(Di seguito il testo della conferenza tenuta da p. Tonino Falaguasta Nyabenda, mercoledì 8 novembre, nel Seminario di Treviso, alla presenza del Vescovo Mons. Michele Tomasi e di un folto pubblico).

INTRODUZIONE

Vogliamo ricordare padre Bernardo Sartori, missionario comboniano, dichiarato Venerabile da Papa Francesco il 13 dicembre 2021. Avete fra le mani, oppure vedete su un tavolo in fondo alla sala, un libretto. E’ un libretto di una settantina di pagine. Semplice, senza pretese, di facile lettura, con numerose illustrazioni. Si parla di padre Sartori.

Con questo libretto si desidera far conoscere questo Missionario Comboniano, nato e cresciuto in terra trevigiana, forgiato da persone di grandi qualità umane e cristiane; sia in famiglia, sia in parrocchia, a Falzè, sia in Seminario a Treviso.

E’ importante conoscere questa figura eccellente di missionario e di sacerdote. E’ importante pure chiedere la sua intercessione. Essendo Venerabile, possiamo ricorrere alla sua intercessione per quelle grazie di cui abbiamo bisogno. E, se Dio vuole, arrivare a ottenere un miracolo per la sua intercessione. In questo modo avremo la strada spianata verso la sua Beatificazione.

LA SUA VITA IN BREVE

Credo che noi tutti conosciamo la sua storia. Molti senz’altro avranno letto il libro di padre Lorenzo Gaiga (1934-2007), dal titolo: “LA SFIDA DI UN UOMO IN GINOCCHIO”. E’ stato pubblicato nel 1985, due anni appena dopo la sua partenza verso il Paradiso. E’ un libro che si legge volentieri, come un romanzo.

La vita di p. Sartori si può dividere in tre periodi.

1) La vita a Falzè di Trevignano (TV) nel seno della sua famiglia. Vi era nato il 20 maggio 1897. Nel 1917, a vent’anni, partì come soldato. Siamo durante la prima guerra mondiale (1915-1918). Bernardo scoprì la durezza della vita, le tragedie della guerra con le sue immani sofferenze. Ma approfondì anche la sua fede e la visse come servizio agli altri, sull’esempio della Madonna, che invocava sempre come Madre.

2) Grazie a un amico, p. Gaetano Semini (1900-1973), soldato come lui, scoprì i Missionari Comboniani a Verona. Finalmente, il 20 dicembre 1923, entrò nel Noviziato a Venegono Superiore (VA). Terminati gli studi di teologia, venne ordinato sacerdote a Treviso, dal suo amatissimo Vescovo, il Beato Giacinto Longhin, il 31 marzo 1923.

Dal 1923 al 1927 lavorò come animatore missionario a Venegono, a Verona, a Padova, a Brescia. Nel 1927 venne inviato a Troia (FG) per aprire un seminario comboniano nella Puglia. Il lavoro di p. Sartori è stato enorme, ma sempre sotto la protezione della Madre di Gesù. Nel 1933 la chiesa del seminario a Troia venne consacrata dal Vescovo Mons. Farina e dedicata alla Madonna “Mediatrice di tutte le Grazie”.

3) Arrivò finalmente la destinazione per la Missione. P. Sartori partì per l’Uganda, il 5 novembre del 1934. Lo aspettavano ad Arua, nella regione nord occidentale del paese.

Vi rimase per quasi 50 anni ed ebbe modo di lavorare in queste Missioni: a Lodonga, dove chiese alla Santa Sede di installare una statua della Madonna, invocata come “Sultana d’Africa”. Siamo nel 1937. Durante la seconda guerra mondiale è fatto prigioniero con gli altri Missionari italiani a Katigondo. Vi restò un anno. Poi, una volta liberato, andò a Koboko dove mise nella chiesa una statua della Madonna che richiamasse i santuari di Lourdes e Fatima, con una mezzaluna ai piedi, così da essere ammirata anche dai Musulmani. Nel 1961 è trasferito a Otumbari. E anche qui nella chiesa venne installata una statua della Madonna “Regina mundi”. Nel 1966 passò ad Arivo: anche qui arrivò la statua della Madonna, celebrata come Madre della Chiesa. Dopo un periodo di difficoltà politiche causate dalla guerra tra Tanzania e Uganda (al tempo del presidente Amin Dada), trascorso in Congo, tornò a Otumbari nel 1980.

