Palermo

Informazioni sulla comunità

(Una relazione non è mai esaustiva. Molto della vita reale non può essere raccontata e percepita perché tocca da vicino, nella carne chi la vive e diventa intimità)

 

I Comboniani sono tornati a Palermo nel luglio del 2010, dopo averla lasciata nel ‘96. Ritornando a Palermo, si chiudeva Messina e si decideva di portare avanti un progetto di presenza missionaria in Sicilia in collaborazione con i laici comboniani e le suore comboniane. Il cardinale Paolo Romeo accolse il ritorno dei Missionari Comboniani ad una condizione, che si facessero carico di una parrocchia. Quella affidata alla responsabilità dei missionari fu “Santa Lucia, vergine e martire, al Borgo Vecchio”. In questi nove anni, c’è stata una rotazione programmata di missionari dando la possibilità a ciascuno di vivere la propria ministerialità senza perdere di vista la progettualità della nostra presenza in Sicilia. Al momento, maggio 2019, la comunità è formata da tre persone:

 

Fr. Claudio Parotti: Animazione Missionaria e giovanile, rete nuovi stili di vita, servizio Colazionando.

Benedetto Giupponi, servizio pastorale in parrocchia: attività di animazione con i ragazzi della parrocchia, assistenza religiosa alla comunità filippina, ministero pastorale in generale.

Antonio Guglielmi, parroco e coordinatore della comunità.

 

Territorio e parrocchia

Il territorio della parrocchia è formato: dal “Borgo Vecchio” molto peculiare per la sua organizzazione sociale. Un quartiere che vive relazioni intricate e ataviche, dove tutti in qualche modo si conoscono per parentela o sono accomunati da affari o altro. Il borgo, come anche altre zone della città, vive relazioni ghettizzate, chiuse, protette, perché si ha paura dell’estraneo, che non necessariamente è lo straniero. C’è un deficit culturale di cittadinanza, e una manovalanza criminale che è per la sopravvivenza. Le relazioni si impongono nella forma “mafiosa” fatta di prepotenza, di favore, di sottomissione al potere del più forte.

 

L’altra parte del territorio è fatta di condomini, i cui residenti hanno una situazione sociale, culturale ed economica più stabile e di benessere. La terza componente della parrocchia è la parte “liquida”, persone non appartenenti al territorio geografico. Sono quelli delle “ore venti” l’orario della celebrazione domenicale. Gente che viene per comodità d’orario, per identificarsi nella linea missionaria e pastorale dei comboniani, motivati per l’accoglienza e la fiducia per i sacerdoti o per altre ragioni personali, spesso legate alle proprie fragilità. Tra di loro, in questi anni, molti hanno rafforzato l’impegno ecclesiale a servizio dei più deboli e costituiscono una riserva umana per il bene della comunità ecclesiale.

Nel quartiere dimorano un buon gruppo di filippini. Essi sono quasi tutti cattolici, organizzati tra di loro, celebrano le loro ricorrenze e sono coinvolti con la comunità ecclesiale. Ci sono cittadini di altre provenienze e di altre religioni: Pakistan, Sri Lanka, Tunisia, Marocco e di altre parti dell’Africa. Ci sono infine anche dei rumeni.

 

È cambiato il concetto della territorialità della parrocchia, considerato come il principale criterio per concretizzare l’esperienza ecclesiale. Abitare in un determinato spazio fisico non significa stabilire vincoli con quella realtà geografica. L’essere umano attuale vive una certa mobilità e dinamismo nelle relazioni. Questo rende fluida l’appartenenza territoriale, con facile spostamento da un luogo all’altro, anche per gli stessi abitanti del quartiere. Si parla di comunità o movimenti di appartenenza, rompendo lo spazio fisico e costruendo i nuovi territori basati su diversi interessi, superando la nozione di spazio e di tempo.

