Da quando gli «Ambrosoliens» (i bambini sordomuti della scuola “P. Giuseppe Ambrosoli) sono seguiti dal Coe con le sue brave volontarie Nadia, Georgine, Lisetta e Maria Antonietta, la scuola ha fatto passi da gigante, ed è diventata un “faro” non solo per la Diocesi di Isiro Niangara, ma anche per la Provincia del Haut Uele in RDC. Avevo dato vita alla scuola nel 2005 (potrei dire: avevo “partorito”… ma il termine non si confà a un Fratello Comboniano). La “primogenita” che mi ha dato l’ispirazione, era la piccola Georgine di sei anni, che non sapendo con chi giocare nelle lunghe mattinate, veniva in missione e ci passava il tempo a giocherellare e disegnare in attesa che le sue amichette uscissero dalla scuola. Si iniziò il primo anno di scuola con sei scolari di Rungu e dintorni, con Justine come insegnate. C’era un solo fabbricato con due aule e due sgabuzzini, di cui uno era l’ufficio della maestra-direttrice. Oggi gli allievi si avvicinano alla settantina, ma non fraintendiamo, non  parlo di età, ma di presenze all’ESMA…. Sono tutti bambini sordomuti che vengono da Rungu,  dai villaggi e dalla città di Isiro che si trova a sessantacinque chilometri dalla scuola. Ai nostri giorni, non c’è solo la vecchia casetta comperata al segretario della parrocchia, tatà Bepi (Bepi non è in diminutivo di Giuseppe, ma un nome Kimbetu che vuol dire “nero”), ad accogliere gli Ambrosoliens,  bensì una serie di edifici, direi una “Mini-cittadella dell’Amore Fraterno”, dove una cinquantina di bambini vivono anche dopo l’orario scolastico. Intesa, amore fraterno e solidarietà si notano chiaramente tra  i ragazzi, tra loro e le insegnanti e  nello stile dei rapporti tra i ragazzi e  i collaboratori.

Le “Ragazze” (come fin dai primi tempi furono chiamate le volontarie allora giovani…) responsabili del COE, esperte e competenti in materia di insegnamento e di pedagogia, da tempo hanno visto che è necessario seguire ancora i giovani sordomuti che hanno terminato l’iter scolastico, affinché non vada sciupato quello che hanno imparato, e che possano arricchire il loro bagaglio culturale con qualcosa di concreto per poi riuscire non solo mantenersi, ma anche a essere di esempio per gli allievi e per tutta la gente. Stimolati dal loro handicap, sono giovani che hanno sviluppato le loro capacità e la loro creatività. Le Volontarie del Coe hanno pensato di iniziare con due ateliers: il primo per le femminucce con corsi di “taglio e cucito” e il secondo per i maschietti con corsi di falegnameria, favorendo anche l’arte con “l’intaglio” e con lavori di pirografia, per rendere i prodotti più appetibili sul mercato. Le prime due strutture ben presto si sono rivelate troppo piccole e inadeguate. Grazie al impegno del Coe, le Volontarie hanno potuto far costruire due atelier che rispondono bene alle esigenze dei giovani. Ci vorrà un po’ di tempo e di soldi per attrezzare convenientemente le due belle e nuove strutture.

Avevo promesso a Nadia e Georgine di fare una puntata di qualche giorno a Rungu per insegnare qualcosa, soprattutto dal punto di vista dell’arte. Non è che io sia un grande artista, benché sia già la quinta volta che i miei disegni di pirografia dati in regalo come ricordo a missionari in partenza per le loro vacanze nella loro patria, vengono bloccati all’aeroporto, perché considerati pezzi del patrimonio artistico nazionale… In realtà non hanno niente a vedere con l’arte, ma con le tasse e soprattutto con i “racimolatori di tasse tascabili”.

