Suor Giselle è una giovane suore domenicana della congregazione di Santo Domingo di Granada. La incontrai per la prima volta  qui a Isiro diversi anni orsono quando ancora era postulante. E qui è ritornata da poco per fare comunità con altre due consorelle, e per nuovi impegni di studio e apostolato. È una buona occasione farci raccontare che sorprese ha comportato seguire Gesù in giro  per il mondo.

Suor Giselle quali sono le tue radici nella RDC?

Sono nata e cresciuta nella nostra grande Capitale. La mamma Marie Lukaya è impegnata nel commercio, mentre il papà Etzumu Pierre è carrozziere per macchine, ma ora è senza lavoro. Anche i miei genitori sono da sempre cittadini di Kinshasa e hanno avuto otto figli, cinque figlie e tre maschietti, io sono la terza dopo una sorella e un fratello. Ho studiato a Kinshasa, dalla scuola materna alle superiore per ottenere quella che da voi è chiamata “la Maturità”. Poi per due anni restai a casa per aiutare mamma e sorelle. E alla fine entrai dalle suore Domenicane di Granada per iniziare il cammino formativo per consacrarmi al Signore come suora.

Certamente hai vissuto a Kinshasa il tempo della presa di potere di Desiré Kabila che ha scalzato Mobutu Sese Seko dal trono.

Sono stati avvenimenti bruschi e tutti ne hanno sofferto. Nessuno poteva spostarsi in città con sicurezza. Molte persone non potevano recarsi al lavoro e anche i miei genitori furono obbligati a lasciare  il lavoro e rinchiudersi in casa per paura. Procurarci il cibo era molto difficile e abbiamo sofferto la fame. Razionavamo le poche scorte che avevamo in casa ed era difficile acquistare altro cibo.

Come è nata la tua vocazione? Come ti sei sentita chiamata dal Signore?

Ero ancora ai primi anni delle elementari quando inizia a sentire in me il desiderio di donarmi al Signore. In famiglia qualcuno se ne accorse, e un mio zio inizio a chiamarmi Suor Giselle, anche se io non ne capivo ancora il significato. Solo quanto entrai alle superiori visto che già mi impegnavo nei gruppi parrocchiali, il parroco mi invitò a entrare a far parte del gruppo vocazionale. Iniziai a partecipare a ritiri ed esercizi spirituali i cuoi frutti furono un desiderio sempre più forte di essere al servizio di Dio come suora.

Sei mai stata tentata di sposarti?

In quinta superiore, un amico con cui facevo parte della corale della parrocchia mi propose di sposarlo. Gli dissi che stavamo ancora studiando e che prima di decidere in proposito terminassimo  gli studi e ottenessimo il diploma. Poi la mia decisione di seguire il Signore fu sempre più chiara e determinata, senza ripensamenti.

Quale è stata la reazione dei tuoi genitori e dei tuoi fratelli quando hai deciso di entrare in convento?

Un giorno rientrando dalla parrocchia, mi dissi che dovevo mettere al corrente papà e mamma della mia decisione.  Ho chiesto di incontrarli tutti e due assieme. La mamma prese paura, pensava. “Ecco che ha appena finito e ottenuto “la Maturità” e adesso viene a dirci che è incinta”. Espresse il suo pensiero prima che potessi parlare. Gli spiegai che non era quello che lei temeva ma che volevo mettermi al servizio del Signore diventando suora. Furono al colmo della gioia e mi dissero: “Se Dio ti chiama, vai e mettiti a suo servizio. Appoggiamo di cuore la tua scelta. Quando poi feci la Prima Professione, mio papà, anche a nome della mamma, prese la parola e mi disse: “ Ti do due simboli : Per prima cosa prendi questa lampada accesa, che questa luce illumini a tua strada e tolga ogni tenebra dalla tua vita”. Poi mi diede la Bibbia e disse: “ Ti do la Parola di Dio, perché tu sappia ascoltarla, viverla e trasmetterla. Non abbiamo altre cose da darti, ma che queste due ti guidino fino alla fine della tua vita”.

E le tue sorelle e fratelli come reagirono all’annuncio?

I miei fratelli mi incoraggiarono e mi diedero pieno appoggio. Ho avuto il loro sostegno anche quando ho avuto un momento di dubbio e stanchezza.

Ti sei orientata dalle suore di Santo Domingo di Granada perché erano presenti nella tua parrocchia?

No, nella mia parrocchia c’erano suore di un’altra congregazione. E’ stato un padre spagnolo dei “Padri Bianchi Missionari d’Africa”, che mi fece conoscere e mi presentò alle suore di Santo Domingo come “buona vocazione”. Iniziai la prima tappa con la Propedeutica a San Mbaga assieme ad aspiranti di diverse congregazioni: San Vincenzo, Comboniani. Per il Postulato fui inviata a Isiro con la santa e brava suor Maria Majo per il primo anno e poi il secondo a Kinshasa.  Due mesi in Spagna, per mettere in regola le carte necessarie e poi ci fu il gran salto del Atlantico giungendo in Colombia per il Noviziato.

Fu il primo impatto con una nuova realtà. Come l’hai vissuto?

Non c’è stato tempo e mi sono messa subito all’opera per imparare la nuova lingua che non conoscevo se non per qualche corta frase prefabbricata e immagazzinata in postulato ascoltando le suore spagnole. Ogni lingua richiede tempo, pazienza, fatica e…umiltà. E’ il primo passo necessario per entrare in contatto con le persone. La seconda difficoltà riguarda il cibo per il primo mese. Noi congolesi siamo abituati ad altro cibo,  ci vuole tempo adattandosi ai nuovi gusti per assimilare un cibo differente.

Hai ritrovato un po’ di Africa in Colombia?

