Abbiamo nel calendario alcuni giorni di festa. Prima di tutto la trentunesima Domenica del Tempo Ordinario, il  3 novembre, e poi la Festa di tutti i Santi, il 1° novembre. Il giorno seguente, il 2 novembre, faremo la Commemorazione di tutti i fedeli defunti. Di solito nel pomeriggio del Primo Novembre ci rechiamo nei Cimiteri (che vuol dire: luogo di riposo). Fino all’epoca napoleonica (1806 in Italia), i defunti venivano sepolti attorno alle chiese, per indicare anche visivamente che le persone decedute non erano scomparse, ma aspettavano, come tutti noi, la glorificazione alla fine dei tempi, quando Gesù apparirà sulle nubi (= con la maestà divina) per giudicare tutti (Matteo 25, 31-46). Il giudizio si ridurrà a una sola domanda circa la carità, secondo le parole di Gesù: “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Matteo 25, 40).

San Giovanni della Croce (1542-1591) diceva giustamente: “Alla fine della vita saremo giudicati sull’amore”.

Ma cerchiamo prima di tutto di afferrare il messaggio della Parola di Dio, come ci viene offerto nelle letture della trentunesima Domenica. Si tratta della professione di fede di Israele che noi conosciamo di solito come “Shemà’ Israel” (Deuteronomio 6, 4-9). Questa preghiera veniva recitata due volte al giorno dagli Ebrei, seguiti in questo anche dalla prima comunità cristiana. E vuol dire: “Ascolta, Israele!”. Sembra quasi che Dio stesso chieda al suo popolo di fare la professione di fede, perché desidera ardentemente ascoltarne la voce. Perché c’è questo atteggiamento di Dio? Quando si tratta di amore (lo vediamo durante il fidanzamento e quando gli sposi si amano veramente), mai ci si stanca di dire e di sentire: “Ti amo!“.

Allora possiamo ascoltare quello che lo scriba chiede a Gesù nel Vangelo di oggi: “Qual è il primo di tutti i comandamenti?”. Gli scribi erano i teologi di quel tempo, gli specialisti della Bibbia e della Legge Mosaica, ascoltati e rispettati da tutti. Ma non si trattava qui di conoscere la risposta alla domanda. Lo scriba la sapeva già. Voleva solo conoscere la posizione di Gesù nei riguardi dei comandamenti e della Legge Mosaica. Conosceva certamente che il Cristo si comportava in maniera libera rispetto alla dottrina tradizionale, fino ad arrivare a dire: “Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato!” (Marco 2, 27). Per questo le autorità avevano deciso di farlo morire (Marco 3, 6). Gesù appunto, nella sua risposta,non presentò il primo comandamento, cioè l’osservanza del riposo nel giorno di sabato. Nella tradizione l’osservanza del sabato, che anche Dio rispetta secondo la Genesi (Genesi 2, 3), è il primo comandamento e equivale all’osservanza di tutta la Legge Mosaica. La risposta di Gesù questo non lo dice, ma ricorda la preghiera dello “Shemà’ Israel”. E poi il Signore aggiunge una ingiunzione presa nel libro del Levitico: “Amerai il tuo prossimo come te stesso” (Levitico 19, 18). L’amore di Dio deve per forza tradursi anche nell’amore del prossimo. Il Cristo poi riassumerà il suo insegnamento con il comandamento unico: “Vi do un comandamento nuovo: Che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri!” (Giovanni 13, 34). E questo è l‘essenziale del Cristianesimo.

Ora passiamo alla Festa di tutti i Santi. E’ la festa dell’universalità della salvezza. Tutti sono chiamati al banchetto del Regno e per il Cristiano non ci può essere razzismo alcuno di sorta. Il Vangelo di oggi ci presenta le Beatitudini (Matteo 5, 1-12). Gesù sale sulla montagna e si siede, in atteggiamento di colui che insegna, perché è il nuovo Mosè. Come Mosè sul Monte Sinai ha ricevuto l’Alleanza, ora il Signore presenta la Nuova Alleanza. L’Alleanza sinaitica era stabilita fra dei servitori e il loro Signore, basata sull’obbedienza a delle leggi. Il Cristo invece, essendo Figlio di Dio, ci dona un’Alleanza tra figli  e Dio nostro Padre, un’Alleanza basata sull’accoglienza e la pratica dell’amore.