Così, avendo un paio di giorni disponibili,  giovedì scorso, salito in sella del fedele cavallo a quattro tempi e due ruote, mi son messo in viaggio verso Rungu, tenendo conto di due principi fondamentali:  la velocità è inversamente proporzionale all’età e  le ossa costano care. Minacciava pioggia, ma S. Pietro ha avuto compassione del povero missionario, che già aveva da penare a causa della strada resa scivolosa dalla pioggia della notte, dal fango e dalle buche. Ho fatto tappa al 38° chilometro per salutare Tosepela e suo marito Jean Marie. Quando giunsi in Zaire nel 1980 Tosepela, figlia primogenita di tatà Abule, il nostro cuoco, e di mamà Simiane, nostra guardarobiera, era una simpatica bambina di tre anni, compagna di giochi di Laura, la figlia primogenita di Gabriella e Mario Coletto, i primi due volontari del Coe a Rungu. Il fedelissimo e simpatico tatà Abule è morto recentemente per complicazioni  dopo un intervento di ernia inquinale. Mamà Simiane, morsicata da un serpente mentre lavorava nel campo, l’aveva preceduto nell’altra vita da qualche anno. 

Con qualche goccia di benedizione,  sono arrivato a Rungu accolto calorosamente da Nadia e Georgine e una schiera di amici. Stavo  per scendere alla scuola ESMA (Ecole SourdMuets Ambrosoli) per iniziare il lavoro, quando con mia grande sorpresa sono arrivate Georgine, la mia sordomuta “primogenita” e la sua mamma. Da tempo si sono trasferite in un villaggio in foresta a qualche chilometro da Rungu e si fanno vedere raramente. Georgine ora è una bella ragazza ventenne di cui la mamma è orgogliosa. Mi hanno abbracciato calorosamente. Mi domando ancora se il loro arrivo sia stato favorito da telepatia o “telesimpatia”.

Non potevo andare all’ESMA senza prima passare da quel gioiello del Coe che è la scuola materna “San Fancesco”, di cui  Georgine del COE è la direttrice, coadiuvata da Nadia che si occupa in particolare della Esma.  Mi correggo, Georgine non è la direttrice, ma è la mamma di ben quattrocento e più bambini vivacissimi e incantevoli. Non ho fatto a tempo a varcare il cancello che sono stato preso d’assedio da tutta la tribù dei piccoli che in coro mi accoglievano con un serio ma allegro: “Bonjour demoiselle!!!” (che scoperta essere trasformato da Fratello Missionario a signorina…) e  mi porgevano quattrocento mani da stringere. E molti non si accontentavano di una sola stretta di mano, e ritornavano alla carica per la seconda e terza volta.

Alla ESMA l’accoglienza è stata altrettanto vivace con strette di mano e dei “buon giorno Fratello” gesticolo-calorosi. Poi, visto l’orario, i piccoli delle elementari sono andati nelle loro aule, seguendo le loro brave maestre come i pulcini che seguono la chioccia pigolando turbolenti. Il direttore della Scuola Prof. Merci guardava, ispezionava e controllava che tutto si svolgesse con ordine e disciplina. Gli allievi lo amano, perché è buono e li segue con affetto di padre, e amano anche le loro pazienti maestre, che tormentano continuamente.

Quando terminano le ore di scuola teorica, per gli allievi inizia la “scuola di vita”. C’è chi lava la biancheria, chi attinge acqua dal pozzo, chi porta la legna per aiutare le cuoche, chi va a piantare manioca nel campo e chi si diverte a pescare i piccoli pesci nello stagno, per dare un altro tocco diverso  al gusto del cibo. Per Nadia trovare e far preparare il cibo per i pasti quotidiani di settanta piccole bocche sempre affamate è un’impresa non da poco, in un villaggio dove non esistono nè supermercati, nè depositi di alimenti. Il vantaggio è che tutto il cibo dai prodotti dei campi alla carne e al pesce sono cose fresche di giornata e “bio” come si dice ai nostri giorni.

