“Il serpente mi ha ingannata ed io ho mangiato.” In questa considerazione sconsolata di Eva si riassume l’atteggiamento dell’uomo dinanzi al suo destino, al compimento della sua vita. Tutti mangiamo, cioè tutti cerchiamo di nutrire la nostra vita, di realizzare noi stessi, di trovare un senso a quello che facciamo. Ma tutti, se ci affidiamo semplicemente a noi stessi e alle nostre ambizioni, prima o poi ci ritroviamo ingannati. Ingannati perché insoddisfatti, perché delusi, perché le cose che dovevano darci vita alla fine sembrano assorbirla, limitarla o addirittura ferirla. Il lavoro, gli affetti, le relazioni prima o poi deludono le nostre attese, si rivelano incapaci di saziare, di dare riposo al nostro cuore. Allora emerge lo scontento e la sensazione di essere stati ingannati, essere stati usati, manipolati, spogliati di qualcosa. Questa sensazione non è ancora la consapevolezza del peccato. Quando Eva dice a Dio che il serpente l’ha ingannata non pensa ancora al demonio che insidia la sua innocenza. Eva pensa più semplicemente alla creazione di cui il serpente faceva parte, come ad una promessa che si è rivelata deludente. È come se dicesse “la vita mi ha ingannata”. Solo la successiva maledizione di Dio porterà alla luce l’esistenza di una inimicizia tra lei e il serpente. Il serpente allora viene manifestato come uno che le insidia il calcagno, quindi uno che agisce come il vero nemico nascosto della vita. La donna, invece, riceve alla fine un nome che ne descrive la vocazione. Essa sarà chiamata madre di tutti i viventi e in particolare madre di quella discendenza che al serpente schiaccerà il capo. La festa dell’Immacolata Concezione allora celebra la verità della creazione, contro ogni possibilità di inganno che può insinuarsi nel nostro cuore. L’Immacolata Concezione celebra il fatto che siamo stati concepiti, prima della creazione stessa, prima ancora che nel grembo di nostra madre, nel cuore e nel pensiero di Dio. Si parla di Immacolata Concezione piuttosto che di Maria concepita immacolata perché il mistero non riguarda soltanto lei ma tutta l’umanità. San Paolo descrive questo mistero come l’intervento benedicente di Dio nella storia che niente può far fallire tranne il nostro rifiuto. Dio, egli dice, ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo per essere santi ed immacolati nell’amore. Destinati, cioè a sperimentare una partecipazione così intima alla natura divina da saziare ogni nostro desiderio di vita e annullare per sempre ogni sensazione di inganno dal nostro cuore. La creatura così saziata si nutre più soltanto dei frutti della creazione, per quanto attraenti essi possano essere, ma della stessa vita divina che su questa terra è per noi racchiusa nell’eucaristia, nella comunione al corpo e al sangue di Cristo e quindi alla sua vita risorta. La promessa ingannevole del serpente che invitava Adamo ed Eva a decidere da soli il loro destino, per essere come Dio e non morire mai, diventa con l’incarnazione la promessa di un dono gratuito dell’iniziativa di Dio che previene ogni nostro merito o sforzo e ci lascia non ingannati, ma stupiti e grati. La scena dell’annunciazione nel Vangelo di Luca descrive appunto con semplicità questa iniziativa di Dio che si fa vicino mandando un Angelo in un villaggio sconosciuto della galilea dove abita Maria. Luca parla di quest’angelo come di qualcuno che non appare bruscamente ma che si avvicina, che viene verso Maria. È come se suggerisse che l’incontro con Dio è un avvento continuo, la scoperta sempre più chiara che possiamo fidarci della nostra storia perché in essa c’è anche Dio. Salutando Maria, l’angelo ne mette in evidenza la dignità. Per una creatura da sempre, dopo il peccato, abituata a sentirsi nuda davanti a Dio questo saluto che la descrive come “da sempre” riempita di grazia, rivestita di una dignità non meritata è una sorpresa inizialmente incomprensibile per la stessa Maria. Eva ha paura di Dio mentre Maria ha paura di sé stessa. La prima paura nasce dal peccato che teme la verità, la seconda dall’innocenza che teme il male e la falsità. Nell’annuncio dell’angelo trova espressione questo grande mistero dell’Immacolata Concezione. Quell’amore, che ha dato compimento sia alla verginità di Maria che alla sterilità dell’anziana Elisabetta, darà compimento anche alla nostra storia. Eva aspirava a cose grandi e si è ritrovata ingannata. Maria si è fidata di Dio ed ha potuto dire: Il signore ha fatto in me cose grandi. Dio, avvicinandosi a noi, in questo avvento ci chiede di rimanere nella nostra storia ma di affidargliela, con la certezza che il suo compimento non è legato alle circostanze, alle doti a nostra disposizione, alla fortuna ma alla sua volontà benedicente, al suo progetto di amore che supera ogni nostro merito ed aspettativa. La vita più semplice e ordinaria di una donna che genera e fa crescere un bambino, come la vita straordinaria di un eroe o di un astronauta, ogni vita affidata a Dio diventa storia di salvezza.