Perché l’ascolto della Parola porti frutto in noi, prepariamoci con qualche momento di preghiera, facendo nostra la colletta della Celebrazione Eucaristica odierna: “O Dio, Padre buono, che hai tanto amato il mondo da dare il tuo Figlio, rendici saldi nella fede, perché, seguendo in tutto le sue orme, siamo con lui trasfigurati nello splendore della tua luce”.

Nel capitolo ottavo del Vangelo di Marco, troviamo l’annuncio della passione di Gesù.  Fu Lui stesso a darlo con chiarezza: “Cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni risorgere. Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: ‘Va dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini.’ Possiamo capire la reazione di Pietro all’affermazione di Gesù. Infatti, come tutti in Israele, egli si aspettava un Messia glorioso, forte e trionfante; Gesù invece parlò in un modo che contraddiceva quell’aspettativa. Pietro e, possiamo immaginare, tutti gli altri discepoli con lui, sorpresi, caddero nella nell’angoscia.

Ma ecco l’azione misericordiosa di Gesù che anticipò il trionfo della sua risurrezione, dando pace al cuore dei discepoli. Così questi, più tardi, capiranno che Gesù sarebbe arrivato alla gloria della risurrezione attraverso la passione, la croce e addirittura la morte. La sofferenza di Abramo (prima lettura) disposto a sacrificare il figlio Isacco, pensando che fosse Dio a chiedergli l’offerta cruenta del suo bambino, venne premiata da Dio. Motivo: essa era espressione di fiducia e obbedienza a Colui che gli aveva dato  quel figlio nella sua vecchiaia, fedele alla sua promessa divina. Dio mise alla prova Abramo, come mise alla prova Gesù dopo di lui, e come Gesù stesso mise alla prova i suoi discepoli.

Anche la nostra fede è messa alla prova; una prova che Dio ci manda non per vedere se siamo forti e non cadiamo, ma per due motivi che sono a nostro grande vantaggio. Il primo: Dio manda la prova per svuotarci del nostro io, e quindi di ogni possibile orgoglio. Il secondo: perché, per la nostra salvezza, Dio non opera tutto da solo, ma opera sempre con la nostra collaborazione che spesso richiedere fatica e sudore. Il bello è che, se abbiamo lo sguardo della fede, sperimentiamo sempre la vicinanza di Dio che dona forza, fiducia e speranza, per opera dello Spirito Santo.

Veniamo all’evento della Trasfigurazione attraverso cui Gesù mostrò ai discepoli lo splendore della sua divinità, come un anticipo della luce della futura risurrezione e della gloria eterna. Notiamo alcuni punti che mi hanno sempre affascinato: 1.  La gioia di Pietro spaventato e confuso per l’indicibile gioia di cui faceva esperienza, contemplando Gesù che indossava vesti bianche e splendenti, mentre conversava con Elia e Mosè. 2. La voce del Padre che dalla nube disse: “Questi è il Figlio mio l’amato: ascoltatelo!”. I discepoli dovevano capire subito che per loro, avere fede significava ascoltare Gesù. La stessa cosa è vera anche per noi. Se non ascoltiamo Gesù, non c’è fede in noi. 3. Lo scendere giù dal monte, voleva far capire a quei discepoli e vuol fare capire a noi, l’importanza della fede come il camminare con Gesù nella pianura quotidiana della vita, secondo il motto di Papa Francesco: “Cuori ardenti e piedi in cammino”.

Ci siano di ispirazione la Madonna, fedele fino in fondo a Cristo e alla sua missione di Madre dell’umanità, e San Daniele Comboni, “segno tangibile per tutti della presenza di Cristo nel mondo, profeta di fraternità, padre, pastore e amico dell’Africa”, che morì a solo 50 anni tra tante ostilità, anche da parte di persone di ambienti religiosi europei.

 

                                                                                         Giovanni Taneburgo

                                                                                    Missionario Comboniano