In effetti anche in questa terra lontana ho trovato  molti afro-americani, che nel cuore si sentono ancora africani e che mi hanno accolto e aiutato perché potessi inserirmi nel nuovo mondo senza troppi traumi e trovassi in loro degli amici, meglio fratelli e sorelle.. A Bogotá, partecipavamo alle attività del centro per afro-americani diretto dai missionari comboniani. Noi novizie ci trovammo a nostro agio con la gente della Colombia che ci hanno accolto con gioia e hanno manifestato da subito la loro amicizia. Avevamo anche attività di apostolato.  Durante la Settimana Santa la madre maestra in accordo con il parroco iniziarono a inviarci nei villaggi per animare i cristiani. Era in programma di restare in ogni cappella per una settimana mentre un sacerdote veniva una sola volta per celebrare la Messa. Io ero con un’altra novizia colombiana. Nel villaggio dove eravamo inviate ci siamo trovate confrontate con la “Guerrilla”. Questi banditi facevano prigionieri delle persone per poi chiedere soldi di riscatto alla famiglia o al governo. Se i guerriglieri non ricevevano i soldi, ammazzavano senza scrupoli i prigionieri. Vennero anche dove noi eravamo alloggiate   per prendere il padrone di casa, che non c’era. La mamma disse che aveva delle ospiti venute dall’Africa per il lavoro apostolico tra i cristiani. Misero a soqquadro la casa in cerca di soldi e oggetti preziosi, ma stranamente non ci toccarono e se ne andarono. Tremavamo dalla paura temendo che ritornassero con cattive intenzioni. La Padrona di casa riuscì a mandare un messaggio alla nostra madre maestra che la mattina  dopo  inviò una “lancia” (lunga piroga a motore) per recuperaci e riportarci in Noviziato.

Alla fine del periodo di noviziato qual è stata la decisione delle superiore?  

Dopo i due anni di Noviziato siamo ritornate in Congo per fare la Prima Professione Religiosa e poi siamo state inviate in Camerun per studiare Teologia Pastorale tre anni. In seguito per due anni lavorai qui in Congo prima di essere inviata ancora in Camerun per altri due anni e poi di nuovo in Congo. per alcuni anni, Faci la “pendolare tra Camerun e la RDC, e in totale trascorsi otto anni in Camerun, dove noi Domenicane abbiamo tre comunità. Le superiore hanno voluto che come superiora aprissi una nuova casa del Noviziato in Africa. La madre maestra era suo Elisa, spagnola, che molti anni prima accolse anche me come novizia.

Quali difficoltà hai trovato nella tua vocazione?

E’ facile immaginare che le difficoltà nel seguire il Signore s’incontrano sempre e aiutano a crescere nella donazione. Le prime difficoltà le trovai proprio nel modo di vivere con le consorelle in comunità. Ognuna di noi ha il suo modo di vedere e affrontare i problemi e sentirci ugualmente famiglia è un cammino continuo. Piano piano si affina la sensibilità nel capire, accogliere e apprezzare le differenze e sentire che il Signore ci fa crescere come sorelle. Si da così una bella testimonianza a tutti coloro che il Signore mette sul nostro cammino. Personalmente ho trovato un’altra difficoltà dovuta a un certo cambiamento di stile di vita. Quando ero in famiglia sentivo che ero la responsabile per molte cose perché la mia sorella maggiore abitava presso una zia e la sua partenza mi aveva portata ad essere perno di referenza e guida per le altre sorelle minori. In convento dovevo seguire le regole dettate dalle altre consorelle. Perfino per certo cibo, che prima non mangiavo, su loro ordine dovevo “mandarlo giù”. Ho già parlato della difficoltà per apprender lo spagnolo, lingua necessaria sia nel nostro Istituto sia per alcune nostre missioni. Fui confrontata ad un’altra difficoltà quando mi fu imposto di continuare il noviziato per altri sei mesi. Mi scoraggiai e stanca ero quasi dell’idea di rientrare in Congo. La nostra Madre Generale e un sacerdote spagnolo mi aiutarono a superare la crisi.

Certamente ci sono anche delle belle realtà che hai vissuto quale ricordi in particolare?

La prima è quella d’aver conosciuto tante consorelle brave, sante e capaci, che mi hanno dato il gusto di vivere in comunità. Un altro bel aspetto è che mi rendo conto che il Signore mi ha fatto fare un bel cammino; non sono più la Giselle dell’inizio della vocazione. Sono veramente cambiata. Altro bel aspetto è che l’Istituto mi da molte opportunità per sviluppare le qualità che il Signore mi ha dato per servire i fratelli. Essere suora domenicana mi ha aperto gli occhi e il cuore alla vita delle persone in altri paesi, alle altre realtà di sofferenza o di gioia della gente.

Gli anni sono trascorsi ed eccoti ritornata a Isiro carica di nuovi impegni  e attese…

Effettivamente mi ritrovo con suor Irma che è camerunese ed è la superiora, e suor Alphonsine che ha diversi incarichi. Ora non sono più la postulante di altri tempi. Ho dovuto riprendere a studiare per diventare tecnico di laboratorio medico, e sono anche l’economa delle comunità. dall’anno scorso abbiamo aperto un internato (convitto) e accogliamo una sessantina di ragazze e ragazzi, ed è un impegno che si svilupperà nei prossimi anni, sperando che la situazione del Paese torni tranquilla e termini la guerra all’est del Congo, che può degenerare e coinvolgere anche le nostre regioni.

Grazie Suor Giselle per questa tua testimonianza di vita. Preghiamo assieme perché questo nostro grande Congo ritrovi la pace, conservi l’integrità del territorio e doni serenità e fiducia a tutta la nostra gente.

Fr Duilio Plazzotta