Prima lettura (Gn 9,8-15)

Dio disse a Noè e ai suoi figli con lui: «Quanto a me, ecco io stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri discendenti dopo di voi, con ogni essere vivente che è con voi, uccelli, bestiame e animali selvatici, con tutti gli animali che sono usciti dall’arca, con tutti gli animali della terra. Io stabilisco la mia alleanza con voi: non sarà più distrutta alcuna carne dalle acque del diluvio, né il diluvio devasterà più la terra».

Dio disse:

«Questo è il segno dell’alleanza,

che io pongo tra me e voi

e ogni essere vivente che è con voi,

per tutte le generazioni future.

Pongo il mio arco sulle nubi,

perché sia il segno dell’alleanza

tra me e la terra.

Quando ammasserò le nubi sulla terra

e apparirà l’arco sulle nubi,

ricorderò la mia alleanza

che è tra me e voi

e ogni essere che vive in ogni carne,

e non ci saranno più le acque per il diluvio,

per distruggere ogni carne».

 

Dio è scosso dall’evento del diluvio al punto da annunciare che “non sarà più distrutta alcuna carne dalle acque del diluvio, né il diluvio devasterà più la terra”. Come garanzia che non si ripeterà più stabilisce, unilateralmente, l’alleanza con l’umanità: “Quanto a me, ecco io stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri discendenti dopo di voi”.

Un eventuale disastro, a livello mondiale, come fu per il diluvio, non è volontà di Dio ma di fenomeni geofisici o per colpa degli uomini. Ciò può accadere per le nostre attività, basta pensare alle atomiche, alle armi batteriologiche, allo sfruttamento sconsiderato della natura, al divario crescente tra benestanti e poveri, alla speculazione finanziaria senza scrupoli né sentimenti, alle ingiustizie, ai conflitti mondiali, ecc…

Per evitare la catastrofe è doveroso considerare il rispetto e il compimento delle esigenze dell’Alleanza. A tal riguardo Dio, dopo il diluvio, stabilisce nella natura un segno visibile, che suscita ammirazione e stupore per la sua bellezza: “Pongo il mio arco sulle nubi”, l’arcobaleno.

In alcune circostanze le nubi minacciose sono preludio di una disgrazia imminente, come un anticipo del diluvio. Ebbene, le nubi minacciose di cui sopra – guerra, fame e violenze sociali, progressiva distruzione delle riserve naturali – sono richiami affinché i potenti della terra meditino sulle conseguenze del loro agire e non permettano una tragedia immane.

Dio concede di vedere l’arcobaleno affinché l’uomo rivolga l’attenzione su di esso per neutralizzare il pericolo e il peggio. L’arcobaleno è la felice combinazione di elementi del cielo e della terra.

Tale è il contenuto dell’Alleanza stabilita da Dio che, oltre ad allontanare il pericolo dell’autodistruzione, offre lo stupore e la meraviglia della terra alla luce della rigenerazione. Lo scampato pericolo da un lato, e la rigenerazione dall’altro, sono paragonabili alla risurrezione, alla nuova vita, per creare e accrescere i rapporti con la natura, le persone e le società.

Anche nelle situazioni normali, lontani dal pericolo, l’Alleanza stimola la capacità e l’intelligenza creativa nel far sì che il creato, e la convivenza fra i popoli, assumano ciò che rallegra per la rinnovata armonia, sicurezza e pace.

Purtroppo il proposito è messo costantemente a dura prova. Le nubi dell’ambizione umana, della volontà di dominio, di potere, di denaro e dell’avarizia addensano grosse e tenebrose realtà all’orizzonte.

L’uomo trascura e ignora colpevolmente l’Alleanza, ma Dio no. Dice il Signore: “ricorderò la mia alleanza che è tra me e voi e ogni essere che vive in ogni carne”. Dio non dimentica, perché ricordare è sinonimo di agire in sintonia con le esigenze dall’Alleanza. Ricordare è espressione della sua fedeltà alla promessa. In Dio non c’è passato e futuro, ma solo presente – oggi, ora -.

Ricordare, per Dio, è attualizzare l’Alleanza che determina la partecipazione dell’uomo al suo progetto. Dio e l’uomo costituiscono l’unico orizzonte di senso, l’unico futuro, l’unico progetto di vita e l’unica meta. Egli stabilisce il patto matrimoniale: Lui in noi e noi in Lui; l’amante e l’amato uniti nell’amore.

L’Antico Testamento è caratterizzato dalla fedeltà di Dio all’Alleanza, per la Sua iniziativa ostinata nel rinnovarla costantemente e aggiungendo, ogni volta, elementi di maggiore qualità e impegno, in contrapposizione all’infedeltà del popolo, ambiguo e pronto a deviare.

L’Antico Testamento testimonia le infedeltà e il ritorno del popolo all’Alleanza. E allora Dio instaura la nuova ed eterna Alleanza nella persona del Figlio con l’evento pasquale, argomento della seconda lettura.

