In questa Domenica siamo invitati a riflettere su due punti importanti. Il primo riguarda la creazione dell’uomo e della donna da parte di Dio. Il secondo punto riguarda la santità del sacramento del Matrimonio. Dice la tradizione talmudica (= quella degli Ebrei lungo la storia) che Dio, prima di creare l’uomo, inviò l’arcangelo Gabriele ai quattro angoli della Terra per raccogliere un pugno di polvere. E da questa polvere Egli ha creato l’uomo in cui ha soffiato lo spirito vitale, cioè la sua stessa vita (Genesi 1, 27-28). Quanto ho appena detto sta ad indicare due cose. Gli uomini, di qualsiasi regione del Mondo, sono pari in dignità. Il razzismo quindi non ha fondamento biblico. Inoltre l’uomo, venendo dalla terra, non può essere eterno ed è soggetto alle leggi fisiche del mondo materiale.

Ma continuando la lettura del libro della Genesi veniamo a sapere che Adam (= uomo), per ordine di Dio, impose dei nomi a tutti gli animali: “In qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome” (Genesi 2, 19). Dare il nome significa essere superiore in dignità e avere il potere di vita e di morte sulle cose nominate. Ma in mezzo a tutto ciò che Dio ha creato e che Adam ha chiamato per nome, l’uomo (= ‘ish, in ebraico) non trova nulla che sia degno di lui. Egli cercava appunto una relazione che gli fosse degna. Allora avviene la creazione della donna da parte di Dio, perché Egli aveva detto: “Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda” (Genesi 2, 18). Fece quindi addormentare Adam e gli tolse una costola dal petto con la quale formò la donna (Genesi 2, 21-22).  L’uomo, vedendola, non gli dette un nome come per gli altri esseri, ma esclamò meravigliato: “E’ osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne!” (Genesi 2, 23). Dobbiamo saper leggere la parola di Dio e cercare di capirla nel suo significato valido anche per noi oggi. Prima di tutto la donna non è stata creata dalla terra come Adam. Inoltre quando Dio creava la donna, Adam non era cosciente, perché era addormentato. E per di più Dio ha preso “osso dalle ossa”, dal petto, dal davanti dell’uomo. Giustamente l’uomo (‘ish) ha chiamato Eva : “’ishah”. Si potrebbe tradurre con : “uoma”!. Non poteva darle un altro nome, quasi ad indicare su di lei una padronanza, una signoria. Inoltre Adam dormiva durante la creazione di Eva:  cioè ora, da sveglio, non può esercitare nessun potere su di essa. Può solo esprimere la sua meraviglia, perché in lei vede riflessa la sua immagine e insieme, come coppia, riflettono l’immagine di Dio (Genesi 1, 27).

I Padri della Chiesa (= Santi e Dottori dei primi secoli del Cristianesimo) hanno visto una relazione tra la nascita di Eva dal costato di Adam con la nascita della Chiesa generata dai sacramenti, scaturiti dal costato di Cristo (Giovanni 19, 34).

La dominazione dell’uomo sulla donna, che esiste ancora oggi in molte società, non ha senso. Il colmo è quello che dice il Corano, libro sacro dei Musulmani: “Gli uomini sono preposti alle donne, a causa della preferenza che Allah (= Dio) concede agli uni rispetto alle altre”! (Corano, sura IV, versetto 34). Da questo principio derivano la poligamia, la dominazione, il divorzio e il diverso trattamento economico, nei riguardi delle donne. Siamo ben lontani dal Vangelo!

Nel Vangelo di oggi (Marco 10, 2-16) appunto si affronta una questione importante: il divorzio. “Alcuni farisei si avvicinarono (a Gesù) e, per metterlo alla prova, gli domandavano se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie” (Marco 10, 2).

Presso molti popoli l’uomo acquista una donna (è il senso della dote versata dal marito), che diviene una sua proprietà: la può abbandonare allora quando non gli serve più. Ma questo tipo di rapporto, fondato sul possesso, non corrisponde al disegno di Dio. Mosè, conoscendo la situazione della durezza del cuore, a causa del peccato, degli Israeliti, diede disposizioni per permettere il divorzio, avendo davanti agli occhi però la difesa del più debole, cioè della donna (Deuteronomio 24, 1-4).

