Per la nostra riflessione di quest’oggi, comincio col presentare una nota riguardante un evento importante di cui si parla poco: la Settimana di Preghiera per L’Unità dei Cristiani che si celebra ogni anno dal 18 al 25 gennaio. L’inizio di questa settimana risale al 1908 per iniziativa di Paul Wattson, un anglicano americano. E’ un’iniziativa ecumenica di preghiera nella quale tutte le confessioni cristiane pregano insieme per il raggiungimento della piena unità. Il tema per quest’anno, è il brano del Vangelo di Giovanni che nel capitolo undicesimo, presenta la domanda che Gesù rivolse a Marta mentre era in visita a lei e a sua sorella Maria, dopo la morte del fratello Lazzaro: “Credi tu questo?” E’ interessante conoscere il contesto di questa domanda. Vedete:
Marta disse a Gesù: “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, Dio te la concederà’. Gesù le disse: ‘Tuo fratello risorgerà’. Gli rispose Marta: ‘So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno’. Gesù le disse: ‘Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno, Credi tu questo?’
Siccome la risposta di Marta fu affermativa, Lazzaro che era stato nel sepolcro per quattro giorni tornò a vivere. Allora preghiamo perché lo scandalo delle divisioni tra i Cristiani abbia a cessare, credendo veramente che Gesù può mettere unità dove trova divisioni. Ricordiamo la sua preghiera rivolta al Padre: “Non prego solo per questi, ma per quelli che crederanno in me mediante la tua parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato”. (Giovanni 17, 20-21). E per collaborare con Gesù, impegniamoci a creare unità sempre e ovunque: nel nostro intimo, nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità, ovunque siamo e ovunque andiamo.
Passiamo alla Liturgia Eucaristica di oggi: Il passo preso dal Vangelo di Giovanni, parla di un matrimonio celebrato a Cana di Galilea con la presenza di Gesù e di Maria; di Gesù che fece il miracolo della conversione dell’acqua in vino, e di Maria che intervenne con la sua intercessione di Madre per cui Gesù anticipò l’ora della sua glorificazione divina. Il passo evangelico dice: “Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui”. Come è bello vedere la sollecitudine materna di Maria a vantaggio degli sposi novelli e degli invitati, e notare l’efficacia della sua intercessione: una festa che poteva essere rovinata per mancanza di vino, diventò una festa gioiosa grazie alla presenza di vino ottimo, che, come dice la Scrittura, rallegra il cuore umano.
Passiamo a considerare la portata di tutto il segno operato da Gesù, la conversione dell’acqua in vino. Esso ha un significato stupendo. Vedete, come primo miracolo di Gesù, ci saremmo aspettati un miracolo con un motivo molto più significativo, come dare la vista a un cieco, la capacità di camminare speditamente a uno zoppo, la libertà a uno schiavo. E invece no. Col miracolo della trasformazione dell’acqua in vino, durante le nozze di Cana, Gesù volle esprimere la sua voglia di donare gioia, di mostrare un Dio che vuole la nostra felicità e ce la dona senza aspettare situazioni di grande sofferenza o di morte. Potremmo dire che il prodigio di Cana è il modello di tutti gli altri miracoli di Gesù, tutti orientati a dare speranza, gioia, amore, vita e una festa senza fine. Un mio confratello, da diversi anni abbracciato in cielo dal Padre, diceva spesso: “Chi ha mai detto che per servire Dio dandogli gloria, per comportarsi dignitosamente e fare del bene agli altri, bisogna essere sempre seri e quasi tristi? Spero che nessuno abbia detto questa cavolata”.
Tutti insieme oggi, rivolgiamoci alla Madonna. Fidiamoci di lei e affidiamoci a lei. Chiediamole di intercedere per noi, per le nostre comunità, per tutta l’umanità. Possiamo essere sicuri che lei coglie i nostri drammi, le nostre urgenze e le nostre difficoltà. Anzi, il suo cuore materno soffre per le carenze profonde di senso e di sicurezza che affliggono la nostra società: carenze di fede, carenza di punti fermi di verità, per mancanza di affidamento alla roccia che è l’Amore di Dio. Chiediamo alla Madonna che come fece alle nozze di Cana, rivolga a Gesù la sua parola autorevole: “Non hanno più vino”. E a noi dica ciò che disse ai servi: “Fate quello che vi dirà”, sperando che noi abbiamo a ubbidirle.
E che noi abbiamo a ubbidire a Gesù, alla sua chiamata, e a ogni suo gesto che dona vita. Infatti, è così che vivremo da suoi veri discepoli, aperti allo Spirito Santo che ci dona l’energia per celebrare la nostra vita, in movimento verso la pienezza finale.
Giovanni Taneburgo
Missionario Comboniano