Per rigenerare la vita

Quando ho cominciato a riflettere sul tema – Rigenerare la Vita -, mi sono subito chiesto: Rigenerare la vita in chi? Senza nessuna esitazione ho risposto: In me e negli altri; ora parliamo di rigenerare la vita in noi stessi e negli altri.

Perché? Perché studi di psicologia, studi di medicina ed esperienze di vita dimostrano che nessuna persona è in perfetta salute. In diversa misura siamo tutti malati se non fisicamente, senz’altro nel nostro intimo. Vorrei insistere su questo secondo aspetto perché, consapevoli o no, siamo tutti sofferenti e feriti dentro!

Ogni persona ha delle ferite. Ferite che vanno in dietro nella fanciullezza o ferite inflitte durante il cammino di vita; ferite causate da peccati commessi, o da qualche fallimento; ferite causate da qualche umiliazione, o da difficoltà non superate, ecc.

Allora, per una vera rigenerazione della vita, chiediamo al Signore la grazia di conoscere le nostre ferite e di lasciarci guarire da lui. Chiediamo pure la grazia di poter essere strumenti di guarigione per gli altri.

 

Guarire le ferite della vita. Come?

In breve, la risposta è questa: attraverso l’amore.

 

Tra le grandi grazie che ho avuto durante la mia vita missionaria, c’è questa: ho trascorso tre mesi e mezzo nelle prigioni nazionali delle Filippine a servizio dei carcerati. E’ qui che formulato questo principio: ‘O è l’amore a trasformare una persona o nessun’altra cosa può trasformarla; nemmeno la pena di morte’. E’ per questo che Dio agisce sempre e soltanto per amore e con amore.

Addentriamoci nella nostra considerazione ascoltando un passo preso dalla prima lettera di San Paolo ai Corinzi:

“Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova. (1 Cor 13, 1-3)

 

E nel contesto specifico del nostro tema direi senza nessun dubbio: E’ l’amore che guarisce le ferite e rigenera la vita più che le tecniche a nostra disposizione, più che le medicine che possiamo dare o prendere, più che ciò che diciamo e facciamo. Anzi è l’amore che potenzia tutto per la vita.

 

Per sviluppare il tema, presento tre quadretti che mi sembrano molto significativi.

 

– Il primo presenta una piccola storia: Un giorno una mamma chiese alla sua bambina di andare a un vicino supermercato per comprare quattro cosette. Le raccomandò di tornare a casa al più presto. La bambina andò e tornò a casa con molto ritardo. Sgridata dalla mamma, disse con voce sommessa: ‘Vedi mamma, stavo tornando a casa in tutta fretta, quando ho visto vicino all’uscio di casa sua la mia amichetta Mary. Aveva una bambola tra le mani e piangeva perché le si era rotta. Stava cercando di aggiustarla e sono rimasta con lei per darle una mano’. La mamma chiese: ‘Siete riuscite a riparare la bambola?’ La bambina rispose: ‘No, mamma, ma sono rimasta lì e ho aiutato Mary a piangere!’

Un’espressione d’amore meravogliosa!”

 

– Il secondo quadretto presenta un piccolo episodio; “Nel 1976 mi trovavo a Sololo, una missione nel Nord del Kenya. C’era stata l’inaugurazione dell’ospedale appena rinnovato e ingrandito con un nuovo reparto. Dopo pranzo ci fu una partita a calcio, dottori e missionari comboniani della zona con un gruppo di giovani ‘Borana’. Dopo la partita, mentre eravamo seduti sotto un grande albero di mango, un dottore italiano chiese agli anziani che erano con noi: ‘Notate qualche differenza tra il passato quando qui non c’era l’ospedale e adesso quando l’ospedale c’e e ci sono dei dottori?’ Dopo una pausa di silenzio, uno degli anziani rispose: ‘Sì – disse -, una differenza c’è: In passato gli ammalati morivano in fretta; ora voi dottori li aiutate a morire pian piano!’ Messaggio di sapienza: la medicine non bastano. E’ l’amore che è più forte della malattia e della morte!

 

Il terzo quadretto presenta un altro episodio: “Nel 1978, stavo parlando con un sacerdote ugandese. Si parlava di ammalati e a un certo punto mi disse:’ Sai che i nostri ammalati curati negli ospedali di stile europeo, dopo essere stati guariti, vanno dai dottori tradizionali nei villaggi perché non pienamente soddisfatti?’ Gli chiesi il perché di questo e mi disse: ‘ Per noi africani le medicine che eventualmente ci guariscono fisicamente non sono sufficienti. Abbiamo bisogno di tanto amore espresso attraverso l’essere ascoltati e l’ascoltare a lungo, per scacciare sentimenti negativi legati alla nostra tradizione; per essa crediamo che, dietro ogni malattia, c’è uno spirito cattivo o c’è l’impulso malefico di qualche persona nemica. L’amore scaccia il timore’. E’ così anche per noi: la semplice medicina non basta per guarirci veramente.

 

Le diverse esperienze di vita, lo studio e l’ascolto mi hanno insegnato molto e così nella mia vita di missionario, posso distinguere quattro diverse fasi di crescita.

 

La prima è stata caratterizzata da un intenso desiderio di apportare un grande contributo alla vita, facendo tante cose buone per gli altri. E’ come se vedessi un grande cartellone su cui qualcuno andava elencando i miei punti per poi decretare il mio valore. Desideravo anche vedere il successo delle mie azioni proprio per ricreare la vita in me e negli altri; così creavo in me delle aspettative spesso non soddisfatte. Mi sentivo a disagio…L’accento durante questa fase era sul fare.