 

Seconda lettura (1Pt 3,18-22)

Carissimi, Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito. E nello spirito andò a portare l’annuncio anche alle anime prigioniere, che un tempo avevano rifiutato di credere, quando Dio, nella sua magnanimità, pazientava nei giorni di Noè, mentre si fabbricava l’arca, nella quale poche persone, otto in tutto, furono salvate per mezzo dell’acqua.

Quest’acqua, come immagine del battesimo, ora salva anche voi; non porta via la sporcizia del corpo, ma è invocazione di salvezza rivolta a Dio da parte di una buona coscienza, in virtù della risurrezione di Gesù Cristo. Egli è alla destra di Dio, dopo essere salito al cielo e aver ottenuto la sovranità sugli angeli, i Principati e le Potenze.

 

Dio stabilisce la nuova ed eterna Alleanza con l’evento pasquale del Figlio. Rivolgendosi alla comunità, Pietro afferma: “Cristo è morto una volta per sempre”, per raggiungere il fine della missione. Egli è morto “per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio”, ossia per liberarli dal peccato che schiavizza. Lui, il giusto, dà vita a uomini ingiusti per ricondurli a Dio.

L’esperienza di Gesù è unica: è “messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito”. È la dialettica “carne-Spirito”. Gesù messo a morte “nel corpo” – realtà umana, povera e limitata, che lo accomuna a tutta l’umanità per cui sperimenta la tentazione della “carne”, che propone criteri opposti a quelli dell’avvento del regno di Dio – vedi le tentazioni nel deserto alle quali Gesù resiste fino alla croce.

Ma reso vivo nello Spirito”, per la potenza dell’amore trinitario che motiva e sorregge la causa del Regno, la sovranità di Dio, nella persona, nell’umanità e sul creato, che ora Egli possiede pienamente. Lo Spirito di Dio attua in Lui la vita nuova, la resurrezione e, con essa Cristo unto dallo Spirito in sintonia con il Padre. È anche l’esperienza del credente che accoglie e sintonizza pienamente con la nuova ed eterna Alleanza.

Gesù reso vivo nello spirito”. Lo spirito, entità astratta e invisibile, non si identifica con l’anima e il corpo. Il corpo e l’anima soffrono la morte ma Gesù è “vivo nello spirito” che riscatta anima e corpo.

Non ci sono parole sufficienti e adeguate ad esprimere la profondità dell’evento, che abbraccia non solo il credente ma l’umanità di tutti i tempi. Il testo testimonia la forza e il potere retroattivo dell’evento: “E nello spirito andò a portare l’annuncio anche alle anime prigioniere, che un tempo avevano rifiutato di credere”.

Il Credo recita che Gesù, dopo la morte, “discese agli inferi”, nell’affermare che con la morte partecipa, come tutti gli uomini, a tale realtà. Il termine “discese” si riferisce al fatto che Gesù entrò nella regione dei morti, dove costoro conducono una vita nella polvere e nell’oscurità, come se fossero “ombre”, una vita diminuita rispetto a quella terrena. Entrando nella morte porta l’annuncio della salvezza a coloro che “avevano rifiutato di credere”, inclusi Adamo ed Eva.

Nel disegno di Dio l’evento pasquale è l’asse, il punto di partenza e di arrivo della persona, della storia e del creato. È la realtà che, come una spirale, si espande e allo stesso tempo entra nella profondità senza fine.

La nuova ed eterna Alleanza inserisce in tale dinamica, e l’attualizzazione di essa è lo specifico della fede escatologica di Gesù, assunta dal credente e attualizzata nei sacramenti, specialmente nell’Eucarestia.

Di fatto i sacramenti non sono un semplice ricordo di un evento passato, ma attualizzazione di quegli effetti ora, oggi. È l’amore attivo si fa presente in ogni circostanza. Per l’efficacia dell’evento si passa dalla morte alla vita, per la mediazione di Gesù Cristo, rappresentante di tutti davanti al Padre.

L’Alleanza è eterna e Dio non verrà mai meno, anzi la rinnoverà continuamente. Pertanto costituisce il salto qualitativo del rapporto di Dio con la persona e l’umanità. L’eternità si fa presente nel tempo e immerge la persona nel più profondo e coinvolgente mistero di Dio.

L’alleanza è l’ambito della salvezza, e l’arca di Noè ne è il simbolo. Chi entra in essa cammina nelle tempeste della vita con fiducia e determinazione, trovando riferimenti necessari e potendo intravedere il farsi della nuova creazione.

Quest’acqua, come immagine del battesimo, ora salva anche voi”. Essa stabilisce l’Alleanza, l’entrata nell’arca; perciò, il battesimo, specifica la lettera di Pietro, “è invocazione di salvezza rivolta a Dio da parte di una buona coscienza, in virtù della risurrezione di Cristo”.

