Oggi, per la proclamazione del passo evangelico e per la nostra riflessione su di esso, ci soffermiamo sulla forma breve, come indicata nel Lezionario: (Giovanni 21, 1-14)

In questo passo, c’è un versetto ricco di tenerezza divina. I discepoli erano stanchi e sfiduciati perché avevano lavorato una notte intera per una pesca senza frutto alcuno. Ma poi ecco la tenerezza di Gesù espressa in un gesto tanto concreto. Giovanni ci dice: “Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane (…). Gesù disse loro: “Venite e mangiate”. Che gesto stupendo, e quanto amore misericordioso è manifestato in esso! E come è grande il Signore quando nel nostro cammino di vita, ci dona esperienze simili a quella appena descritta. Permettetemi che, come ho fatto altre volte, vi porti idealmente in Uganda, nella zona in cui mi trovavo, zona controllata da guerriglieri scalmanati. Spesso pregavo, chiedendo al Signore la grazia della fedeltà sino alla fine, a Lui e alla Missione da Lui affidatami. Un giorno, dopo un periodo di preghiera, scrissi questa breve composizione intitolata IN CAMMINO:

“Ho lasciato la spiaggia e mi trovo in alto mare. / Ho una visione chiara e sicura; me l’ha data il Signore. / Sull’altra riva verso cui mi muovo, c’è un fuoco e c’è Lui. / Ha del pesce pronto e ha del pane. / Il Signore mi attira e ha sulle labbra un invito: ‘Vieni, nutriti e sii felice. / Con me per sempre’”.

Diversi anni sono passati da quando scrissi questa piccola composizione, e la mia missione non è giunta ancora al suo compimento. Il Signore mi dice di continuare a camminare nella convinzione che Lui cammina con me; camminiamo insieme verso quella meta di luce dove tutti siamo chiamati dal Padre ad essere per sempre, nella pace e nella pienezza di vita.

Nel giorno del funerale di Papa Francesco, celebrando l’Eucarestia sul sagrato di San Pietro, Il cardinale Giovanni Battista Re, disse nella sua omelia: “Siamo sorretti dalla fede che ci assicura che l’esistenza umana non termina nella tomba, ma nella casa del Padre in una vita di felicità che non conosce tramonto (…), nell’orizzonte luminoso e glorioso del suo immenso amore.

Consideriamo questo consolante messaggio del cardinale Giovanni Battista Re nel contesto della Parola del Signore. Egli ci invita a vivere la nostra vita, non limitando il nostro sguardo entro i limiti della nostra esistenza terrena. Per renderci capaci di rispondere positivamente a questo suo invito, Egli ci dà la grazia di celebrare la vita, mettendo la nostra fiducia in Lui che ci sostiene, ci salva e ci porta verso il Regno di luce e di vita che sarà per sempre. Ecco allora la sapienza dell’obbedienza a Lui, anche quando incontriamo difficoltà, e siamo “giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù” (prima lettura presa dagli Atti). Ed ecco l’entusiasmo missionario che ci permette di contagiare tutti, perché tutti vivano impegnati nella famiglia, nella società civile, nella Chiesa, con i piedi per terra e con lo sguardo del cuore rivolto, al di là della morte, verso la realtà del Regno eterno.

In che contesto fare tutto questo? Siamo chiamati a vivere e a operare nel contesto non di un amore generico, ma di quell’amore che, come quello di Gesù, si nutre di sacrificio che diventa gioia nel servizio del prossimo, cioè di tutti. A ciascuno e a ciascuna di noi Gesù rivolge una domanda simile a quella che rivolse a Pietro: “Mi ami tu?” Se la risposta è positiva, allora prendiamoci cura degli altri, andando al di là dei nostri gusti, dei nostri interessi e dei nostri piani, e chiedendo sempre allo Spirito Santo: ‘Che cosa vuoi che noi facciamo? E in che direzione vuoi che noi andiamo?’.

Così diciamo: “A Gesù la lode, l’onore, la gloria e la potenza, nei secoli dei secoli (cfr. la seconda lettura presa dal libro dell’Apocalisse), e a noi una vita degna del nostro essere seguaci di Cristo, con l’impegno della testimonianza alla sua persona e al Vangelo.

 

Giovanni Taneburgo

Missionario Comboniano