L’anno successivo è spostato a Ombaci, dove la morte lo colse, la mattina di Pasqua, mentre era in chiesa a pregare, il 3 aprile del 1983. La sua ultima giornata era iniziata verso le 4 del mattino, quando, come al solito, si recava in chiesa a pregare. Era buio; aveva la lampada a petrolio in mano e si inginocchiò sui gradini dell’altare. Fu trovato da un Confratello mentre era steso per terra, la lampada ancora accesa e la corona del rosario sempre tra le dita. Erano le 7 e 30. E’ davvero straordinaria quella morte: il mattino di Pasqua padre Bernardo Sartori poté incontrare il Signore Gesù nello sfolgorio della sua Risurrezione. E certamente la Madonna avrà accolto il suo servitore per accompagnarlo nella beatitudine del Cielo.

I funerali si svolsero il 4 aprile. Presiedeva la Messa Mons Angelo Tarantino, Vescovo di Arua, accompagnato da 21 sacerdoti con la partecipazione di una folla immensa. La salma di p. Bernardo Sartori giaceva in una bara bianca. Il suo volto rifletteva una luminosità straordinaria, quella attinta dal tabernacolo, quando prostrato stava offrendo la sua ultima preghiera di lode. Mons. Tarantino, durante l’omelia, ha tratteggiato la figura di p. Sartori. Lo ha definito un autentico apostolo, che ha onorato la Chiesa con la sua vita zelante e santa. Padre Torquato Paolucci, missionario comboniano, presente a Ombaci, ha affermato: “Tutti hanno sentito la morte di padre Sartori come quella di un premio dato all’uomo buono, a un santo, a uno che ha vissuto il Vangelo nella sua vita. La tanta pace che ispirava il suo volto, anche nella bara, colpiva tutti noi che eravamo nella chiesa e provavamo tutti una sensazione meravigliosa”.

FORMAZIONE UMANA E CRISTIANA

Credo sia opportuno sottolineare come sia avvenuta la formazione umana e cristiana di p. Bernardo Sartori, con l’aiuto di p. Arnaldo Baritussio, postulatore generale della Causa di Beatificazione. Questa riflessione vuole presentare il ruolo della famiglia, della parrocchia di Falzè e della Diocesi di Treviso nel Seminario Vescovile. Tutti hanno contribuito a fare di p. Sartori un uomo straordinario, un sacerdote secondo il cuore della Madonna, un missionario dallo spirito di san Daniele Comboni.

IN FAMIGLIA

La famiglia di p. Bernardo Sartori era di fede cristiana praticante. Soprattutto la madre, che ha contribuito a sviluppare in Bernardo un attaccamento alla fede e ad avere una grande devozione alla Madonna. Quando è nato, sua mamma che si chiamava Augusta, appena possibile, lo ha portato in chiesa a Falzè. Giunta davanti alla statua della Madonna, ha detto: “Vorrei tanto che questo mio bambino diventasse sacerdote, ma un sacerdote santo”.

Quando Bernardo aveva quattro anni, è andato in chiesa, sempre accompagnato da sua madre. Vi era in chiesa, quella domenica, un Missionario che parlò dei tanti bambini che in Africa aspettavano qualcuno che andasse ad annunciare loro il Vangelo. “Vado io!” disse Bernardo all’orecchio di sua madre.

Non c’è da meravigliarsi. Sua madre si preoccupava di trasmettere la fede ai suoi figli. Teneva in cucina a casa sua diversi libri che raccontavano la vita dei Santi. Ne privilegiava uno in particolare: san Bernardo di Chiaravalle (1090-1153). Per questo diede il nome di Bernardo a suo figlio. Augusta aveva anche il celebre libro “Massime Eterne”, pubblicato ancora da sant’Alfonso Maria de’ Liguori nel 1728 e che ha avuto in seguito centinaia di edizioni. Era un libro semplice da leggere e che insegnava gli elementi principali della spiritualità cristiana. Mamma Augusta da lì aveva appreso le preghiere e le varie devozioni che insegnava ai figli.

