Entrando in una parrocchia del Napoletano, dove il parroco è molto amico dei Comboniani, in un angolo buio dell’ultima cappella, dedicata a S. Rocco, ho intravisto un piccolo quadro di S. Daniele Comboni. Ho pensato: da anni aiutiamo in questa parrocchia e Comboni è rimasto nascosto, quasi invisibile in quella cappella che pochi visitano. Ho anche pensato, quanti di noi, missionari e missionarie di Comboni, tengono il santo fondatore nascosto tra tanti pensieri, devozioni e impegni? Così ho pensato di ricordare alcuni insegnamenti di Comboni. Ne ho scelto dieci, chiamandoli i Comandamenti del Comboni missionario.
Questi comandamenti o consigli missionari sono presi dalla spiritualità di Comboni, frutto dei suoi incontri personali con Cristo, dalla sua preghiera e dalla sua esperienza in Africa. Con questi stessi dieci consigli e altri, Comboni ha voluto indicare ai suoi missionari il cammino autentico per vivere la propria vocazione e missione. Proponiamo questi consigli di Comboni per una buona riflessione in questo tempo di Avvento.
1.La preghiera sia la forza della missione: senza preghiera non può esserci vita di fede; e senza fede la vita missionaria crolla. Nella preghiera e nell’ascolto della Parola di Dio il missionario impara a costruire il Regno. La preghiera è il nutrimento quotidiano del missionario e un forte sostegno nella missione. Il tema della preghiera è uno dei consigli più costanti nel pensiero e nella vita di Daniele Comboni. In poche parole, molto incisive e concrete, lui sottolinea che non c’è vocazione senza preghiera e non c’è missione senza preghiera: “La preghiera è il mezzo più sicuro e infallibile per riuscire nelle opere di Dio, anche nelle opere più dure e difficili circostanze”. [S. 2624+2698]
2. Il fuoco dell’amore missionario ci avvicina sempre ai poveri: Comboni parla spesso del suo amore per i più poveri e dimenticati. Dice che i poveri hanno preso il sopravvento sul suo cuore. Lavora tra persone brutalizzate dalla schiavitù più disumana. Comboni ricorda ai suoi missionari che chiunque si offre per il difficile e faticoso apostolato dell’Africa ha una vera disposizione, fondata sul sentimento di fede e di carità, a dedicarsi alle anime più abbandonate del mondo e a propagarsi in quelle terre vaste e sconosciute il regno di Cristo. “Dovremo lavorare, sudare, morire; per Gesù Cristo, e per i più abbandonati del mondo”, [S. 2687+4147+297]
3.Essere uomini e donne con un amore profondo per Cristo: Comboni predicava che il Missionario che non avesse un forte sentimento di Dio e un vivo interesse per la sua gloria e il bene delle anime fallirebbe nella sua impresa. Comboni insegna che: “Senza gravi difficoltà le opere di Dio non vengono mai compiute; è Gesù Cristo che ci guida (…). La vita di un uomo che in modo assoluto e definitivo riesce a rompere ogni rapporto con il mondo e con le cose più care alla natura, deve essere una vita di spirito e di fede”. [S.2698]
4. Aprire i cuori a tutti con amore missionario. Per l’apostolo dell’Africa, i suoi missionari devono avere una mentalità transcontinentale. Per lui la missione è cattolica, cioè tra tutti; missione è andare oltre, a tutti e con tutti. Il missionario non può avere una visione ristretta o nazionalistica: la sua è una visione universale. La visione ampia dei suoi missionari deve dare testimonianza alla Chiesa e aiutarla a non chiudersi in sé stessa e ad aprire le porte a tutti, con preferenza ai più poveri e dimenticati. Il missionario non può vivere lontano dai problemi della gente, ma nemmeno può cadere in atteggiamenti paternalistici. Nella sua formazione porta con sé una grande sensibilità umana e sociale, con un forte senso della giustizia e della verità. Sa che i poveri sono i prediletti di Dio e si dona a loro senza condizioni. ( S. 943-944 +3156-3159)
5. Accettare e prendere la croce con amore: La missione, la croce e il missionario devono formare un trio inseparabile, proprio come è stato nella vita di Gesù. Non c’è altra strada possibile da percorrere. La missione nasce e cresce ai piedi della croce, la croce permessa da Dio, ovviamente, e non frutto di imprudenza umana. La coerenza e la pazienza sono il frutto di una croce accettata con gioia. Comboni dice: “Vedo e comprendo che la croce mi è talmente amica, e l’ho sempre così vicina, che da tempo la scelgo come mia inseparabile compagna. E con la croce, come amica prediletta e maestra saggia, con Maria come mia cara madre e con Gesù tutto mio, non ho paura. La mia Opera è in sé ardua e dolorosa e solo l’onnipotenza divina può realizzarla. Per questo ho riposto tutta la mia speranza nel Cuore di Gesù e nell’intercessione di Maria, e sono disposto a soffrire qualunque cosa per la salvezza delle nazioni che mi sono affidate, convinto che la croce costituisce il segno delle opere divine”. (S. 1710 + 3136).
