Ricordare l’Antico Testamento è importante; per noi ora la Pentecoste è il quinto momento del Mistero Pasquale (Gli altri sono: Passione, Morte, Risurrezione e Ascensione). Nella Pentecoste noi riceviamo il dono dello Spirito Santo. Grazie a questo dono, noi possiamo adorare Dio nel Mistero della Santissima Trinità, il Mistero centrale della nostra fede, che Gesù ci ha rivelato. Il Cristo infatti, Figlio di Dio fatto uomo (Giovanni 1, 14), ci rivela che Dio è Padre e che Lui è della sua stessa sostanza (Giovanni 10, 30). Lo Spirito Santo poi è mandato dal Padre nel nome del Figlio (Giovanni 14, 26), adorato e glorificato con il Padre e con il Figlio.
Il mistero della Pentecoste è presentato dal Nuovo Testamento in una duplice forma. San Luca segue lo schema delle sette settimane, cioè 50 giorni dopo la Pasqua (Atti 2, 1-11). L’evangelista Giovanni invece descrive il dono dello Spirito Santo già dall’alto della Croce. Gesù infatti, dopo aver detto: “Tutto è compiuto”, chinò il capo e “consegnò lo Spirito” (Giovanni 19, 30). Gesù non è morto: ci consegna lo Spirito, cioè la sua tessa vita. E’ lo Spirito creatore, che rinnova tutte le cose (Apocalisse 21, 5).
Ai piedi della Croce c’erano la Madre di Gesù e il discepolo amato. Prima di spirare, Gesù disse: “Donna, ecco tuo figlio!” e a Giovanni disse: “Ecco tua madre!” (Giovanni 19, 26-27). Un uomo (il discepolo) e una donna (la Madre): una coppia fedele e obbediente che rimpiazza l’antica coppia (Adamo ed Eva) peccatrice e disobbediente. La coppia fedele ai piedi della Croce è all’origine dell’umanità nuova che lo Spirito Santo rende capace di testimoniare l’amore infinito di Dio per tutta l’umanità.
San Luca nel libro degli Atti, descrivendo la Pentecoste, si rifà alla manifestazione di Dio sul Sinai (Atti 2, 1-11): stesso scenario cosmico, perché tutta la natura partecipa alle nozze di Dio con il suo popolo. La legge è impressa su tavole di pietra consegnate a Mosè. Nel Nuovo Testamento invece, Gesù ci dona l’Alleanza dall’alto della Croce, non più fredda come pietra, ma scritta su cuori di carne, grazie all’effusione dello Spirito Santo. Dalla Croce, consegnando lo Spirito, Gesù pone fine anche alla divisione dell’umanità. Al tempo della torre di Babele (Genesi 11, 1-9), l’umanità aveva voluto costruire un segno della sua indipendenza da Dio, volendo raggiungere con un edificio costruito da mani d’uomo, la sede della divinità (= il cielo). La confusione delle lingue, che ne è seguita, indica la situazione attuale dell’umanità divisa dall’odio, dalle guerre, dagli egoismi, dalle violenze. Papa Francesco parla di 59 guerre attualmente in atto nel Mondo. Una situazione terribile.
Ma a Gerusalemme tutti capiscono il discorso degli Apostoli (tutti Galilei), anche se vengono da luoghi geografici diversi (Atti 2, 6-7). La Pentecoste allora è la festa di nozze di Dio (= alleanza) con tutti i popoli della Terra.
Ascoltiamo Papa Francesco: “Oggi nel Mondo c’è tanta discordia, tanta divisione. Siamo tutti collegati con i media eppure ci troviamo scollegati tra di noi, anestetizzati dall’indifferenza e oppressi dalla solitudine. Tante guerre, tanti conflitti: sembra incredibile il male che l’uomo può compiere! Ma ad alimentare le nostre ostilità c’è lo spirito della divisione, il diavolo, il cui nome significa proprio: ‘divisore’!… Ecco allora che il Signore… riversa sul Mondo creato il suo Spirito Buono, lo Spirito Santo, che si oppone allo spirito divisore, perché è armonia. Spirito di unità che porta la pace. Invochiamolo ogni giorno su questo Mondo, per vincere ogni tipo di divisione”.
San Daniele Comboni (1831-1881) seguiva in tutto e per tutto gli insegnamenti del Vangelo e lottava con tutte le sue forze perché le divisioni, le discordie, l’odio, la violenza, la sopraffazione, le guerre, la tratta degli schiavi scomparissero dal suo immenso Vicariato dell’Africa Centrale.
Nell’edizione del suo “Piano per la rigenerazione dell’Africa per mezzo dell’Africa” del 1871, così scriveva: “Gli apostoli, che marceranno a quella grande conquista (= rigenerazione della Nigrizia), non porteranno all’Europa le spoglie dei vinti; ma ai vinti recheranno il tesoro della fede cattolica;… Non soggiogheranno quei popoli a guisa di terreni conquistatori; ma ad imitazione del Divin Pastore, dalle spine onde erano avviluppate e dall’oppressione nella quale giacevano, prenderanno sopra le loro spalle quelle misere pecorelle, accompagnandole in trionfo verso i liberi e ubertosi pascoli della Chiesa”.
Tonino Falaguasta Nyabenda
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