La parrocchia come territorio fisso e stabile è in crisi per l’esperienza di comunità ambientali non delimitate per lo spazio geografico. Perciò la parrocchia sta diventando a-territoriale: è il “luogo”, ma anche il “non-luogo”, è la casa ma anche la via. Si è di fronte a un nuovo cristianesimo errante nel viaggio, nel cammino, un cristianesimo itinerante e orante, come d’altronde ai tempi di Gesù.

Tuttavia non si può ignorare o disprezzare il concetto di territorialità. Il territorio della parrocchia costituisce ancora per una buona fetta di cattolici un punto di riferimento e di incontro, di integrazione per tutti, indipendentemente dalla situazione economica, sociale e culturale, svolgendo così un ruolo di prossimità tra le persone che lo abitano. Si evita così che la parrocchia sia semplice luogo di incontro di persone che hanno affinità, ma comunità dove si promuovono percorsi, momenti di apertura per accogliere la pluralità delle forme nel seguire Gesù Cristo. Le sue porte rimangono aperte a tutti, praticanti e non, impegnati o semplici cercatori di uno sbrigo religioso.

 

Permane la sfida di lavorare in sinergia con i gruppi, e in relazione col territorio, evitando di cadere nell’autoreferenzialità; di essere una presenza fraterna, di creare relazioni circolari, di favorire opportunità di incontro tra le varie realtà. Oltre ai momenti celebrativi, viene data importanza alla formazione biblica e umana, all’impegno per la giustizia e la carità.

La realtà pastorale

La Realtà Pastorale, sfide e futuro della Parrocchia di Santa Lucia, in Palermo

 

La parrocchia porta avanti quelle attività necessarie per la sopravvivenza di una comunità ecclesiale: la preparazione ai sacramenti dell’iniziazione cristiana, l’attenzione per le famiglie povere, le attività socio-educative per i ragazzi, l’Eucaristia quotidiana e domenicale, l’animazione liturgica dell’assemblea, la formazione dei catechisti, la visita ad anziani ed ammalati, la celebrazione dei tempi forti e la festa di Santa Lucia.

Fondamentali sono i momenti di fraternità, alcune esperienze ludiche- ricreative.

 

Attività sorte con la presenza dei Missionari Comboniani:

 

  1. Nella linea della formazione

La scuola della Parola: Alcuni laici hanno manifestato il desiderio di conoscere meglio la Bibbia.  Da cinque anni viene proposto ogni anno un libro biblico per l’approfondimento ed il cammino di fede. Quest’anno è stato scelto gli Atti degli Apostoli.

I partecipanti alla scuola della Parola; condividono, la domenica nel salone parrocchiale, la colazione con i senza fissa dimora che sono accolti in un dormitorio adiacente alla chiesa di proprietà del comune e gestito dall’Associazione “La danza delle ombre”. La domenica mattina, a turno, un gruppo di laici prepara la colazione e si intrattengono con loro. La frequenza media è di 25 persone. In momenti significativi sono stati organizzati dei pranzi o cene di solidarietà. Questa iniziativa va oltre la colazione domenicale perché il gruppo cerca di venire incontro a quelli che sono i bisogni primari dei senza fissa dimora.

Si è fatto carico di pagare un affitto di casa mensile per un’anziana signora che era senza fissa dimora.

 

La formazione mensile con ritiri, incontri di programmazione ed approfondimento per i catechisti, l’equipe di coppie del percorso matrimoniale e la stessa comunità in generale.

Il percorso di preparazione al matrimonio è una proposta per riscoprire la bellezza della fede ed il significato vocazionale della scelta matrimoniale.  I partecipanti sottolineano il fatto che non è un corso dottrinale con un manuale da consegnare alla fine del percorso, ma un cammino esperienziale di vita e di fede dove ciascuno è invitato a mettersi in gioco, a confrontarsi con gli altri, ad essere soggetto del proprio cammino. Tale proposta formativa ha fatto scaturire in alcuni di loro una ripresa del cammino di fede ed il desiderio di essere seguiti dopo la celebrazione del matrimonio. Da questo bisogno sono nati due gruppi di giovani coppie sposate da poco che, con cadenza mensile, si incontrano con un’equipe formata da una psicoterapeuta ed un presbitero.

