Tutti noi Comboniani che negli ultimi decenni siamo passati da Isiro, conosciamo mamà Marie Pierre Tabu, che per diversi anni è stata nostra brava domestica e cuoca. E’ una persona estroversa, serena e sempre sorridente. Un pochino “ciacolona”, a cui piacciano le relazioni sociali, accoglienza delle persone e le vivaci discussioni. Scherzando l’avevo soprannominata “Radio Tabu International” e spesso quando la sua voce era troppo squillante, da lontano gli facevo segno di girare la manopola del volume. Eppure Mamà Marie Pierre, è una persona che ha sofferto molto nella sua vita. Attiva da buona cristiana, non “si tira indietro” per le feste in parrocchia, dedicandosi al servizio della mensa o della cucina, e proponendosi come brava lettrice nelle celebrazioni per la Parola di Dio. Facendomi raccontare la sua vita, senza alcun dubbio, posso dire che è una buona discepola di Giobbe per i nostri tempi, e ripete con lui: “Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, benedetto il nome del Signore”.

Mamà Marie Pierre, so che conosci bene oltre al Lingala anche lo Swahili e che non sei d’Isiro, raccontami un po’ da dove vieni?

Mi chiamo Marie Pierre Tabu, mi considero di Gombari, un grosso villaggio sul fiume Bomokandi, a circa duecentotrenta chilometri da Isiro, ma… sono nata  nel 1963 in Burundi a Bujumbura. Mio papà Musa era di Gombari e prima dell’Indipendenza del Congo, lavorava come cuoco per padri domenicani della missione. Immagino che qualche anno prima della indipendenza, quando i missionari si spostarono in Burundi mio papà li seguì. Non posso conoscere l’anno esatto, perché non ero in programma per la nascita. Nella nuova realtà papà Musa abbandonò il lavoro di cuoco e divenne autista. Incontrò Bernadette Musaka, si innamorò e la sposò. Ebbero dieci figli di cui quattro ci hanno preceduto in Cielo. Tra i fratelli io sono la seconda.

Quando e perché siete rientrati in Congo che nel frattempo era diventato “Zaire” ?

Nel 1973 il governo del Burundi decise che i Congolesi, o Zairesi che dir si voglia, che avevano molti figli dovevano rientrare nella loro Patria. Tutta la nostra famiglia dovette partire e rientrare in Zaire.  La mamma pur essendo del Burundi segui il papà e venne con noi. Passammo da Kalemie, da Bukavu continuando poi verso nord finché giungemmo a Watsa. La mamma era incinta e giunti a Watsa, in seguito alle difficoltà del parto, morì lei e fratellino che portava in grembo. Avevo dieci anni. Dei sette fratelli del papà ne restavano il maggiore e una una sorella minore, e nessuno di tutti i fratelli ebbe figli. Rimasti orfani, l’unica sorella di papà, Abakane Dorotea, venne a Watsa per aiutare suo fratello e seguirci.

Un rientro in Zaire all’insegna della Croce?

Si! Non solo, perché le croci si sono moltiplicate in fretta. Notavamo che la zia, buona e generosa, non stava bene, ma non avevamo soldi per farla curare in ospedale. Dopo tre mesi che la zia era con noi, un giorno rientrando da scuola siamo rimasti tutti scioccati: era morta improvvisamente, forse a causa di un infarto. Papà era disperato. Assieme al papà, vegliammo tutta la notte la zia. Mamma Bernadette e zia Dorotea sono sepolte a Watsa. All’arrivo del nuovo anno rientrammo a Gombari con papà che non aveva più un lavoro.

Per voi Gombari era un luogo nuovo e sconosciuto come vi siete trovati?

Giovani come eravamo ci adattammo in fretta. Mio padre per guadagnarsi da vivere si mise a coltivare i campi.Un giorno decise di andare a trovare l’unico fratello che gli era rimasto e che probabilmente era ammalato, in un villaggio a una cinquantina di chilometri da Gombari. Era con lui da due giorni quando anche questo fratello morì improvvisamente. Si può facilmente immaginare in quali condizioni papà Musa rientrò a casa. Ora era l’unico sopravissuto della famiglia e l’unico con ancora sei figli. A Gombari non avevamo altri parenti, e non abbiamo mai saputo né conosciuto i parenti della mamma in Burundi.

Nel 1973 la missione di Gombari era stata consegnata ai Missionari Comboniani, e so che in loro avete trovato delle persone che vi hanno aiutato.