Dopo la terza elementare, Bernardo, una sera, finita la recita del Rosario, si avvicinò a sua madre e disse: “Io voglio diventare sacerdote. Che cosa devo fare?”. “Parlane con il parroco” rispose. Il problema era il padre, che avendo avuto solo un figlio maschio, non voleva perderlo. Allora Augusta un giorno chiamò suo figlio e partì con lui in pellegrinaggio a Padova alla Basilica di Sant’Antonio per chiedere la grazia di un figlio. Un anno dopo, puntualmente arrivò Antonio. La strada verso il Sacerdozio era quindi aperta.

In famiglia Sartori la fede, semplice e umile, era fortemente radicata. San Giovanni Bosco (1815-1888) diceva che la vocazione religiosa e sacerdotale viene data prima ai genitori, poi ai figli. Anche per p. Bernardo è successo così.

IN PARROCCHIA

P. Sartori ha avuto nella sua fanciullezza come parroco a Falzè don Carlo Righetto. Di lui Mons. Giacinto Longhin ha scritto, dopo la visita pastorale: “Mostrò zelo per il suo ministero e tenne condotta sacerdotale veramente encomiabile. Sacerdote esemplare e devotissimo, lodevole per l’azione e l’organizzazione parrocchiale”.

P. Bernardo ha avuto la fortuna di essere guidato nella sua vita di fede da un pastore esemplare nel periodo della sua fanciullezza. Anche da grande ha potuto scambiare riflessioni e ricevere consigli da don Luigi Fabris, dal 1913 fino alla sua entrata nel seminario di Treviso. Di lui e della parrocchia di Falzè mons. Giacinto Longhin ha scritto: “Dichiariamo di avere riscontrato lo spirito cristiano nella popolazione elevatissimo, la frequenza ai Santi Sacramenti assai confortante, il grado di istruzione religiosa nei fanciulli splendido, la Chiesa assai ben tenuta, provvista di sacri paramenti, l’archivio parrocchiale in perfetta regola”. Accompagnato da questi pastori, Bernardo Sartori poté entrare in Seminario preparato per una vita di donazione totale per il sacerdozio e per la vita missionaria in Africa.

NEL SEMINARIO DI TREVISO

Il 22 novembre 1914 Bernardo Sartori è stato accompagnato in seminario a Treviso dal suo parroco don Luigi Fabris, che nella lettera indirizzata al responsabile così scrisse: “Soggetto di ottima condotta morale. Dà segni non dubbi di vocazione allo stato ecclesiastico”.

Il seminario diocesano sarà definito da p. Sartori come “un sacro asilo di pace”. In quell’ambiente egli riceverà i fondamenti della sua formazione intellettuale e morale. Mons. Longhin aveva avuto molta cura di quel centro di formazione dei suoi pastori. Per questo aveva rinnovato e ristrutturato i quadri formativi, mettendovi i migliori elementi che aveva nella sua Diocesi. Secondo Mons. Longhin, la vita spirituale del sacerdote doveva essere ampia, ben strutturala, radicata nella Parola di Dio e con una spiritualità seria e profonda. Aveva organizzato il Sinodo diocesano nel 1911. Le scelte che erano state decise riguardavano anche i sacerdoti in cura d’anime. “La vita dei pastori – diceva quel santo Vescovo – doveva essere animata da un cocente desiderio di santità e da un giusto equilibrio tra contemplazione e vita attiva”. E aggiungeva ancora: “Il sacerdote deve essere in continua, diretta e intima unione con Cristo; e l’apostolato doveva scaturire dalla contemplazione, dalla preghiera, dalla devozione fortissima con la Madre di Gesù. Maria Santissima ha dato un esempio mirabile di vita attiva, ma sempre in unione con Dio”.

Nel Seminario vi era una sensibilità fortissima verso la dimensione missionaria. Mons. Longhin è stato uno dei primi Vescovi in Italia ad accettare e promuovere l’Unione Missionaria del Clero, fondata da Mons. Guido Conforti nel 1918.