 

Nel mese di luglio, al mercoledì, proiezione di film su questioni sociali, diritti, integrazione, legalità. Non vuole essere una semplice attività estiva di intrattenimento ma piuttosto l’opportunità nel fornire spunti di riflessione e aprire nuovi orizzonti.

 

  1. Nella linea della missionarietà e della solidarietà

 

Da quattro anni esiste il gruppo Migrantes. Il primo anno è stato di informazione e formazione sulla complessità delle migrazioni: provenienza, cause, sfruttamento, leggi, accoglienza. Successivamente il gruppo è stato invitato a mettersi in gioco. Organizza delle attività di sensibilizzazione nelle celebrazioni comunitarie, promuove dei dibattiti come sul decreto sicurezza, il traffico degli esseri umani, l’adozione dei minori migranti, anima la celebrazione del Venerdì Santo, la giornata mondiale del rifugiato.

 

La comunità dei missionari accoglie:

  • migranti in casa in situazione di emergenza, disponendo di una stanza per ospiti.
  • detenuti che usufruiscono di un permesso di dieci ore fuori dal carcere.
  • persone che debbano scontare pene alternative per aver commesso reati minori.

 

Accompagnamento del gruppo “Figli nati in cielo”: genitori che hanno perso un figlio o una figlia per incidente, malattia oppure suicidio. Gli incontri sono mensili, al terzo sabato del mese.

 

  1. Pastorale di vita quotidiana attenta alle relazioni

 

Oggi la vita pastorale della parrocchia Santa Lucia è cresciuta, sia per un coinvolgimento maggiore dei laici e ciò favorisce una migliore distribuzione delle responsabilità e dei servizi, sia per le iniziative intraprese in questi anni, che hanno reso la comunità, proprio perché al porto, un porto di mare per tanta gente della città. Spesso, approdano persone da ogni luogo della città, come se fosse l’ultima possibilità della loro vita e cercano ascolto e riposo per le loro fatiche. Ciò rende la parrocchia un ospedale da campo per le emergenze, ma è difficile creare un’appartenenza durevole, stabile, un impegno permanente. Si vive nella logica della gratuità, del dono e ciò ci libera da ogni interesse nei riguardi dell’altro, fosse solo quello religioso; dell’accoglienza, dell’ascolto, dell’attenzione ai loro bisogni. Molto tempo infatti viene succhiato dall’accoglienza e dall’ascolto ma anche dal desiderio di essere accompagnati nel loro cammino di crescita personale, attraverso il counseling.

 

L’essere radicati nel territorio permette agli operatori di pastorale di godere del legame con la vita feriale e quotidiana delle persone, di frequentare i luoghi comuni e ciò favorisce una rete di relazioni, di incontri occasionali, extra parrocchiali, che aiutano ad accompagnare la vita delle persone nei suoi ritmi e nei suoi snodi: la nascita e la morte, l’amore e le divisioni, il lavoro e il riposo, la notte e il giorno, i piccoli e i vecchi, le relazioni familiari e le solitudini, la malattia e l’invecchiamento, il gioco e l’educazione.

La mancanza di questa rete relazionale con la vita reale toglierebbe la linfa vitale e renderebbe la parrocchia amorfa, luogo burocratico, dispensatrice di sacramenti, spazio accessibile solo per alcuni. Il legame con la vita feriale delle persone è l’occasione per far sentire che Dio è prossimo a ciascuno, fattosi carne nella carne degli uomini e delle donne di questo tempo.

 

Il lavoro in sinergia con tutte quelle forze che sono a servizio del territorio, particolarmente il “Borgo vecchio” permette di superare la tentazione del clericalismo e dell’autoreferenzialità. La comunità ecclesiale conta sulla disponibilità di professionisti nell’aria del diritto e del sostegno psicologico. Essi offrono un servizio puntuale e gratuito a persone bisognose.