Ma al tempo della creazione le cose non stavano così. Dio ha creato l’uomo e la donna, perché vivano in coppia e siano fecondi. Infatti “non sono più due, ma una carne sola” (Marco 10, 8). Dio ha creato l’uomo e la donna a sua immagine e somiglianza. In quanto maschio e femmina, i due sono relazione l’uno all’altro; sono dono e accoglienza vicendevole. Formano pertanto una sola vita nell’unico amore.

In questo senso il matrimonio è immagine della Trinità, perché il nostro Dio (= Padre, Figlio e Spirito Santo) è una compagnia perfetta di persone che si amano e insieme sono la vittoria su ogni solitudine.

C’è un altro insegnamento profondo che troviamo nel matrimonio. Il rapporto maschio e femmina è figura del rapporto tra Dio e l’uomo. Lo scopriamo nella storia della salvezza, come ce la racconta la Bibbia. Dio è lo sposo e l’uomo è la sposa, che Egli ama di un amore eterno (Geremia 31, 3). Leggendo appunto la Parola rivelata, scopriamo che Dio ha per noi un amore incredibile. La prova di questo amore è la morte in croce del Figlio, di Gesù, che noi abbiamo rifiutato e condannato, con i nostri peccati. Ma il nostro destino è quello di convertirci ai piedi della Croce e, come il centurione romano, esclamare la nostra fede: “Veramente quest’uomo è Figlio di Dio!” (Marco 15, 39). Solo così entriamo nel nostro destino autentico: quello di unirci a Dio, in reciprocità di amore nella carne del Cristo, il Figlio.

Questo mistero di amore tra Dio e noi ci è stato rivelato da Gesù, nel quale Dio ha sposato indissolubilmente la nostra umanità (e ciascuno di noi).

Per questo il matrimonio cristiano è indissolubile, perché è il sacramento dell’amore sponsale tra Dio e l’uomo. Un amore che non sia fedele e totale non è il riflesso dell’amore di Dio, e non è neppure amore in realtà.

Il modello del rapporto sposo/sposa è sempre quello di Cristo con la sua Chiesa. Un mistero grande! (Efesini 5, 32).

I religiosi, le religiose e i sacerdoti che si consacrano nel celibato sono una testimonianza profetica di questo amore. Sono una profezia del mondo futuro. Infatti siamo chiamati tutti ad avere un cuore indiviso e a camminare verso la comunione con il Dio-Trinità nella vita eterna del Paradiso, là dove appunto saremo come gli Angeli (Marco 12, 25). E ci sarà solo l’amore fra di noi, resi spirituali, cioè eterni, nella Gerusalemme Nuova (Apocalisse 21, 10-27), perché Dio è carità (1 Giovanni 4, 8).

San Daniele Comboni (1831-1881) era sempre permeato dell’amore di Dio, che si traduceva nella pratica della carità verso gli abitanti dell’Africa Centrale, i più poveri e abbandonati del Mondo. Per essi era disposto a dare non una sola vita, me anche mille vite, per la loro rigenerazione. Nelle “Regole per il suo Istituto delle Missioni per la Nigrizia” così scriveva, nel 1871: “Quando il Missionario della Nigrizia ha il cuore caldo del puro amore di Dio e, con lo sguardo della fede, contempla il sommo vantaggio e la grandezza dell’Opera (della rigenerazione dell’Africa Centrale)… tutte le privazioni diventano al suo cuore un paradiso in terra”.

Il 10 ottobre è la festa/ricordo di san Daniele Comboni. Per questo, a Cordenons (PN), sabato 5 ottobre, si celebrerà il “Comboni day”, con la Messa alle ore 17e 30 seguita da una cena di beneficenza in favore di p. Luigi Cignolini, missionario comboniano in Sudan.

Siamo tutti invitati!

 

Tonino Falaguasta Nyabenda

missionario comboniano
Vicolo Pozzo 1
37129   V E R O N A