Padre Vincenzo Percassi
Quando venne la pienezza del tempo Dio mando il suo Figlio nato da donna, nato sotto la legge. Per Dio la pienezza del tempo non è un compimento ma una nascita, cioè un nuovo inizio. Questo rimane vero non solo per la storia dell’umanità intera, ma anche per ogni storia personale. Ogni volta che uno fa un’esperienza un po’ più profonda di Dio non ha mai la sensazione di aver raggiunto una meta ma piuttosto di cominciare qualcosa di nuovo. Per chi crede non è il presente che si proietta nel futuro ma piuttosto il futuro che si proietta nel presente e lo valorizza. Siamo eredi di Dio dice San Paolo. Come per Maria, madre e vergine allo stesso tempo, in noi c’è più della vita naturale. Noi siamo eredi di una vita piena che non viene da noi ma da Dio e che Paolo chiama l’adozione divina. Maria è l’icona del credente. Anche noi siamo chiamati a vivere la nostra vita come la cosa più naturale di questo mondo; eppure, credere e sperimentare che in questa nostra vita così naturale si esprime la vita dello Spirito Santo e quindi un destino assolutamente eccezionale. Siamo figli di Dio, siamo eredi, lo Spirito del Figlio è stato riversato nei nostri cuori. Sembra incredibile eppure anche noi, come Maria, poco alla volta, generiamo la vita divina, impariamo a riconoscere ed accogliere quel fattore “divino” che è presente in tutte le circostanze e in tutte le relazioni. Siamo chiamati ad amare e vivere divinamente. Non è una favola. Se l’amore naturale che sostiene le nostre relazioni non si lascia adottare dallo Spirito Santo esso non ha futuro, non si eternizza. Anzi degenera in una schiavitù perché sarà dominato da mille paure. Rischiamo di vivere tra due estremi: sotto la legge che genera il timore servile di chi pensa che Dio sia un Padre esigente oppure sotto la carne che genera quelle mille passioni e trasgressioni di chi pensa che Dio sia un Padre assente. Se non impariamo ad amare da figli di Dio ameremo da schiavi. Come si nasce a figli di Dio? Accogliendo il Vangelo del Natale. Credendo che Dio è nato sotto la carne e sotto la legge perché’ noi incontrassimo nella nostra vita soggetta alla carne e alla legge, la sua vita divina. Questo concretamente significa affrontare la vita di ogni giorno accogliendola ogni mattino con nuovo stupore, credendo al Natale. Credendo cioè al fatto che, in tutte le circostanze della vita e della storia, anche quando Dio non sembra volerle cambiare ma piuttosto volersi sottomettere ad esse, come a Betlemme, proprio in esse si compie, “nasce e cresce la vita di Dio”. Niente di meno che la vita di Dio.
Per questo, in fondo, Dio ordina ai sacerdoti di benedire il suo popolo. Non è una benedizione per quello che riesci a fare nella vita ma una benedizione che ti precede e ti assicura che è Dio che agisce nella tua storia e che quindi ti invita, qualsiasi cosa accada, a rimettere al centro di tutto il suo volto luminoso, la relazione con lui. Qualunque cosa accada ricordati che c’è uno che ti guarda con uno sguardo benedicente e non giudicante, verso il quale puoi gridare sempre: “Abba’”.
Dopo il Natale lo Spirito che abitava in Gesù cerca accoglienza nel nostro cuore per farvi rinascere la fiducia e farlo gridare di nuovo: Abbà. Se impariamo a custodire nel cuore, come Maria, sia la Parola del Signore che i fatti della vita che si susseguono spesso senza apparente connessione – e a “mettere insieme” le due cose – prima o poi ci accorgeremo che tutto quello che accade – anche quello che a noi sembra banale o addirittura un male o una sofferenza – finalmente si rivela portatore di una benedizione. E quando riconosciamo questo compimento il cuore non grida “vittoria… ce l’ho fatta… sono stato bravo”. Esso grida “Abba”, ritrova cioè il desiderio di affidarsi, di avere una relazione con Dio che non è quella che puoi avere con un’idea o un superpotere, ma quella che puoi avere con un Padre che si prende cura del suo bambino che nasce. Ti accorgi insomma che non devi tanto costruire la tua vita quanto accogliere quella del Padre. Non sempre potremo capire cosa ci capita, non sempre saremo capaci di fare quel che dovremmo, non sempre riusciremo trovare soluzioni ideali ai problemi, ma sempre, in ogni circostanza, potremo gridare “papà” e credere ostinatamente che la nostra storia non è solo la storia delle nostre possibilità, di quello che e’ successo nel passato, di quello che sto vivendo nel presente, ma anche e soprattutto la storia di un destino futuro che Dio realizza, la storia di una benedizione vasta e sorprendente come il cielo: eravamo schiavi, siamo stati fatti figli, diventeremo eredi. Eredi di Dio.