Da un anno esiste il comitato “Borgo vecchio nel cuore”. Esso è attento a quelli che sono i bisogni degli abitanti del quartiere, fa da tramite con le istituzioni interessate nel recupero di ambienti abbandonati per renderli spazi di cittadinanza, nel promuovere la legalità. È formato da insegnanti della scuola, associazioni impegnate con ragazzi a rischio ed organizzano attività sportive, di integrazione e di sostegno scolastico, una consigliera comunale, rappresentanti della circoscrizione di quartiere e gruppi impegnati nella difesa delle donne vittime della violenza domestica.

La parrocchia ha messo a disposizione gli ambienti per incontri con le istituzioni, assemblee di quartiere, uno spazio per la onlus “nati per leggere” per favorire, attraverso la lettura, un rapporto genitori e figli dell’età 0-6 anni; un locale per alcune ore, da adibire a servizio di palestra per un gruppo di donne.

La presenza di queste iniziative ha richiesto alla parrocchia di ristrutturarsi in forma di «rete» e in «comunione di comunità». I cambiamenti sono stati resi possibili solo a partire dall’acquisizione di reali convincimenti circa la necessità di mutare rotta e di adottare conseguenti atteggiamenti interiori, che favoriscano uno stile che deve caratterizzare la presenza della Chiesa, e della parrocchia nella città di Palermo a servizio di tutti, specialmente di quanti sono messi da parte, resi invisibili agli occhi delle élite.

 

  1. Sfide e prospettive

 

Essere una presenza accogliente: comunità che comunica il vangelo nello spazio urbano in cui «chiunque» si può rifugiare, a suo piacimento. Accoglienza vuol dire attenzione alle persone, autentica apertura verso gli altri, interesse per quel che si è, in uno spirito di gratuità, con il desiderio di ricevere da queste persone qualche cosa dalla condivisione del loro itinerario di vita o della loro esperienza di fede. Questa disposizione ad accogliere è sempre più necessaria, se consideriamo l’individualismo moderno incentrato sull’emergenza del soggetto e sulla terziarizzazione della vita.

Le persone meritano di essere accolte in ciò che esse vivono, in ciò che esse divengono, in ciò che esse sono. È il primo indice di rispetto che possono ricevere dalla comunità. Mi è cara una espressione di Fratel Michael David Semeraro, monaco benedettino, nel suo commento alla Beatitudine “Beati i miti”, quando parla di disarmo dogmatico: “il disarmo dogmatico significa, semplicemente, presentarsi all’altro in modo da non fargli paura, in modo che l’altro non si difenda e sia possibile una relazione di fiducia, senza la quale si rende vano ogni comune cammino su questa terra privandoci di compagni di viaggio e avendo solo concorrenti”.

 

Essere una presenza solidale: una comunità inserita nel tessuto urbano; la parrocchia non può non essere partecipe dei suoi problemi e delle sue sfide. È compito della comunità «coltivare la città» affinché diventi abitabile per tutti e che ciascuno possa trovare il proprio posto, in particolare le persone che vivono nella precarietà.

 

Essere una presenza umile: una comunità che non ha alcuna fretta e che è consapevole che i frutti arriveranno solo se ci sono relazioni di amore. Un “esserci” che sfugge ai criteri d’efficacia tecnica e di rendimento economico che domina la vita urbana. È prossimità alla gente che vive nella solitudine della città, della gente ferita nel cuore e anche nel corpo. È stima lucida e fiduciosa nei riguardi dei nostri contemporanei, nei riguardi delle loro ricerche e dei loro interrogativi. È un farsi compagnia lungo le affollate strade della città nella consapevolezza che, nella condivisione del cammino, ciascuno comunica qualcosa del vangelo, in uno scambio reciproco di orizzonti condivisi.