L’evangelista Matteo allora presenta le Beatitudini, che sono la “Magna Charta” di questa nuova Alleanza. Il testo greco è composto da 72 parole. Perché la cifra 72? Il Decalogo di Mosè, osservandolo, garantiva una lunga vita su questa terra. Le Beatitudini invece, messe in pratica, garantiscono una vita che supera addirittura la morte per diventare una vita eterna di comunione con Dio. La cifra 72 richiama il libro della Genesi (Genesi, capitolo 10): i popoli della Terra sono 70, più il popolo d’Israele e più un popolo forse dimenticato: abbiamo quindi 72. Al di fuori delle cifre, il significato è evidentemente l’universalità della salvezza che è per tutti. Tutti sono chiamati a sperimentare l’amore di Dio Padre e a diventare “misericordiosi” come Lui (Luca 6, 36).

Il 2 Novembre è la Commemorazione di tutti i fedeli defunti. E’ veramente bello il commento di Papa Francesco (2 novembre 2021) che dice: “La Liturgia di oggi è realistica e concreta. Ci inquadra nelle tre dimensioni della vita: il passato, il futuro, il presente. Oggi è un giorno di memoria del passato… Questa memoria ci fa capire che non siamo soli…E’ un giorno per ricordare coloro che hanno camminato prima di noi… che ci hanno dato la vita”. E’ anche un giorno di speranza, perché ci attende un cielo nuovo, una terra nuova e la santa città di Gerusalemme. E’ la “vita beata“, come la definiva sant’Agostino (354-430). E’ cioè la comunione con il Dio-Trinità, nella felicità eterna.

Ma per questo ci vuole la perfezione, la santità totale, con l’eliminazione di ogni imperfezione. Questo cammino comincia con il nostro Battesimo. Ma se si arriva alla morte e non si è ancora “perfetti”, è necessario un tempo di “Purgatorio“. Evidentemente, dopo la morte, il tempo non c’è più, perché è legato alla fisicità delle cose di questo mondo. Ma la purificazione è necessaria. Per questo pregare per i nostri cari defunti ha senso e far celebrare delle Messe per i familiari, che non ci sono più, facilita il loro ingresso nella pienezza della Beatitudine.

Per questo la Chiesa raccomanda la preghiera per i nostri cari defunti, per i quali è possibile ottenere l’indulgenza plenaria. Si comincia dal 1° Novembre fino al giorno 8 dello stesso mese e si chiede di visitare un cimitero, pregando per i defunti; oppure da mezzogiorno del primo Novembre fino a tutto il giorno seguente, ci si può accontentare di visitare una chiesa e recitare il Padre Nostro e il Credo. Si richiede inoltre la Confessione, la Comunione eucaristica e la recita del Padre Nostro e l’Ave Maria, secondo le intenzioni del Santo Padre. San Daniele Comboni (1831-1881) raccomandava la santità della vita a tutti i suoi Missionari e, per i defunti, la sua preghiera era incessante. Così scriveva al suo amico don Francesco Bricolo da El-Obeid (Sudan), il 2 agosto 1873: “Desidero soggetti, chierici, sacerdoti, o laici, santi“. E a p. Giuseppe Sembianti, superiore del suo Seminario a Verona, così scriveva, sempre da El-Obeid, il 20 aprile 1881: “Bisogna spedire in Africa Centrale dei Missionari e delle Missionarie umili, docili, semplici… Quanto all’educazione, continui come sempre ha fatto…Ci vogliono candidati santi e capaci… Dunque prima di tutto Santi e umili. Ma non basta : ci vuole anche la carità che li fa capaci!”. Un programma sempre attuale!

 

Tonino Falaguasta Nyabenda

missionario comboniano
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