La presa di coscienza è dono dello Spirito – il maestro interiore – che attualizza gli effetti della Pasqua, immerge nella realtà del Regno e sostiene la speranza di partecipare alla gloria definitiva, con il “ritorno” – si fa per dire, perché già presente – del Risorto.

Egli è alla destra di Dio”. L’adeguata coscienza dei battezzati mette in luce l’essere di costoro e dell’umanità redenta. Il “gioco”, in Dio, è già fatto. La vita in questo mondo, secondo Dio, è declinare nelle vicende concrete questa realtà e far sì che, la buona notizia sia anche buona realtà della vita quotidiana, orientata da uno stile di vita e scelte conseguenti.

È ciò che Gesù fa e mostra nel vangelo.

 

Vangelo (Mc 1,12-15)

In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

Gesù, dopo il battesimo nel Giordano, assume la condizione del peccatore – pur non essendo tale – e prende coscienza del ruolo di “Servo”, annunziato dal profeta Isaia, per svolgere la missione designata dal Padre e dallo Spirito.

E “lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano”. Ciò può essere considerato un quadro dell’ambiente e dei personaggi che Gesù incontrerà nello svolgere la missione.

Lo Spirito “sospinge Gesù nel deserto”. Gli specialisti traducono la parola “sospingere” con il termine “scacciare”, ossia lo stesso termine che indica la “cacciata” di Adamo ed Eva dal paradiso terrestre.

Il che è come se lo Spirito spinga Gesù ad entrare nel mondo allontanato da Dio e divenuto come un deserto – il contrario dell’Eden – nel quale i nostri progenitori si trovavano prima del peccato.

Il deserto è il luogo della solitudine, e Gesù la sperimenterà in modo radicale. In esso vi rimarrà quaranta giorni, in altre parole per tutta la vita. Il deserto è anche il luogo dell’Alleanza, del dono della Legge, del processo di purificazione e dell’incontro con Dio, oltre che cammino verso la terra promessa. Tutto ciò accompagna la vicenda di Gesù.

Gesù “Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano”. Da un lato con gli uomini, come bestie selvatiche – lupi che divorano altri lupi – per la pratica della corruzione, dell’avidità del denaro (per la speculazione finanziaria di oggi), e dall’altro con il sostegno e la forza di Dio attraverso i suoi messaggeri, gli angeli.

L’attività inizia “Dopo che Giovanni fu arrestato”. Giovanni è fuori gioco, ha compiuto quel che doveva, senza comprendere a fondo il ruolo messianico di Gesù, come si rileva dal fatto che ha inviato due suoi discepoli per chiedere a Gesù se lui fosse veramente il Messia.

“Gesù andò nella Galilea” – considerata terra pagana dai giudei osservanti – e entra nell’ambito della missione, che inizia con l’affermazione: “Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo”.

Le tre indicazioni, il tempo, il Regno e la conversione, qualificano l’insieme della missione. È caratteristica della “buona notizia”, la cui accoglienza e pratica determina la “buona realtà”. Per tale dinamica è inviato.

Al riguardo Gesù esplicita: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; e rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore (…) Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato” (Lc 4, 18-19.21).

Il momento favorevole è la persona di Gesù, così come in ogni persona che in Lui confida e lo imita. È finito il tempo dell’attesa: al tempo cronologico – passato, presente e futuro – mancava la “pienezza”, l’aspetto qualitativo di ogni momento, di ogni istante.

La buona notizia è fare, del tempo cronologico, il tempo favorevole. Gesù, come maestro e guida, indicherà cosa compiere e come agire nel momento cronologico per accogliere il dono di Dio: l’ambito del divino, del dono dell’eternità dell’amore.

Per raggiungere l’obiettivo manifesta la sua fede escatologica, l’ultimo e definitivo della vita giornaliera, che il credente accoglierà come propria. Gesù manifesterà come procedere e agire nelle diverse circostanze, ben sapendo che sovvertirà, radicalmente, convinzioni religiose e morali consolidate dalla tradizione e sostenute dai maestri della Legge e dalle autorità del tempo. Paolo è un esempio quando afferma: “E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato sé stesso per me” (Gal 2,20).

Il “momento favorevole” esige l’accoglienza delle fede di Gesù alla quale si associa l’esortazione: “Convertitevi e credete nel vangelo”, che trasforma e rigenera conoscenze e convinzioni. È uscire dal cammino abituale ed entrare nell’altro cammino, che procede in direzione opposta.

Vale notare che le due eliche del DNA, collegate fra loro, possono significare il collegamento della buona notizia con la buona realtà, per la pratica dell’amore nel suscitare la dinamica dell’avvento del Regno, della sovranità dell’amore di Dio.

Al riguardo Gesù attiva l’insegnamento e il metodo dell’evangelizzazione nell’orizzonte della filosofia di vita, e l’azione in attenzione al contesto e alla circostanza in cui si trova. Il che stravolge quel che l’istituzione riteneva intoccabile. L’impatto è tanto sconvolgente che lo porterà alla croce.