Ho conosciuto Françoise, a Rungu quando era una brava e simpatica ragazzina di quindici anni. Veniva spesso in parrocchia per partecipare ai gruppi giovanili e alle celebrazioni. Era senza esigenze, semplice e con un sorriso perenne stampato a trentadue denti candidi. In quel periodo aveva seri problemi con un ginocchio e fu ricoverata per un intervento. Non ricordo bene se si trattasse di un’osteomielite o di tubercolosi ossea. So che il ginocchio era ben gonfio per versamenti che bisognava siringare spesso. Quando venne l’ora dell’intervento, Françoise che aveva una caratterino ben deciso, non era d’accordo. Diceva: “ Il corpo è mio, e sono io che decido cosa farne”. Immagino avesse paura di un intervento mutilante. Tutti si prodigarono a dargli consigli e garantire la necessità dell’intervento. Alla fine accettò e l’operazione ebbe buon esito, ma il ginocchio fu immobilizzato rimanendo rigido. Ora Françoise ha trent’anni, cammina zoppicando ma riesce anche a fare il lavoro dei campi. Sono trascorsi ben quindici anni e la incontro di nuovo durante una visita a Rungu. E’ sempre stata piuttosto tirchia di parole e riesco solo a percepire tutti i problemi che ha vissuto e che sta vivendo.

       Françoise raccontami qualcosa di te e della tua famiglia.

Non ero ancora venuta al mondo, né ero in programma, che mia mamma andò in Sud Sudan per rendere visita a suo fratello maggiore che lavorava e viveva là. Ed è per questo che sono nata in Sud Sudan nel 1994 e ci sono rimasta per sei anni, ma non conservo nessun ricordo di quel periodo. Mio padre, che non ho mai conosciuto, o meglio, non ricordo, si chiamava Mohamed e immagino sia stato musulmano. La mamma, che era cristiana, non si sposò con Mohamed, né mai si sposò con nessuno. Oggi si dice che era una ragazza madre. Noi siamo due figli, in effetti ho un fratello minore. Ricordo vagamente qualcosa del viaggio per venire alla scoperta del Congo. Con la mamma ci siamo arrivate approfittando dell’occasione di una macchina .

       Ritornando in Congo dove siete andate ad abitare?

Andammo ad abitare a Isiro presso la nonna materna. In città frequentai le elementari fino alla quarta. La mamma faceva la commerciante al dettaglio per guadagnare da vivere per lei e per noi e aiutare la nonna. Sono una mangbetu e mi sento congolese e cristiana come la mamma e i nonni materni. Dopo qualche anno, venimmo poi ad abitare presso il nonno a Rungu, sessantacinque chilometri da Isiro. Qui terminai le elementari e le superiori fino alla quinta. La mamma morì nel 1997 nel grosso villaggio di Nangazizi.

       Françoise dici che sei mangbetu, ma…i mangbetu fasciano la testa dei bambini molto stretta in modo che col tempo la testa si deforma e si allunga…tu hai una bella testa, non allungata… P. Paolo che hai ben conosciuto e che era un Padre schietto e senza peli sulla lingua, scherzava con il giovane capo Danga Dieudonné dicendogli: “Cosa volete insegnarci voi Mangbetu di oggi che avete la testa piallata…”. Il vecchio capo Danga, padre di Dieudonné, non avrebbe gradito una simile battuta desacralizzante della tradizione.

Sono una mangbetu di oggi. A nessun bambino viene fasciata la testa e allungata come in passato. Nessuno si sognerebbe di ritornare alla barbara usanza di allungare le teste ai bambini. Siamo una generazione nuova che ha rotto con il passato almeno per queste cose. Nessuno si crederebbe più bello o più intelligente con la testa allungata.

        Françoise mi sembra che segui la tradizione di famiglia e anche tu come la mamma sei una “ragazza madre”. Direi che segui una moda diffusa tra le ragazze dei nostri giorni, non è così?

E’ vero. Non sono sposata e non intendo sposarmi. Ho solo dato alla luce tre figli: il primo si chiama Aristotele, poi Gabriele e Raffaele. Per vivere me la cavo coltivando i campi e producendo riso, manioca e arachidi.

       Aristotele è un nome poco comune e impegnativo dove hai trovato questo nome?

Nel dizionario. Gabriele e Raffaele invece sono nomi degli arcangeli, manca solo Michele. Dando loro questi nomi li metto sotto la sicura protezione degli arcangeli. Non credo che ci sia un santo Aristotele, ci penseranno gli angeli a proteggere anche lui. Per ora sono ancora tutti e tre alle elementari ben impegnati. Sono contenta di loro.

       Ricordo che avevi una cuginetta che si chiamava Rebecca. Dove si trova ora?

Si, qui a Rungu vivo con i nonni che sono buoni e ci vogliono molto bene, con me viveva appunto anche Rebecca, la cuginetta a cui sono molto affezionata e che tu hai conosciuto. Con sua mamma sono partite per Tora in cerca di fortuna. Tora e dintorni sono zone mineraria aurifere fin dai tempi dei belgi e ci sono molti “zengener” (cercatori d’oro).

       Sono numerose le ragazze che scelgono la carriera per fare soldi in fretta. Non si tratta di carriera professionale qualificata in qualche società, qui le miniere d’oro sono dette carriere. Le ragazze vanno in cerca di guadagno facile e pensano di ritornare ricche. In quei posti trovano giovani che uscendo dalle miniere cercano compagnia e svago. Il risultato è che molte ragazze oltre a rimanere incinte, si prendono malattie gravi. Alcune muoiono, altre rientrano nelle loro famiglie con prole e grane. Come è andata per Rebecca e la sua mamma?

Come hai ben detto anche loro non hanno avuto fortuna, e come succede spesso in casi simili la mamma di Rebecca si è ammalata gravemente ed è morta. Lei rimasta sola. Sta ritornando da noi e sono contenta di riabbracciarla. Oltre a me, troverà i nonni che l’accoglieranno come hanno accolto me. Affrontiamo i problemi giorno per giorno, la grinta non manca e abbiamo fiducia nel aiuto del Signore che non ci abbandona mai,

Fr Duilio Plazzotta