Ovviamente non manca il tempo per i giochi, per i dispetti e le piccole baruffe tra fratelli. Ci sono sempre le assistenti che vegliano su di loro, e che li controllano anche la notte. Capita che qualcuno sia preso dalla nostalgia di casa e scappi. Normalmente i parenti che ci tengono alla loro istruzione ed educazione, li prendono per le orecchie e li riportano. Pochi giorni fa una ragazzina è scappata ed è ritornata a Isiro dai suoi parenti… Sua sorella l’ha riportata, si è messa in ginocchio davanti a Georgine pregando di riprenderla, dicendo che solo all’Esma poteva avere una istruzione seria. Georgine, che è umile e delicata, sbalordita, scioccata e frastornata l’ha subito sollevata di peso abbracciandola. 

Al nuovo atelier di falegnameria ho trovato il mio ex-operaio Oga André, che era stato formato come falegname dal competente, esigente e capace fratel Roberto Moser (trentinotto doc). André, a mio avviso, è il miglior “dottore legnatra” in circolazione a Rungu. Sta cercando di organizzare l’atelier e di equipaggiarlo con il necessario per rispondere alle esigenze del bel gruppo degli allievi sordomuti. Nadia aveva avuto la buona idea di fare dei grandi pannelli in legno su cui disegnare con il pirografo a grandezza naturale, tutti gli attrezzi necessari in falegnameria con i relativi nomi per aiutare visivamente ogni allievo ad apprendere come è scritto il nome e identificare l’attrezzo in questione. Io tracciavo i disegni  e i loro nomi a matita e i pirografisti ci davano dentro con grinta per i contorni. Altri dipingevano poi gli attrezzi.

Abbiamo iniziato anche il secondo grande pannello per l’atelier di “taglio e cucito” disegnandoci su macchina da cucire, ferro da stiro, forbici, e via dicendo. Visto che non tutti potevano essere occupati nel lavoro dei due pannelli, a turno altri allievi si cimentavano con i primi rudimenti dell’intaglio ornamentale e artistico su legno. Altri  erano impegnati a fabbricare mazzuoli e manici di legno per gli attrezzi.

Nell’altro atelier, sotto la direzione delle due brave Aliango e Tantine, un gruppetto di ragazze dei “primi tempi” iniziavano a prendere confidenza con forbici, ago e filo per imbastire i primi lavoretti da cucire poi con le tre macchine a disposizione. Tra loro anche la “primogenita” Georgine. C’è anche Vicky  con il suo ultimo nato che ha  una settimana. L’accompagna Dido, suo coetaneo sordomuto, che è il padre del piccolo. Sarà una bella famiglia.  Tutti e due hanno grandi capacità e senso artistico, e  hanno il talento per essere bravi pirografisti, e ancor più bravi genitori.

Fin dagli inizi si è pensato anche alla formazione dei genitori e dei fratelli degli ospiti della scuola, perché potessero comunicare meglio con i figli e i fratelli. Oltre alle prime nozioni sul linguaggio dei gesti, viene curata la formazione per una miglior igiene ed educazione, per una alimentazione adeguata, e soprattutto per una miglior protezione e prevenzione  faccia ai possibili abusi da parte di malintenzionati.    

Nadia si trova ad affrontare un altro problema: la casetta dei primi tempi con le due aule e l’ufficio, anzi lo “sgabuzzino” del Direttore stanno crollando perché le fondazioni non sono solide. Il pericolo è serio tanto che nessuno può entrarci. Deve pensare a una nuova costruzione con due aule e un ufficio che sia adatto alle esigenze della scuola e avere un deposito conveniente per documenti e materiale scolastico.

I due giorni di lavoro intenso e impegnativo all’Esma, sono volati via troppo in fretta, ma per me sono stati di vero riposo e di ricarica interiore, arricchenti incontri con belle note di amicizia, simpatia e stima. Senz’altro Padre Giuseppe Ambrosoli a cui la scuola è dedicata, e che oltre ad essere stato un santo e grande medico missionario, che ha avuto simpatia e attenzione per i sordomuti, farà la sua parte affinché la scuola sia sempre un segno luminoso dell’Amore di Dio, Papà amoroso di questi piccoli meno fortunati, ma dalle grandi possibilità.

Fratel Duilio

“Esmatico”