La festa dell’Epifania fa parte del ciclo natalizio. Epifania in greco significa manifestazione. Già la festa del Natale celebrava la manifestazione “nella carne” del Figlio di Dio (Giovanni 1, 14). E oggi il Bambino Gesù viene scoperto dai Magi. L’evangelista Matteo ci parla dei Magi, che dall’oriente sono arrivati a Gerusalemme in cerca del Salvatore (Matteo 2, 1-12). Piuttosto che Magi, si tratterebbe di “persone dedite alle arti magiche”. Per la Bibbia era un’attività interdetta (Levitico 19, 26). Per l’evangelista Matteo, i Magi hanno la funzione di apparire come degli stranieri o meglio come degli estranei. Ma la nascita di Gesù interessava anche a loro. Arrivati a Gerusalemme, non trovarono quello che cercavano né nella reggia del re Erode, né nel tempio, il luogo consacrato al culto del Dio unico di Israele. Guidati da una stella, giunsero a Betlemme e là videro il Bambino che cercavano. Che cos’è la stella? L’evangelista si riferisce a Balaam (Numeri 24, 17), un pagano che vide la luce di Israele, la stella di un Dio o di un Re divinizzato. Ma anche la stella, luce nella notte, può essere la ragione umana che  guida l’uomo verso verità più alte. 

I Magi videro il Bambino con sua madre e, prostrati, lo adorarono (Matteo 2, 19). E’ bello il commento di Papa Francesco: “Adorare il Signore (come fecero i Magi) non è facile…esige una certa maturità spirituale, essendo il punto di arrivo di un cammino interiore, a volte lungo. L’essere umano ha bisogno, sì, di adorare, ma rischia di sbagliare bersaglio; infatti, se non adorerà Dio, adorerà degli idoli… Nella nostra epoca è particolarmente necessario…che dedichiamo più tempo all’adorazione, imparando sempre meglio ad adorare il Signore… Siamo chiamati a piegare il cuore e le ginocchia per adorare il Dio che viene nella piccolezza, che abita la normalità delle nostre case, che muore per amore”. I Magi offrirono dei doni. Il popolo di Israele pensava di essere l’unico abilitato a fare dei doni a Dio. Invece, attraverso questi personaggi che vengono da lontano e esercitano un’arte non permessa dalla Legge, indicano che anche i diversi (e gli stranieri) sono bene accetti. L’oro significa la regalità, non più riservata ad un popolo. In effetti Dio è il Dio di tutti e ama tutti. Il suo amore non conosce frontiere. L’incenso è un dono di sacerdoti; ma ora il culto è aperto a tutta l’umanità. La mirra indica l’amore fra gli sposi. Ora Dio in Gesù guarda all’umanità come sua sposa, oggetto della sua attenzione e del suo amore. Finalmente la festa dell’Epifania è il superamento del Dio di un paese, per manifestarci il Dio di tutti gli abitanti del Mondo, presenti, passati e futuri.

 

Nella domenica che segue l’Epifania, la liturgia ricorda il Battesimo di Gesù. Questa memoria non è fuori posto. Siamo infatti nella prospettiva di tre manifestazioni. Prima manifestazione: Gesù a Betlemme è manifestato ai Magi. Seconda manifestazione: Gesù al fiume Giordano è manifestato come Figlio amato e Messia. Terza manifestazione: a Cana di Galilea (Giovanni 2, 1-11), Gesù, con il miracolo dell’acqua cambiata in vino, mostra la sua gloria con la ripresa dell’antica Alleanza, come un evento sponsale (= Dio è lo sposo, Israele è la sposa; così Gesù è lo sposo e la Chiesa è la sposa). Tutte queste manifestazioni sono sempre la rivelazione dell’unica Alleanza di Dio con l’umanità. E questo ci fa capire anche l’universalità della Fede. 

Ma che cosa significa il battesimo di Gesù nel fiume Giordano ad opera di Giovanni Battista? Dobbiamo sforzarci di capire le diverse sfaccettature della parola di Dio, anche quella del Vangelo di oggi (Luca 3, 15-22). Diceva sant’Ambrogio (340-397), in latino: “Semel locutus est Deus, et plura audita sunt” (= Dio ha parlato una volta sola, ma furono udite molte significazioni). La Parola di Dio, pertanto, produce molti significati e deve essere approfondita con lo studio e la preghiera.

Vediamo Gesù che fa la fila con i peccatori e aspetta il suo turno per essere battezzato. E’ sempre la logica scelta da Dio. “Tu sei il Figlio mio, il Diletto” dice il Padre a Gesù, che è immerso nelle acque del Giordano, affogato nel peccato delle folle, che ascoltano la predicazione di Giovanni Battista. Così Gesù si rivela come il Figlio, perché va con i fratelli più bisognosi. Il Padre poi approva solennemente questa scelta. Ed è la scelta della solidarietà. Gesù infatti, essendo Figlio, conosce l’amore del Padre. E lo vuole manifestare a tutti attraverso la sua fraternità.

Solo il Cristianesimo mostra un Dio che si mischia con le debolezze umane e che “si sporca” con l’umanità peccatrice. Non certo l’Islam, per il quale Dio è lontano ed esige una sottomissione assoluta. 

Il Battesimo di Gesù è un gesto rivoluzionario. E’ la spiegazione più chiara del mistero dell’Incarnazione. Gesù-Logos si è fatto uomo (Giovanni 1, 14), solidale in tutto con noi (= lo capiamo proprio dal suo battesimo), perché noi diventassimo Dio (= siamo infatti figli e figlie di Dio per adozione), coeredi e solidali in tutto con Lui (Romani 8, 16-17). Si può dire allora con certezza che l’umanità di Gesù è il principio della nostra divinizzazione e finalmente della nostra salvezza, offerta a tutta l’umanità. Tutto questo ci viene manifestato nel Battesimo di Gesù. 

San Daniele Comboni (1831-1881) era conscio dell’universalità della salvezza. Per questo si era dato anima e corpo per organizzare la rigenerazione dei popoli dell’Africa Centrale. Così scriveva nelle Regole per i suoi Missionari nel 1871: “I miei Missionari abbiano la mente e il cuore per le misere anime dell’universo e specialmente dell’Africa Centrale, che giacciono nelle tenebre dell’infedeltà, dell’errore e della miseria. In tutte le loro pratiche di pietà si applichino a impetrare la misericordia da parte di Dio”.

 

Tonino Falaguasta Nyabenda

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