Stiamo sempre meditando il capitolo 6° del Vangelo di Giovanni: la celebre catechesi tenuta da Gesù nella sinagoga di Cafarnao. Da domenica prossima riprenderemo la lettura continua del Vangelo di Marco, fino all’inizio dell’Avvento (24 novembre 2024).

Cafarnao era la città dove Gesù stava volentieri: crocicchio di strade, passaggio di gente tra l’Egitto e la Siria, luogo di relazioni umane e di novità. Era ospitato abitualmente nella casa di Simon Pietro, il primo chiamato e il capo degli Apostoli.

Quando si va a Cafarnao, anche oggi in pellegrinaggio nella Terra Santa, si sosta sempre nella chiesa di Cafarnao, che ha la forma di un uovo e il pavimento in parte fatto di lastre di vetro. Costruita appunto sopra la casa di Simon Pietro, che la prima generazione cristiana aveva trasformato in luogo di incontro e di preghiera. Non lontano si vedono ancora i resti della sinagoga. Ed è lì che Gesù ha tenuto il discorso sul pane di vita. Ma questo discorso è rifiutato dagli ascoltatori, che avevano mangiato pane gratuitamente e vorrebbero che questo miracolo il rabbi di Nazareth lo ripetesse ancora. Per questo erano disposti a proclamarlo re (Giovanni 6, 15). Delusi dal rifiuto del Signore, molti lo abbandonarono. Anche i discepoli. “Volete andarvene anche voi?” chiese Gesù agli Apostoli (Giovanni 6, 67). Le parole del Signore sul pane di vita sono troppo dure.

Ma dove sta la durezza? Nelle sue parole o nel nostro cuore che non le accoglie? Noi siamo resi incapaci di capire a causa del nostro egoismo e le sue parole ci scandalizzano (Giovanni 6, 61). Ma che cos’è questo scandalo? Oggetto di questo sandalo è che il pane di vita sia la sua carne, data per la vita del Mondo. E’ cioè lo scandalo della Croce.

Lo dirà vent’anni più tardi anche l’apostolo Paolo: “Scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani!” (1 Corinzi 1, 23).

Per i discepoli, come per il Mondo, la Croce è segno di debolezza e di stoltezza. Noi infatti cerchiamo la forza, la riuscita, la dominazione sugli altri, la ricchezza, la potenza, anche a costo della violenza sugli altri, della guerra e di tante morti. Ma per Dio la Croce è la forza e la sapienza estrema dell’amore. Dice infatti Tertulliano (150-220 dopo Cristo), apologeta e Padre della Chiesa: “Cardo salutis caro” (= la carne di Cristo è la base, la radice, il cardine della nostra salvezza).

La carne del Figlio dell’uomo (= come dice il biblista Silvano Fausti), che forse ci scandalizza, come per gli Apostoli, invece di contraddire la sua origine divina, la rivela totalmente nel farsi dono sulla croce, un dono di amore per la salvezza di tutti. A uno sguardo umano, la croce sembra il fallimento completo. Il Messia atteso dal popolo ha in mano tutto e tutti; Gesù invece si mette nelle mani di tutti, come il pane. Invece di dominare, Gesù sceglie di servire, manifestando così il volto del vero amore, che scopriamo completamente sulla Croce, dove offre la sua vita per amore.

Le parole di Gesù, che noi (come la folla e i discepoli) consideriamo dure e inaccettabili, ci manifestano in realtà il respiro di Dio. Dobbiamo invece accogliere queste parole, superando lo scandalo che ci colpisce a prima vista. Dobbiamo accettare le parole del Figlio, per avere il dono dello Spirito e della vita di Dio. “Le parole che io vi ho dato – disse Gesù alla fine del suo lungo discorso nella sinagoga di Cafarnao – sono spirito e sono vita” (Giovanni 6, 63). Dobbiamo accogliere le parole del Figlio per avere il dono dello Spirito e della vita di Dio. E’ in questo modo che Gesù, “pane vivo disceso dal Cielo” (Giovanni 6, 51), compie l’Alleanza definitiva.

Il capitolo sesto del Vangelo di Giovanni è una rilettura del libro dell’Esodo al capitolo 16: si tratta della comprensione vera di quello che Dio ha fatto per il suo popolo, inviando la manna. Con l’aiuto del testo di Gesù che troviamo nel Vangelo di Giovanni, noi sperimentiamo ora, nella Nuova Alleanza, che questo cibo speciale, dato da Dio agli Israeliti nel deserto, è per noi in realtà il Pane-Persona, il Logos-fatto carne, divenuto pane-spezzato, cioè Cristo immolato sulla croce.

Nella celebrazione della Messa, gesto rituale, che il Cristo stesso ha ordinato di ripetere in sua memoria (Luca 22, 19), noi Cristiani, se abbiamo fede, siamo uniti alla Pasqua del Signore Gesù, nella Nuova Alleanza, e siamo il corpo di Cristo: chiamati a vivere con i suoi sentimenti, i suoi atteggiamenti, la sua vita da Figlio del Padre.

Mangiare il pane eucaristico, cioè la carne del Cristo, deve portare pure noi suoi discepoli a divenire pane per gli altri, e fare in modo che tutti gli abitanti del Mondo partecipino a questo banchetto nel Regno di Dio (Evangelii gaudium n° 36, 160, 161, 164, ecc.).

San Daniele Comboni (1831-1881) basava la vita spirituale dei suoi Missionari sul mistero eucaristico. Nel regolamento del 2 febbraio del 1879, pubblicato a Khartoum (Sudan), così diceva: “La Messa del mattino è obbligatoria per tutti e anche l’adorazione eucaristica della sera”.

 

Tonino Falaguasta Nyabenda

Missionario Comboniano
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