P. Manuel João

Gira la tua frittata nella padella per amore di Dio!

Anno A – Pasqua – 6a domenica
Vangelo:
Giovanni 14,15-21

Ci rimangono due settimane del tempo di Pasqua. Domenica prossima celebriamo l’Ascensione del Signore e nella seguente la Pentecoste. La Parola di Dio ci invita a rivolgere il nostro sguardo verso questi appuntamenti.

Oggi Gesù ci promette il dono dello Spirito: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità”. Gesù parla cinque volte dell’invio dello Spirito in questi suoi discorsi di addio. Quattro volte ce lo presenta come il “Paràclito“, un termine greco molto ricco che indica qualcuno chiamato accanto a sé per aiutare, un consolatore, un avvocato difensore… Tre volte lo caratterizza come “Spirito della verità”: “Lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità” (Giovanni 16,13).

Qui il dono dello Spirito Santo è collegato all’amore (“Se mi amate…”). L’amore è il nido dello Spirito. L’apostolo Paolo afferma che: “Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Galati 5,22). Tutte qualità connesse con l’amore.

L’amore, la via del fare

Il vangelo odierno mette in luce proprio l’amore (5 volte), ma, – sorprendentemente! – qui Gesù parla dell’amore verso la sua persona. L’amore che nell’Antico testamento era riservato a Dio (Deuteronomio 6,4-9), Gesù adesso lo richiama per sé. Se la vita cristiana nasce dalla fede, essa si manifesta e fiorisce nell’amore. Il vangelo di Giovanni si concluderà con una triplice richiesta di professione di amore, dove Pietro rappresenta ciascuna e ciascuno di noi e la Chiesa tutta intera: “Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?” (Giovanni 21,17). Quale onore ci fa Dio chiedendo la nostra amicizia! Dio ha un cuore da innamorato!

Gesù afferma che l’amore verso di lui si manifesta nell’osservanza dei suoi comandamenti: Se mi amate, osserverete i miei comandamenti”. Lo troviamo ripetuto pressappoco due volte, come introduzione e conclusione del brano del vangelo di oggi. Ma non si tratta certamente di nuove regole, norme o leggi (ne abbiamo già fin troppe!). Poco prima Gesù parla di un “nuovo comandamento”, quello dell’amore vicendevole, distintivo dei suoi discepoli (13,34-35). Ne parlerà ancora altre due volte. Gesù è preoccupato per i suoi, che rimangano uniti dopo la sua partenza, e per questo dice loro: “Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri” (15,17). Ma come mai parla di comandamenti, al plurale? Possiamo pensare che si riferisca in generale ai suoi insegnamenti da custodire, ma soprattutto alle due dimensioni inscindibili dell’amore: amare Dio e i fratelli.

Non è, però, il fare che arriva all’amore, ma è l’amore la via del fare. L’amore è il motore della vita. Lo sanno bene gli innamorati. Diceva Sant’Agostino, un innamorato anche lui: “Sia in te la radice dell’amore, poiché da questa radice non può procedere se non il bene. Ama e fa ciò che vuoi!” E l’apostolo Paolo dirà: “L’amore di Cristo ci spinge” (2Corinzi 5,14). Oserei pensare, dunque, che l’affermazione di Gesù non metta l’osservanza come condizione dell’amore, ma l’amore come premessa per l’osservanza. E quando Gesù dice: “Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama” ... non potrebbe essere applicato anche al non credente?

“In”, la preposizione dell’amore

Richiama la mia attenzione l’insistenza di Gesù sulla comunione profonda creata da questo amore: una in-abitazione reciproca. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. Anche se troviamo altre preposizioni come con voi, presso di voi, da voi, quella privilegiata è in voi, in me, nel Padre... Questa proposizione in (έν, in greco) appare circa 25 volte in questi due capitoli 14 e 15 con questa connotazione di intimità profonda, di immanenza, di abitazione reciproca. Ecco perché Paolo dice che siamo “tempio di Dio” (1Corinzi 3,16). Il nostro cuore è fatto per essere abitato. Ma chi lo abita?

Mettersi alla scuola dei mistici innamorati

Forse non abbiamo interiorizzato abbastanza questa realtà sorprendente e meravigliosa: siamo dimora di Dio, abitati da Dio, immersi in Dio. L’hanno ben capita, invece, i mistici. Porto l’esempio di un mistico francese del ‘600 che mi appassiona da diversi anni: Lorenzo della Risurrezione (Laurent de la Résurrection), fratello laico in un monastero carmelitano a Parigi. La spiritualità da lui vissuta e insegnata era molto semplice: coltivare il senso della presenza di Dio, attraverso “l’esercizio continuo di questa divina presenza”, ad ogni istante ed in ogni circostanza, facendo il cuoco, prima, e poi il calzolaio in un grande convento:

«Nel trambusto della mia cucina, dove a volte più persone mi parlano assieme di cose diverse, possiedo Dio, così tranquillamente come se fossi in ginocchio davanti al SS. Sacramento. Non è necessario avere grandi cose da fare. Io rigiro la mia frittata nella padella per amore di Dio e quando l’ho fatta, se non mi rimane nient’altro, mi chino per terra e adoro il mio Dio che mi ha concesso la grazia di farla, dopo di che mi rialzo più felice di un re”.
Malgrado fosse zoppicante, dovuto ad una ferita in guerra, e maldestro (“grossolano per natura e delicato per grazia”, secondo il filosofo e teologo Fénelon, suo ammiratore), Fra Lorenzo, senza dare mai segni di impazienza o di fretta, era puntuale e preciso nei suoi compiti. Ma
Se a volte sono un po’ troppo assente da questa presenza divina, Dio si fa subito sentire nella mia anima… con movimenti interiori così affascinanti e così deliziosi che mi vergogno a parlarne”.

Giro anch’io la frittata della mia riflessione domenicale, sperando che sia appetibile o per lo meno indigesta, ma in ogni caso fatta per amore!

P. Manuel João, comboniano
Castel d’Azzano (Verona), 12 maggio 2023

P. Manuel João Pereira Correia mccj
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