Infatti erano giunti i primi quattro comboniani: i padri Egidio Capitanio e Bob Ardini e i fratelli Santo Bonzi e Tony Piasini. Fr. Santo stava costruendo la nuova chiesa e la casa dei missionari, e fratel Tony lo aiutava. Si accorsero che per il nostro papà era difficile prendersi cura per tutto e in tutto di noi orfani e presero a cuore la nostra situazione. Mi trovavo a mio agio in parrocchia e dopo le ore di scuola, aiutavo fratel Santo per innaffiare l’orto che curava a tempo perso per aver ortaggi per la tavola dei confratelli. Lo aiutavo anche portandogli gli attrezzi e il materiale di cui aveva bisogno per il lavoro. Il mio fratello maggiore, che aveva quattordci anni, aiutava in cucina. Ci davano aiuti per la scuola, vestiti e cibo. Per un breve tempo venne anche fratel Tarcisio Calligaro per fare le istallazioni della luce. Anni dopo lo ritrovai a Isiro nella nostra parrocchia di Sainte Anne come responsabile del Garage interdiocesano di riparazione veicoli.

Come mai da decenni ora sei a Isiro?

Restai a Gombari per continuare a studiare fino alla terza superiore, poi non avendo più possibilità di studiare nel nostro villaggio parti per venire qui a Isiro. Non continuai gli studi perché trovai Lisaliko Jacques un bravo giovane che divenne mio marito Lisaliko. Non ci siamo sposati religiosamente perché non ne avevamo la possibilità anche se questo passo ci stava a cuore. Jacques era autista meccanico e con lui ebbi sette figli. Nel 1994 anche mio marito morì per problemi cardiaci. Nel 1996 morì anche mio padre e purtroppo non ebbi la possibilità di essere presente al suo funerale. Poi morì mia figlia Fatu che hai conosciuto, che era la quarta dei miei figli e che lavorava come sarta. Morì anche mia nipote Daniela, figlia di Fatu che soffriva di diabete giovanile.  Mi restano sei figli: Abule Richard e Raimond Gaga che sono gemelli. Richard è ingegnere. Poi venne Tresor, Jules, Roger e per ultima Rustika come unica figlia rimasta. Rustika sta studiando medicina e dovrebbe andare a Kinshasa per la specializzazione.

Credo che dopo aver perso tuo marito la tua vita sia stata dura…

Si può facilmente immaginare tutte le difficoltà che ho dovuto e devo continuare ad affrontare per far in modo che tutti i figli abbiano buone basi per il futuro. Dopo la morte di mio marito, andando in parrocchia incontravo i Comboniani. Fratel Tarcisio sapendo delle nostre difficoltà, mi aiutava. Mi fu poi proposto di lavorare per la comunità comboniana come domestica.

Hai certamente vissuto e affrontato i disagi del periodo di guerre  degli anni novanta…

Quando c’è stata la guerra tra i soldati di Kabila padre e quelli di Mobutu ero qui a Isiro con tutti i figli. Questi militari entravano nelle case per rubare e violentare le donne. Restavamo nelle nostre case durante la giornata quando attorno a noi c’era gente. La sera assieme alle altre mamme passavamo la nostra valle per venire a dormire in zona sicura dalla parte della parrocchia di Sant’Anna. Solo al mattino ritornavamo nelle nostre case.

Gli anni passano veloci, e tutto quello che hai vissuto lo porti nel cuore…

&nbspSento sofferenza, ci penso soprattutto la notte quando sono sola. Durante la giornata è più facile essere distratti dal lavoro dall’incontro con le persone. Al di là di tutto sento che il Signore è al mio fianco e mi sostiene e sono serena e tranquilla. Guardo attorno a me e vedo che tante mamme e tante persone soffrono più di me. Vado al cimitero e vedo molte tombe e penso quanta gente si trova nella mia situazione. Non sono sola, siamo in molti a soffrire. Se posso e come posso, aiuto chi ha bisogno e offro la mia amicizia e serenità. Ringrazio il Signore che attraverso i miei genitori e i padri missionari, mi ha dato una fede solida che cerco di trasmettere non solo ai miei figli ma a tutte le persone che incontro.

Ti ringrazio mamà Marie Pierre per quanto mi hai raccontato, per la testimonianza di vita, per la tua fede, la tua serenità e speranza in un futuro migliore non solo per te e la tua famiglia, ma per tutto il Congo che da anni e in particolare oggi sta soffrendo a causa della guerra. Grazie per essere seminatrice, anche per noi, di pace e fiducia nel Amore di Dio Padre.

Fr Duilio Plazzotta