianze non sono più possibili, la violenza è satanica, la povertà dei due terzi dell’umanità è insopportabile.

Papa Francesco ha affermato giustamente, come conseguenza dell’annuncio del Vangelo del Regno dei Cieli: “Nella misura in cui Dio riuscirà a regnare fra di noi, la vita sociale sarà uno spazio di fraternità, di giustizia, di pace, di dignità per tutti” (Evangelii Gaudium, n° 180).

San Daniele Comboni (1831-1881) ha sempre lavorato perché gli abitanti dell’Africa Centrale sperimentassero la felicità di chi entra nel Regno di Dio. Così scriveva a p. Giuseppe Sembianti, superiore del suo seminario di Verona, il 5 gennaio 1880: “Preghi fervidamente il Cuore di Gesù che converta alla fede i nostri cento milioni di infedeli Africani. Preghiamo insieme a tutti i figli del padre Bertoni (= i religiosi Stimmatini) per rompere le corna al diavolo e…. fare trionfare il Regno di Cristo in tutta l’Africa”.

P. Tonino Falaguasta Nyabenda