Attraverso la preghiera e la riflessione, trovai il modo di dare un significato più creativo alle mie parole e alle mie azioni e quindi alle mie relazioni

 

Ecco allora la seconda fase contrassegnata dal desiderio di entrare in intimità rigenerante con gli altri, senza escludere nessuno. Cominciai a pensare non prima di tutto alla cura, alla soluzione dei problemi, ma alla necessità della sollecitudine, della partecipazione al dolore altrui, assumendo le situazioni diverse delle persone che incontravo sul cammino di vita. Importante diventò il fare mio il dolore degli altri prima di fare qualcosa per lenire quel dolore; l’essere presente agli altri mi pareva di estrema importanza. Un ideale questo mai pienamente realizzato, ma sempre presente nei miei desideri!

Ascoltiamo due testi da me scritti in Uganda:

Camminavo su una strada

in questo mondo ferito.

Vidi gente nel dolore

per l’egoismo di tanti!

Fui tentato di rabbia,

fui inondato da lacrime.

Mi guardai intorno

e detti una mano.

Mi mossi per aiutare

e donai un sorriso.

Guardai verso il cielo

e vidi il Signore:

mi dette il suo Spirito,

mi dette una luce.

Quel sentiero di morte

diventò sentiero di vita.

 

Ascoltiamo ancora:

 

Ieri pomeriggio ero con la comunità nel mezzo dell’adorazione domenicale, quando abbiamo sentito colpi di tosse che venivano dalla veranda. Finita la preghiera, siamo andati a vedere: per terra, sul pavimento di cemento, uno sconosciuto. Era venuto per morire da noi; proprio così. Non reagiva più a nessuno stimolo; si percepivano solo lamenti che venivano dal suo intimo. Dalla carta medica che aveva in tasca, abbiamo capito che stava andando all’ospedale di Lacor per un controllo; sentendosi venire meno, si è fermato da noi. Una donna che era con noi ha fatto la parte dell’angelo: dopo averlo pulito, gli mise su i vestiti che le diedi per lui… Con

Umberto e tutti della comunità ho pregato per lui; l’abbiamo portato in un posto tranquillo. E’ morto durante la notte. Così abbiamo seppellito un fratello nella comune umanità e nel Cristo Redentore. Il suo nome: Victor Olar.

 

La terza fase mi ha portato a cercare di creare una comunità caratterizzata dal compito di prendersi cura gli uni degli altri, facendosi prossimo anche quando non si sa che cosa dire e che cosa fare. Sempre però in sintonia con gli altri!

Mi è stata di ispirazione una testimonianza di una donna meravigliosa nella sua sensibilità. Nel giro di tre giorni aveva perso suo papà anziano e suo marito che sembrava essere in ottima salute. Quando dopo i funerali andai a farle visita mi disse: ‘Sono venute a trovarmi tante persone cariche di parole che mi davano fastidio perché mi sembrava dicessero parole di convenienza e basta. La persona che mi ha aiutato di più nel mio dolore è stata una donna semplice che per anni mi ha aiutato nelle faccende di casa. E’ venuta e mi ha detto: ‘Non so cosa dire e non so cosa fare. Sono qui in comunione con lei. Mi faccia sapere se posso fare qualcosa’.

 

La quarta fase è quella che mi ha portato al senso dell’attesa paziente e – perché no? – gioiosa. Nel mio DNA c’è una buona carica di ottimismo e mentre nel mondo c’è tanta sofferenza, tanta ingiustizia, tanto male, credo in questa meravigliosa profezia di Dio:

“Ecco la dimora di Dio con gli uomini!

Egli dimorerà tra di loro

Ed essi saranno suo popolo

ed Egli sarà il ‘Dio-con-loro’.

Egli tergerà ogni lacrima dai loro occhi;

non ci sarà più la mort,

né lutto, né lamento, né affanno,

perché le cose di prima sono passate”. (Ap 21,3-4)

 

Credo anche nei sogni, nello spirito di questa bella espressione: ‘Beati quelli che sognano e mentre sognano si impegnano perché i loro sogni diventino realtà!’

 

Vorrei concludere con un passo evangelico riguardante i due discepoli di Emmaus: (Lc 24,13-35). Ascoltiamo il racconto.

Due discepoli stanchi, sfiduciati, tristi, senza speranza, che vengono guariti da Gesù, che fanno l’esperienza di cuori ardenti di gioia, pieni di speranza e di ardore missionario. Che riconosco Gesù nello spezzare il pane.

Nell’Eucarestia c’è una grande forza di guarigione. A riguardo di questa verità lancio una sfida: Celebriamo l’Eucarestia così spesso, ma non facciamo esperienza della sua forza guaritrice così come potremmo. Perché? Non ho una risposta bella e fatta. Dico questo: Forse il Signore ci chiama ad approfondire la nostra fede in questa realtà-dono che è fonte e apice di tutta la vita e di tutta l’attività della Chiesa

 

Che il Signore Gesù ci guarisca tutti rigenerando in noi la vita e rendendoci strumenti efficaci nelle sua mani per la rigenerazione della vita negli altri!.

 

Auguro ogni bene, P. Giovanni Taneburgo