Quando nel 1921 p. Sartori, ancora studente di Teologia, lascerà il Seminario di Treviso, avrà una struttura spirituale e umana capace di sostenere tutto il suo fuoco missionario e il suo zelo sacerdotale. Partendo da Treviso e andando dai Missionari Comboniani a Verona, il chierico Sartori aveva in tasca una lettera di raccomandazione del Rettore del Seminario mons. Onisto Giuseppe Trabuchelli, che diceva così: “E’ un grande dolore per me perdere il chierico Bernardo Sartori, ma non posso non adorare, anzi devo ringraziare la volontà di Dio che lo chiama in un campo più vasto a lavorare per la sua gloria”. E il professore di Dogmatica, mons. Valentino Bernardi aggiungeva: “E’ molto pio e devoto della Madonna e questo è molto importante. Se io non mi inganno, presagisco di lui assai bene”.

P. Bernardo Sartori non dimenticò certo la formazione avuta nel Seminario, Inoltre ha sempre riconosciuto il ruolo positivo tenuto dal Vescovo mons. Longhin. Così ha scritto di lui: “Sentendo forte la vocazione per le Missioni, il 14 dicembre 1921, di frodo, lasciai il Seminario di buon mattino e andai a congedarmi dal mio santo Vescovo mons. Longhin. Mi abbracciò, mi benedisse, mi accompagnò fino in fondo allo scalone e mi strinse al cuore, dicendomi: ‘Tu non conosci la vita religiosa. Se non puoi resistere, torna qui che la diocesi ne ha bisogno e il tuo Vescovo ti apre le braccia’. Volle più tardi essere lui stesso a conferirmi il diaconato e il presbiterato, con queste parole: ‘E’ mio da sempre’!”. Commenta allora p. Arnaldo Baritussio, postulatore della Causa di Beatificazione di p. Sartori: “La Chiesa locale di Treviso può dire nei confronti del Venerabile Bernardo Sartori: ‘E’ nostro!’. Anche i Missionari Comboniani possono esclamare giustamente: ‘E’ altrettanto nostro’!”.

TRE CENTRI GRAVITAZIONALI

P. Sartori ha lasciato Treviso con un bagaglio spirituale e intellettuale ben fornito. E’ uscito dal suo ambiente, ma non lo ha mai abbandonato. E’ sempre stato in relazione con la corrispondenza e con le visite personali, quando ha avuto l’occasione di passare un po’ di tempo in vacanza in Italia. Ma dovunque è stato ha lasciato un segno che restava indelebile, a Troia nelle Puglie e soprattutto in Uganda come missionario. In lui infatti c’erano tre centri gravitazionali (p. Baritussio Arnaldo parla di due: Eucaristia e la Madonna; ma bisogna aggiungere anche la Missione) che lo caratterizzavano e che lo sostenevano nella sua vita religiosa, sacerdotale e missionaria: l’Eucaristia, la devozione alla Madonna e il fuoco della Missione. L’Eucaristia era il polo incandescente delle sue giornate, della sua vita. Passava ore in adorazione davanti al tabernacolo. Molti si chiedevano come facesse a resistere nelle sue attività apostoliche, quando consacrava così poco tempo per il riposo. P. John Troy (1937-2020), suo confratello inglese, diceva: “Pregava davanti all’altare, adorava il Santissimo per ore intere. Celebrando la Messa, per lui l’atto centrale della giornata, parlava con il suo volto, con la sua persona. Non sapeva bene la lingua inglese e neppure il Logbara, la lingua africana del posto dove era come missionario. Ma la gente assisteva rapita, quando lui celebrava la Messa o faceva lezioni di catechismo”. Aveva il dono delle lacrime, soprattutto quando era all’altare. Così egli stesso ha scritto: “L’Eucaristia è l’atto centrale della creazione. E’ l’occasione per ciascuno di noi di divenire la lode che Dio attende!”. La sua vita era una lode continua, una preghiera incessante.

La sua fine gloriosa ai piedi dell’altare, la mattina di Pasqua del 1983, è come un gesto profetico che manifestava la sua santità e la sua fede incrollabile.

