Pietro, annunciando la resurrezione agli abitanti di Gerusalemme mette in luce una situazione paradossale. Benché essi fossero religiosissimi e devoti, consapevoli che il Dio di Abramo di Isacco e di Giacobbe ha fatto una storia con loro, proprio loro si sono trovati ad agire in maniera nettamente contraria alla volontà di Dio, uccidendo il giusto e il Santo, colui che compiva perfettamente la volontà del padre. E tutto ciò, conclude Pietro, per ignoranza. Così dicendo egli mette in luce come l’ignoranza fondamentale dell’uomo non sia relativa a conoscenze di tipo scientifico o anche religioso. L’ignoranza dell’uomo consiste nel non riuscire a riconoscere come la volontà di Dio si possa compiere in una storia che sembra contraddire la propria volontà e quindi di trovarsi ad opporre la propria volontà a quella di Dio. Quei “pensieri che salgono dal cuore”, che il risorto rimprovera ai discepoli, rappresentano quella mentalità umana che da più importanza alle proprie considerazioni e attese piuttosto che al disegno di Dio nella storia. Il problema non è solo morale o religioso ma esistenziale. Gesù che ha compiuto la volontà del Padre, infatti, non è semplicemente l’autore di una legge ma piuttosto l’autore della vita. Uccidere l’autore della vita, allora, significa agire non solo contro i comandamenti ma soprattutto contro quel modo di pensare e di agire che conduce alla pienezza della vita e che trova il suo compimento nella resurrezione di Gesù. Finché seguiamo semplicemente i pensieri che salgono dal nostro cuore, ci ritroveremo ad agire per ignoranza, cioè a parlare, pensare o agire in una maniera che, a dispetto di tutte le nostre buone intenzioni e logiche umane, risulterà contraria alla vita. Succede quindi che roviniamo le relazioni, introduciamo motivazioni ambigue nell’agire, scadiamo nel sospetto, nel controllo o nella dominazione sugli altri e ci ritroviamo con meno vita. La risposta a questo stato di cose non è una maggiore attenzione o un maggiore impegno. Non usciamo da questo stato di cose con le nostre forze come nessuno uscirebbe dalla tomba con le proprie forze. L’unica soluzione a questo stato di cose non poteva essere che una resurrezione. L’inizio di una vita nuova illuminata da uno che ha vinto questa ignoranza non combattendola ma illuminandola dall’interno. Quando Pietro dice: “colui che voi avete ucciso Dio l’ha risuscitato”, egli sta dicendo che Dio ha risposto alla nostra ignoranza, non con una punizione, ma con un dono che attende di essere accolto e farsi presente nella nostra realtà. Convertitevi, continua Pietro, cambiate logica di azione, di pensiero, di affrontamento della vita e aggrappatevi, non alle vostre forze o alle vostre idee, non ad una legge, ma a colui che vive in mezzo a noi come uno che ha vinto la morte, che cioè è più forte delle conseguenze della nostra ignoranza. Non solo il risorto conosce cosa conduce alla vita piena ma la possiede perché è l’autore della vita.  È questo l’annuncio Pasquale. I discepoli che rientrano da Emmaus, gli undici che stavano nel cenacolo e tutti gli altri che erano con loro non vedono in Gesù risorto uno che viene da fuori ma uno che sta in mezzo. Essi aprono gli occhi semplicemente sul fatto che egli è presente nella loro vita e questa consapevolezza cambia il fuoco della loro attenzione. Come i Giudei hanno ignorato che Gesù fosse l’autore della vita in quanto troppo “umano”, così noi oggi possiamo ignorare che il risorto sia al centro della nostra vita perché la testimonianza che lo riguarda e’ troppo umana. Quando chiede di mangiare un po’ di pesce, il risorto si rivela coesistente con la mia vita bisognosa di nutrimento. Se ignoriamo che la centro della nostra vita vi è il risorto, quel centro sarà occupato da noi stessi, dai pensieri che salgono dal nostro cuore, dalla nostra pretesa che le cose vadano nel modo a noi conveniente. Riconoscere il Risorto al centro della nostra vita vi è il risorto significa smettere di agire per ignoranza e cominciare a cercare la volontà del Padre. Convertitevi e cambiate vita. Cercate la pienezza della vita nella relazione con lui, nel riferire a lui tutte le cose, anche il mangiare e il bere. Chi riconosce il risorto al centro della sua vita non cambia magicamente ma entra in un dinamismo di crescita, finché l’amore, dice Giovanni, non raggiunga la sua perfezione. E se pecchiamo, continua Giovanni, abbiamo in Lui un consolatore, un difensore che ti incoraggia a ricominciare. Dopo un attimo di contrizione, dunque, riprendiamo il cammino con umiltà giuliva[1]. Contenti di conoscere la nostra miseria illuminata da tanta misericordia. Dio, infatti, ci incontra da innamorato. Quando Gesù dice toccate la mia carne e le mie ossa egli riecheggia le parole di Adamo rivolte ad Eva al momento della creazione. Egli si offre a noi come una presenza amante che vuole semplicemente aiutarti a non vivere nell’ignoranza, a non peccare, cioè a non rovinare la tua vita. Dio è l’autore della vita. Non sappiamo chi ha creato il mondo ma sappiamo che era innamorato (Alfa).

 

 

[1] Padre Pio