 

Essere una presenza generatrice: una comunità capace di essere generativa nella comunicazione dell’esperienza di fede, di “avviare processi” nel senso di vedere il futuro nel presente, rendere nuovo ciò che sembra dato per scontato, sognare dove si vede un ammasso di cose, il caos. Guardando qualcuno nella prospettiva del tempo si vede, insieme a ciò che c’è e soprattutto che manca, quello che potrà divenire nella gradualità.

Abitare l’umano per ridire il vangelo come bella notizia attraverso la pedagogia dell’incarnazione. Essere capaci di generare relazioni nelle quali la gente possa sentirsi riconosciuta, benvoluta, insomma parte e non anonima di un tutto.

 

  1. Quale futuro

La comunità di Santa Lucia, nonostante in suo maestoso tempio, è una comunità fragile, entusiasta ma fatica nella perseveranza, una comunità povera di risorse umane, che stenta ad essere comunità sinodale e samaritana, eppure vuole essere accogliente e tenera nei confronti di tutti. La nostra forza sta nell’accoglienza, nella condivisione e nei gesti di tenerezza.

Anche se dispone di organismi di partecipazione come assemblea parrocchiale, consiglio pastorale, consiglio economico parrocchiale bisogna rendere questi strumenti più efficaci e non semplicemente esecutori di decisioni. Si fatica a vivere rapporti circolari, orizzontali. La decisione finale spetta al parroco, si dice.

 

Il nostro è quartiere multiculturale. La nostra comunità ecclesiale è multiculturale anche se è situata in un territorio che presenta a macchia di leopardo delle aree “ghetto”. Nella sua piccolezza la comunità cerca di portare avanti un’opzione pastorale multiculturale. La scelta interculturale è concepita come una proposta di convivialità e di interazione tra le culture presenti, facendo scaturire dalla semplice coabitazione delle tante culture il desiderio di costruire nuove modalità di convivenza che siano creative. E non dimentichiamo che ad incontrarsi non sono le culture ma le persone concrete.

 

Oggi, il paradigma con cui si pensa la parrocchia di Santa Lucia, più che profetica è sapienziale. Ci saranno parrocchie profetiche che anticipano intuizioni e possibili evoluzioni di questa istituzione; ma il contesto territoriale, la storia della parrocchia, le radici del Borgo Vecchio non consentano possibili cambiamenti rivoluzionari; piuttosto si tratta di favorire percorsi personali che diano spazio a trasformazioni silenziose per poter agire ed intervenire nella società.

Con l’intraprendenza e genialità di operatori pastorali si potrebbe innescare un progetto pastorale più audace, più profetico, ma su chi contare? Come far emergere da un Vangelo, intrappolato ed occultato da un insieme di pratiche religiose, costumi, atti, devozioni, linguaggi arcaici, con un habitat umano e sociale precario e viziato nelle relazioni che si tramandano attraverso le generazioni una scelta di fede personale? Cosa proporre per essere una comunità ecclesiale sinodale, più evangelica, con una fede meno sociologica e di sopravvivenza?

Chiaramente gli interrogativi lanciano sfide, aprono spiragli in un sistema collaudato dal “si è sempre fatto così”, destabilizzano equilibri per ricrearne altri e spingono ad andare “oltre” per incontrare risposte alle sfide del territorio, del contesto urbano ed ecclesiale. Ma la sfida non è la mancanza di orizzonti, l’assenza di un cammino; la sfida è la quotidianità sempre imprevedibile, a volte ingestibile, che richiede “saggezza”, serenità interiore, self control, affinché la gioia del Vangelo dissolva larve e sfilacci ragnatele.

 

L’augurio è che si possa fare dell’accoglienza e della tenerezza uno stile di vita; che nelle relazioni viva la mistica del dono e della gratuità; e l’interculturalità sia il segno profetico che un altro modo di incontrarsi e vivere tra popoli diversi è possibile, perché consapevoli che siamo parte di un tutto che è la Terra-Patria di noi tutti.

 

Persone

P. Guglielmi Antonio, sup.
P. Giupponi Benedetto
Fr. Parotti Claudio Pietro
P. Raimondo Ottavio* (a Modica)

 

Ricorrenze