In questo era sostenuto dalla devozione alla Madre di Gesù. Lui stesso ha scritto: “Qualche volta mi domando come potrei vivere se non avessi la Messa e la Madonna!”. Egli ha scritto un giorno: “La maggior parte di noi è un segno di sottrazione, a causa dei nostri peccati. Solamente Maria è un segno di uguaglianza tra ideale e storia, pensiero e realtà. Maria si innalza tra noi di una pienezza di grazia inconcepibile, ma non si distacca da noi”. La devozione di p. Sartori per la Madonna si capisce solo se considera la Vergine come colei che ha dato un volto umano a Dio, perché è Madre di Gesù, vero uomo e vero Figlio di Dio. Da qui si capisce il perché dei titoli delle statue da lui collocate nelle varie chiese, dove ha lavorato come prete e come missionario: Mediatrice di tutte le grazie a Troia; Sultana d’Africa a Lodonga; la Vergine come è venerata a Fatima e a Lourdes a Koboko; “Regina Mundi” (Regina del Mondo) a Otumbari; Madre della Chiesa a Arivo. Tutti questi titoli sono uno sviluppo normale del posto della Madonna nella storia della salvezza. L’ultimo titolo “Madre della Chiesa”, perché è Madre del Figlio di Dio Gesù, Corredentrice ai piedi della Croce e Serva dello Spirito Santo. P. Bernardo Sartori così ha scritto: “La devozione a Maria non è importante, è necessaria, se vogliamo attingere alla sorgente della vita. Se si abbandona la Madre, non si conosce più il Figlio!”.

Un giorno un Confratello gli disse che padre Pio da Pietrelcina diceva almeno 34 rosari al giorno. E p. Sartori di aggiungere: “Io almeno 30!”.

Il terzo centro, o punto radicale della vita di p. Sartori è la Missione. Dovunque è stato, si preoccupava di annunciare il Vangelo. P. Fabio Baldan, scrivendo la prefazione del libretto biografico, che molti di voi hanno fra le mani, così la intitola: “L’insopprimibile passione missionaria”. Ed era la verità. A p, Sartori non bastava la Chiesa locale di Treviso per il suo cuore ardente; ci voleva il Mondo intero. Per questo ha scelto la Missione e l’ha vissuta secondo il carisma comboniano. In effetti p. Sartori ha scoperto san Daniele Comboni (18311881), frequentando i suoi figli spirituali a Verona e poi nel Noviziato, e lo ha preso come maestro e guida.

Il 3 aprile 1983, la mattina di Pasqua, p. Bernardo Sartori fu trovato inanime ai piedi dell’altare, steso sui gradini, a braccia aperte, con la corona del rosario fra le dita della mano destra. Ha scritto p. Marchetti Mario (1922-2006): “Quando ho appreso come p. Bernardo Sartori ha concluso la sua lunga vita missionaria il mattino di Pasqua, per primo in chiesa come di consueto, ho pensato alla Madonna che certo incontrò per prima Gesù Risorto, anche se i Vangeli non lo dicono. Così p. Sartori, gran devoto della Madonna, ebbe lo stesso privilegio”.

Il 26 maggio 1983 è stata celebrata una Messa in ricordo di p. Bernardo Sartori a Ombaci (Uganda), dove era deceduto poco tempo prima. La chiesa era gremita all’inverosimile. Anche davanti alla chiesa c’era una grande quantità di persone. Padre Ruggieri Mario (1922-2002), a conclusione di quella giornata, così ha commentato: “La Messa di oggi è stata una partecipazione di fede. Alla fine della Messa, ci siamo incamminati tutti verso il cimitero per onorare la tomba di p. Sartori. I catechisti hanno intonato allora: ‘Andrò a vederla un dì’ in Logbara (lingua africana del posto) e a migliaia hanno continuato: un’apoteosi di gloria e di devozione mariana.

Tutti sono concordi nel dire che p. Bernardo Sartori era un uomo apostolico straordinario, un autentico santo”.

Anche noi e ci auguriamo che il Signore ci conceda un giorno di vederlo proclamato Beato sugli altari.

Tonino Falaguasta Nyabenda