Un confratello comboniano di ritorno dal Brasile, mi raccontò che un giorno si stava recando in visita a delle comunità cristiane a cavallo della sua brava moto. La strada era buona con saliscendi lunghi e ben dritti come fossero tirati al righello ben. Dopo aver lanciato la moto iniziò una lunga discesa a buona andatura. Giunto in fondo alla discesa iniziava una salita altrettanto lunga e dolce e la moto iniziò a salire bene, ma rallentando, lui accelerò ma la moto non rispondeva. Scalò dalla quarta alla terza, e poi alla seconda…niente la moto non rallentava sempre più. Inserì la prima proprio quando la moto si fermò. Riprovò con le marce, il motore cantava forte, allegramente quasi per prenderlo in giro, ma la moto non si muoveva di un centimetro. Scese e dopo una rapida occhiata si accorse subito che la catena non c’era più. L’aveva persa per strada. Si è fatto quasi mezzo chilometro per ritrovarla, sdraiata a riposarsi sulla nuda terra. Non poteva rimontarla perché, a parte la pompa per le forature e la colla con i tip-top, non aveva altro. Non c’era traffico, ma un camionista vedendolo e riconoscendolo, preso da compassione si fermo per aiutarlo. Caricarono la moto sul camion e si diressero al villaggio vicino dove il problema fu subito risolto.

              A volte mi domando: “Se Gesù fosse stato tra noi in questi tempi di progresso, che mezzi avrebbe usato per i suoi spostamenti?”. So per certo che durante la sua Vita ha fatto uso almeno un paio di volte gli umili asinelli. Una volta tra le braccia della mamma, seduti sull’asinello condotto da San Giuseppe per la Fuga in Egitto. L’altra per l’entrata a Gerusalemme con l’asinello chiesto dai discepoli a un signore di Betfage. Né il primo, né il secondo aveva problemi di catene…C’erano anche altri mezzi in cui Gesù è spesso salito e sono le barche dei suoi discepoli pescatori, e anche qui non c’erano problemi di catene, che ritroviamo nel racconto dell’indemoniato dei Geraseni, catene che lui regolarmente rompeva.

              Oggi, dovendo andare a controllare velocemente i lavori di un piccolo progetto che sto seguendo, ho preso la fedele moto “cinesina” da “quattro schei” che rimpiazza l’asinello del Signore. Il percorso era di tre chilometri sulla “circonvallazione” nord-est della città di Isiro, strada sempre abbastanza trafficata da mezzi di ogni genere, che di “ogni genere” ci aggiungono anche il disordine caotico. Andavo via calmo a una velocità da “crociera” lungo una dolce discesa lasciando libero l’acceleratore. Notai che la moto rallentava. Ho dato gas, senza risultato, cambio marcia…zero. Il ricordo del mio amico comboniano del Brasile è riaffiorato e mi ha illuminato, direi quasi folgorato. Anche la catena della mia moto si era “scatenata” per riposarsi distesa a terra nella polvere. Fermo la moto, scendo e mi accingo ad andare alla ricerca della sfaticata. La trovo a un centinaio attorcigliata come un serpente, sporca di grasso e olio. La sollevo e la gente si avvicina curiosa per vedere che razza di serpente ho ucciso. Sollevo la catena e restano delusi. Grasso e olio mescolati alla polvere mi conciano le mani per le feste.

              Ritorno a recuperare la moto, pensando che santo pregare per rimetterla in condizioni di ripartire. Visto il percorso breve, non mi sono preoccupato di prendere qualche attrezzo necessario in caso di necessità. Se la “tipetta” si fosse scatenata in un’altra uscita, lontano dalla città, in zona di savana o foresta, e non avessi portato gli attrezzi, ci sarebbe stato da piangere.

Avrei dovuto portare gli attrezzi anche in città, ma… “l’imprudenza non è mai troppo poca”. Mi si accosta un signore che mi dice: “Se vuoi la moto te la riparo io”. Perbacco! (che per un astemio come me, può essere creduto un insulto), come non essere d’accordo. Che sia l’Angelo Custode del pronto soccorso? Va nella sua capanna e ritorna con degli attrezzi che forse usava Noè per riparare l’arca. Smonta i carter (che non centrano niente con Jimmy e gli USA), ma con la protezione della catena. In poco e senza troppe delicatezze, rimette la catena al suo posto, lasciandola al naturale ben concia con grasso, olio e polvere. La cura di bellezza la farà a casa.

              L’amico si merita una ricompensa. Gli lascio un po’ di soldi. A me sembra piccola cosa ma lui la ritiene grande. Ci diamo la mano che ora sono tutte e due dello stesso colore. Dev’essere protestante perché mi saluta dicendomi: “Merci mondele!” (grazie bianco) gli dico che il Merci devo dirglielo io. . Gli dico che sono il Fratello della vicina parrocchia di Sainte Anne. Si meraviglia. Forse pensava che fossi un turista in cerca di avventure. Di questi tempi sarei stato l’unico esemplare della specie. Ci diamo la mano che ora sono similmente nere. Risalgo sulla “cinesina” che parte decisa. Calma e senza scatenarsi mi porta prima al cantiere e poi a casa dove la affido alle amorevoli cure del nostro meccanico Bernardo perché sia pronta per altre avventure.