6. La missione è saper aspettare: La pazienza è una delle virtù più missionarie che esista. Camminare con un popolo ed entrare nel ritmo della sua storia implica saper aspettare con pazienza ciò che accadrà, perché «chi sa aspettare fa tempo». Comboni con tutta umiltà promette: “Se non otterrò nulla, Dio si accontenterà della buona intenzione. Certo, non risparmierò la fatica, né il viaggio, né la vita, per riuscire nell’impresa: morirò con l’Africa sulle labbra» (E. 1441). E ricorda ai suoi discepoli: “Quando il Missionario ha il cuore ardente di puro amore verso Dio, e con lo sguardo di fede contempla quanto è estremamente utile, grande e sublime l’opera per la quale fatica; tutte le privazioni, gli sforzi continui, la fatica più dura e la morte stessa divengano per il suo cuore un paradiso in terra” [S.2705]
7. L’amore per la Chiesa ci mantiene attivi nell’aprire sempre di più le porte alla missione. Una Chiesa che non genera missionari è una Chiesa vecchia, noiosa e fastidiosa. Quando lo slancio missionario si raffredda, è un segno che una chiesa sta mostrando segni di invecchiamento. Comboni sogna una Chiesa più missionaria e si proclama servitore di quella Chiesa: “Ciò che non piace alla Chiesa, non piace neanche a me”. (E.971). Dio è con noi perché cerchiamo solo la sua gloria. È tempo di muovere tutti i cuori dell’universo per far amare Dio, la Chiesa, le Missioni e, soprattutto, i più abbandonati. [S.1655]. «La verità di tutto è questa: sono sempre stato franco e retto nel desiderio di rendere veri servizi alla Chiesa: per questo ho tanto sofferto e per questo sono disposto al martirio». [S.4475]
8. Lavorare insieme come cenacolo per frutti abbondanti nell’evangelizzazione. Comboni ci ricorda spesso che ogni missionario deve considerarsi come un individuo anonimo all’interno di una serie di lavoratori, a cui corrispondono solo i risultati del lavoro di ciascuno (S.2700). A volte deve accontentarsi di seminare, tra sudore infinito e in mezzo a mille privazioni e pericoli, in un lento martirio, un seme che darà solo qualcosa da raccogliere per i missionari successori. [S.2889] Insieme devono risplendere con profondo spirito missionario, scaldarsi dal fuoco dell’amore e rivelare il vangelo di Cristo, che li manda. [S.2648]
9.Saper accogliere con calore umano e fraterno: Il missionario ha bisogno di credere e crescere in una cultura che consideri la persona al centro di tutto. In questo modo impara a valorizzare l’ospitalità e l’accoglienza dei poveri. Quindi gli piace la presenza delle persone e stare intorno a loro. Vivere con le persone è scuola missionaria. E Comboni, parlando al suo popolo, promette: “State certi che l’anima mia vi ricambia con amore illimitato per tutti i tempi e per tutti gli uomini. Ritorno tra voi per non cessare mai di essere vostro e per sempre totalmente consacrato al vostro sommo bene. Giorno e notte, sole e pioggia mi troveranno ugualmente e sempre pronto a soddisfare i tuoi bisogni spirituali; I ricchi e i poveri, i sani e i malati, i giovani e gli anziani, avranno sempre uguale accesso al mio cuore. Il vostro bene sarà mio, e saranno miei anche i vostri dolori”. [S.3158]
10. Annunciare Cristo con il cuore, con la predicazione e la testimonianza di vita. La fede in Dio e l’amore profondo e personale per Gesù Cristo sono fondamentali per la vita del missionario. Senza fede non c’è missione. La fede del missionario deve diventare passione per l’annuncio del Vangelo. La credibilità del missionario si fonda sulla testimonianza di vita, comprese le conseguenze ultime. Occorre avere molta pazienza con se stessi per ricominciare ogni giorno senza lasciarsi scoraggiare dai fallimenti. La missione dell’Istituto Comboniano deve essere l’adempimento del mandato rivolto da Cristo ai suoi discepoli di predicare il Vangelo a tutti gli uomini; è la continuazione del Ministero apostolico, con il quale il mondo intero ha partecipato ai benefici del cristianesimo. E il suo scopo specifico è la rigenerazione dei centri più bisognosi e abbandonati. [S.2647] E Comboni incoraggia i suoi missionari con ottimismo ed entusiasmo: “Andate avanti dunque, fratelli e sorelle, figli e figlie del Signore. Seguiamo semplicemente questo impulso irresistibile del nostro cuore, che ci porta a predicare l’amore di Dio a un popolo che soffre tra i più dimenticati e rifiutati. Armiamoci dello scudo della fede, dell’elmo della speranza, della corazza della carità, della spada a doppio taglio della Parola divina, e marciamo coraggiosamente per conquistare per il Vangelo quest’ultima nazione dell’universo“. (S. 3127)