Il 9 luglio 2024, Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere, ha informato le guardie costiere libiche e tunisine di un’imbarcazione che ha tentato di attraversare il confine marittimo europeo.
52 migranti subsahariani avevano affrontato un viaggio durissimo nel deserto prima di raggiungere le coste: sono stati catturati dalla Guardia nazionale tunisina e portati al porto di Sfax.
Il 19 giugno scorso, la Tunisia aveva dichiarato ufficialmente, grazie al sostegno dell’Italia, che si era ampliata l’area di competenza della guardia costiera locale nella ricerca e salvataggio in mare.
Deportati verso il deserto
Secondo i testimoni, le cui storie sono state raccolte da Refugees in Libya, a Sfax, i migranti vengono picchiati, ammanettati e derubati dei loro telefoni e degli oggetti personali. La sera, sono stati trasferiti nei campi di raccolta, circondati da filo spinato. Successivamente, sono stati caricati su grandi autobus e abbandonati nel deserto al confine con l’Algeria.
Il 12 luglio, utilizzando un telefono che erano riusciti a nascondere, 25 persone di questo gruppo hanno contattato Refugees in Libya per chiedere soccorso, inviando foto e video della loro situazione.
Il 20 luglio, 18 di loro sono riusciti ad arrivare ad Algeri e si sono accampati davanti alla sede dell’Organizzazione mondiale della migrazione.
Guerra ai barchini
Il 5 aprile, sempre a Sfax, la Garde nationale tunisina, sotto la supervisione del ministero degli interni, ha intercettato un’imbarcazione con 4 gruppi di circa 200 migranti in totale. I risultati dell’operazione hanno portato alla conferma di 15 morti, con la maggior parte dei sopravvissuti che è stata successivamente deportata in Libia.
I corsi di formazione, i mezzi e l’equipaggiamento forniti dall’Unione europea e dall’Italia sono stati accusati di aver contribuito a queste morti, sia in modo diretto sia indiretto, nel territorio nordafricano, a causa dell’esternalizzazione delle loro frontiere.
Libia come
Refugees in Libya il 20 luglio ha diffuso un video che mostra un migrante subsahariano nelle mani dei miliziani libici, con la testa coperta di sangue e con i suoi aguzzini che puntano delle spade sulla sua gola. Al migrante viene chiesto, per essere liberato, 2 milioni di Cfa (circa 3 mila euro).
Questo incidente evidenzia la situazione ancora più grave che attende i migranti subsahariani in Libia.
Secondo InfoMigrants, una volta sul suolo libico, le autorità hanno rinchiuso i migranti arrivati dalla Tunisia alla fine del 2023 nelle prigioni del deserto, con oltre 500 persone ammassate in spazi ridotti e costrette a mangiare solo una volta al giorno.
Accuse negate
«Sono scioccato da queste accuse, queste osservazioni sono inaccettabili», ha affermato Houssem Eddine Jebabli, portavoce della Garde Nationale tunisina. «Non sta succedendo nulla lungo il confine con la Libia, non ci sono operazioni di deportazione. Stiamo cercando di aiutare i migranti e di effettuare salvataggi in mare».
In un’intervista a Telvza TV nell’aprile 2024, lo stesso portavoce ha spiegato che i tragici incidenti sono dovuti alla resistenza dei migranti agli agenti, i quali svolgono il loro lavoro per prevenire traversate illegali. Ha anche sottolineato che la Garde Nationale opera adottando misure che rispettano i diritti umani fondamentali.
Il Forum tunisino per i diritti economici e sociali ha condotto uno studio su un campione di 379 migranti africani provenienti da 23 paesi, residenti nelle tre principali città: Tunisi, Sfax e Medenine. I risultati preliminari mostrano che il 77% delle persone che hanno risposto alle domande ha dichiarato di aver subito violenza almeno una volta in Tunisia, sia fisica sia verbale.
Rispondendo alla domanda «Cosa può motivarti a lasciare la Tunisia?», l’80,2% ha scelto «il maltrattamento delle autorità», mentre il 62,5% ha indicato «il maltrattamento delle organizzazioni internazionali per migranti». Solo il 35,6% ha dichiarato di «sentirsi bene in Tunisia».
Il discorso di Kais Saied e arresti degli attivisti pro migranti
Nell’apertura del suo discorso davanti il consiglio della sicurezza nazionale, il 6 maggio 2024, il presidente tunisino Kais Saied ha dichiarato: «Ancora una volta, lo dirò forte e chiaro, e lo dirò a tutto il mondo, la Tunisia non sarà una terra accogliente per loro, né la loro sede».
In un altro referimento ai migranti irregolari, Saied ha aggiunto: «La Tunisia non sarà mai un punto di transito per loro».
Alla luce di questa intensificazione della campagna di sicurezza, il 9 maggio 2024 è stato presentato alla commissione legislativa generale del parlamento un disegno di legge che rafforza le sanzioni contro l’assistenza agli “stranieri irregolari”.
Tra il 3 e il 7 maggio, sono stati perquisiti i locali di almeno quattro associazioni, tra cui il Consiglio tunisino per i rifugiati, Terre d’asile Tunisie e il Consiglio norvegese per i rifugiati. L’attivista Saadia Mosbah, presidente dell’associazione antirazzista Mnemty (il mio sogno), ha ricevuto un mandato di cattura emesso nel 6 maggio.
Mohamed Ali Belhaj – Per Nigrizia