Il Vangelo di oggi ci presenta le Beatitudini nella versione di San Luca. Il testo si articola in quattro beatitudini e quattro ammonizioni, scandite da quattro “beati voi” e quattro “guai a voi”. Gesù dichiara beati i poveri, gli affamati, gli afflitti, i perseguitati; e ammonisce coloro che sono ricchi, sazi, ridenti e acclamati dalla gente.
Se da un lato queste parole di Gesù ci affascinano, dall’altro suscitano in noi un certo disagio, perché propongono parametri che cozzano profondamente con la nostra mentalità corrente. Chi può dirsi davvero povero e affamato? Forse afflitto e perseguitato, talvolta. San Matteo le “spiritualizza”: “beati i poveri in spirito”, “beati quelli che hanno fame e sete della giustizia”… San Luca, però, le “materializza” senza fare sconti.
Il nostro spirito intuisce la verità e la bellezza di questa visione nuova della vita, incarnata nella stessa persona di Gesù, ma la mente inizia subito a relativizzarla, ritenendola irrealistica, mentre l’inconscio cerca di rimuoverla al più presto. È davvero una grazia lasciarsi interpellare da questa parola. Infatti, è grande la tentazione di dire anche qui: “Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?” (Giovanni 6,60).
In questa parola, come in tante altre del Vangelo, si verifica quanto detto dal profeta Geremia: “La mia parola non è forse come il fuoco – oracolo del Signore –e come un martello che spacca la roccia?” (23,29). Altrove dice che la parola, nelle viscere del cuore, provoca un grande male di pancia (4,29). Quale migliore augurio, quindi, se non quello di uscire dalla celebrazione domenicale con “un gran male di pancia”? Sarebbe un segno che siamo sulla buona strada. L’alternativa, infatti, è andarsene via tristi, come il giovane ricco! Ascoltare questa parola ci guarisce e ci salva dal pericolo di condurre una vita insensata.
Il contesto di questo vangelo
San Luca ci dice che Gesù si ritirò sul monte in solitudine e passò tutta la notte in preghiera. Gesù è il Maestro della preghiera perché insegna a partire dalla propria esperienza. L’evangelista sottolinea che Gesù pregava sempre prima delle grandi decisioni. Il racconto procede dicendo che, al mattino, Gesù chiamò a sé tutti i suoi discepoli e ne scelse dodici, che chiamò apostoli (Lc 6,12-13).
In seguito, Gesù scende con i suoi discepoli e si ferma in un luogo pianeggiante. Mentre in San Matteo Gesù pronuncia il suo discorso sul monte, simbolo della vicinanza con Dio, San Luca lo situa sulla pianura, simbolo della vicinanza con la gente, cioè dove può essere facilmente raggiunto da tutti. Infatti, “c’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente”, venuti da tutte le parti “per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie”. Tutta la folla cercava di toccarlo, “perché da lui usciva una forza che guariva tutti” (Lc 6,17-19).
In questa vasta scenografia di umanità, Gesù, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, proclama le beatitudini. Il Signore alza lo sguardo perché parla dal basso. Dio è umile e non si posiziona sopra di noi.
Alcune sottolineature
Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati.
Beati voi, che ora piangete, perché riderete.
Beati voi, quando gli uomini vi odieranno… a causa del Figlio dell’uomo.
Notiamo che:
-
Nella Sacra Scrittura troviamo già questa forma letteraria di beatitudini e maledizioni (vedi la prima lettura di Geremia e il Salmo 1). Anche i rabbini al tempo di Gesù la utilizzavano.
-
Mentre San Matteo presenta le beatitudini in una forma sapienziale, enunciandole alla terza persona plurale: “Beati i poveri”, San Luca adotta uno stile profetico, più diretto, rivolgendosi ai suoi discepoli alla seconda persona plurale: “Beati voi, poveri”.
-
Ogni beatitudine è accompagnata da un perché, ma qual è la ragione di fondo di queste affermazioni così paradossali? Gesù non consacra né idealizza la povertà. La povertà, la fame, l’afflizione e la persecuzione sono realtà negative da combattere. La buona notizia è che Dio non tollera queste ingiustizie, così diffuse nel nostro mondo, e si fa carico della causa dei poveri. Geremia, nella prima lettura, afferma che la vera beatitudine nasce dalla fiducia nel Signore: “Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia”.
-
Nella prima beatitudine Gesù impiega il verbo al presente: “Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio”, mentre nelle altre usa il futuro. Come spiegarlo? Le beatitudini possiedono una dimensione già presente, ma anche una proiezione futura verso la loro piena realizzazione. Paradossalmente, dunque, nell’esperienza stessa della sofferenza è possibile trovare la gioia. Un esempio eloquente è quello degli apostoli Pietro e Giovanni che, dopo essere stati flagellati, “se ne andarono via dal sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù” (Atti 5,41).
In un’esposizione simmetrica, Gesù presenta quattro ammonizioni, i quattro guai:
Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame.
Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete.
Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi…
Notiamo che:
-
Mentre nella versione di San Matteo Gesù si limita a proclamare le otto beatitudini (più una rivolta direttamente ai suoi discepoli), nella versione lucana troviamo solo quattro, ma con l’aggiunta di quattro “guai a voi”, in contrapposizione ai “beati voi”.
-
Il termine “guai” era utilizzato in ambito profetico per introdurre annunci di sventura. Tuttavia, questi “guai” di Gesù non sono maledizioni, bensì espressioni di dolore e compassione. Potrebbero essere resi con “ahimè per voi”. Mentre le beatitudini sono come un congratularsi con i “beati”, gli “ahimè” hanno il tono di un messaggio di cordoglio.
-
Perché Gesù ammonisce i ricchi? Non si tratta di una visione classista. In verità la ricchezza è spesso associata all’ingiustizia, che genera povertà e sofferenza. Tuttavia, la parabola del ricco e del povero Lazzaro non si sofferma sull’origine della ricchezza, né afferma che il ricco abbia commesso qualche crimine, ma mostra la sua condanna per aver ignorato il povero alla sua porta (Luca 16,19-31).
-
Il profeta Geremia è lapidario: “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, e pone nella carne il suo sostegno, allontanando il suo cuore dal Signore”. Riporre la propria fiducia nei beni non solo chiude il cuore ai fratelli, ma conduce anche all’idolatria.
Per la riflessione personale
Le beatitudini sono il cammino proposto da Gesù verso la felicità, per avere un’esistenza bella, feconda e significativa. Il profeta Geremia la paragona a un albero sempre verde e fruttuoso, le cui radici si estendono verso il fiume. In contrasto, una vita non radicata in Dio è come il tamarisco della steppa che “non vedrà venire il bene, dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in un terra di salsedine, dove nessuno può vivere”. Tutto dipende, dunque, da dove affondiamo le nostre radici. Dove affondano le mie?
P. Manuel João Pereira Correia, mccj