Prima che P. Lorenzo rimanesse solo nel nostro noviziato di Magambe con la partenza dei neo professi e di P. Juan Antonio, il padre maestro, desideravo recarmi per piccoli lavori nei villaggi di Gao, Netenvo, Kandao e Kasibu. La settimana scorsa mi ero accordato con Pierrot et Patrick, i due operai che avrei portato con me, perché fossero pronti per la partenza mercoledì prima dell’alba,  alle cinque e mezza.  Alle cinque ero già sul piede di battaglia, con la macchina pronta e avevo preparato la colazione per i due ragazzoni. Invece all’ora programmata per la partenza si era scatenato un bel temporale con tuoni, lampi e acqua da diluvio. Ovviamente dovevo prendere le cose con filosofia e attendere con pazienza, approfittando per pregare e fare altro scrutando il cielo in attesa delle ultime gocce. La forte pioggia cessò solo verso le otto del mattino.  Finalmente giunsero anche gli operai. Non persi ulteriore tempo e dopo una veloce colazione li imbarcai sulla cara e vecchia Land Rover stracarica.

Dopo un anno e mezzo trascorso tra la vita e la morte, e dopo aver rifatto il motore e trovato i pezzi di ricambio ormai “fuori mercato”, la macchina era quasi rinata. Questo  doveva essere il primo viaggio lungo e duro per mettere alla prova le capacità riacquistate e  la sua resistenza alle nuove fatiche. Non dovendo partecipare a sfilate di moda o a sfilate di auto veterane, il suo aspetto esterno non era stata curato. Il “maquillage” era piuttosto da pop-art, il vetro di sinistra saliva a metà garantendo buona ossigenazione e docce in caso di nuovo temporale. Le portiere, senza serrature, si chiudono dal interno con un chiavistello. Insomma , roba da far invia e mettere l’acquolina in bocca ai carrozzieri,

Alla nascita trenta cinque anni fa, “la vecchietta” era una brillante “Turbo Diesel, TD300”, ma per rispettare la veneranda e affinché non si senta giovane e gasata e si turbi troppo gli abbiamo tolto il turbo. Il motore risponde benone ma all’inizio mi preoccupava perché fumava troppo e fumare non è certo sintomo di salute, ma poi si è scaldata e miracolosamente il fumo è sparito. Il minimo è piuttosto alto e servirà una nuova regolatina alla pompa di iniezione. I freni poi hanno bisogno di due colpi di pedale per frenare come si deve.

Il cielo sgocciolava ei tergicristallo non funzionavano. Verso le nove è venuto fuori il sole. Nonostante la strada formato “gruviera” per le continue buche, i due giovanotti riuscivano anche a dormire per recuperare ore di riposo. Abbiamo viaggiato bene senza mai superare i quaranta all’ora nei tratti migliori e dopo quattro ore siamo giunti a Gao, prima tappa del nostro viaggio. Era mezzogiorno trascorso da poco. Alla cappella,  nelle case e cortili della zona, non c’era anima viva. Nessuno ci aspettava, sintomo che la notizia del nostro arrivo non ci aveva preceduto. Sentivamo un certo vuoto di stomaco. Dovevamo cercare qualcosa per tappare questo primo buco prima di iniziare a lavorare. In tutti i villaggi ci sono trattorie pomposamente chiamate ristoranti, che per insegna hanno un coperchio di pentolino piazzato su un bastone piantato nel terreno e il cui menù e fisso e povero.

Bisogna dire che Gao, in altri tempi, era un villaggio importante visto che c’era pure la stazione del treno che faceva servizio da Mungbere fino ad Aketi sul grande fiume Congo Alla fine del villaggio iniziava la “Route Royale”” che avrebbe dovuto arrivare oltre i confini del Congo fino al Nilo. Ora è un villaggio povero povero. Cerchiamo inutilmente un luogo dover mangiare, domandiamo informazioni, niente. Ci sono due negozi che vendono solo birra e bibite, ma neanche un pacchettino di biscotti. Un po’ di biscotti li ho portati in  borsa, e imbrogliamo la fame con quel poco che abbiamo. Poi ci mettiamo subito all’opera.

Pierrot et Patrick iniziano a spianare il terreno sopra o buco (fossa settica) di quattro e più metri di profondità e uno metro di diametro, piazzano le assi da “coffrage” e l’intelaiatura. Io mi occupo del montaggio della cabina di legno preparata in falegnameria a Isiro.  Prevedendo che la gente non avrebbe preparato sabbia, sassi e acqua, come mia abitudine, e con alcuni sacchi di cemento avevo già tutto caricato nella macchina. Di solito ci azzecco.

Il lavoro procedeva bene e verso le cinque del pomeriggio toh che arriva il catechista Justin  dai campi e si meraviglia della nostra presenza, poi arrivano altre persone e il “cantiere” si anima. Scende la sera è il lavoro è terminato. E’ ormai notte quando arriva dai campi, mamà Maria, la moglie del Catechista, stracarica di legna e di fatica, con i suoi tre figli. Mi ricorda tanto le nostre mamme e nonne della Carnia che rientravano a sera cariche di legna e stanchezza, proprio come Maria. Solo uno dei figli è suo gli alti due sono addottati perché rimasti orfani. Le fatiche di Maria non sono finite, deve  sistemare i figli, iniziare i lavori di casa, e far da mangiare. Si trova con tre ospiti in più, ma non si scoraggia ne si lamenta. Per noi prepara tuberi di manioca lessi e fagioli cotti in olio di palma. Sono le ventidue abbondanti quando, grazie a lei possiamo finalmente mangiare.

La notte e la stanchezza ci invitano al riposo. Arriva il temporale che dovrebbe conciliare il sono. Lascio la capanna ai due operai. Justin, Maria e i bambini prendono l’altra piccola capanna. Io scelgo di dormire in macchina per dare miglior riposo a chi è più stanco. Dormire in macchina non si rivela tanto comodo e rimedio dolori di schiena, di anche e crampi. Quando a notte fonda cessa il temporale spalanco la portiera e resto con le gambe a penzoloni all’aperto. Arriva il mattino e la penitenza finisce. Dopo il Rosario partecipato anche dalle persone del vicinato, prendiamo una tazza di citronella ben zuccherata, carichiamo “la vecchietta” e partiamo per Kandao a una quindicina di chilometri più a est.

Siamo la sorpresa del mattino. Nessuno ci aspettava. Il villaggio si anima di curiosità. Non perdiamo tempo e ci mettiamo subito all’ opera per  piazzare il capitello della Madonna che ho già preparato nei minimi particolari a Isiro. Curiosi, adulti e bambini fanno cerchio per seguire lo sviluppo tecnico. Intanto le mamme si danno da fare per prepararci una colazione, che ha l’aria di essere un pranzo. I scolaretti con le maestre ci accompagnano con il loro vivace repertorio canoro. Terminato il lavoro, con i catechisti facciamo buona accoglienza al cibo preparto dalle mamme. Questa volta c’è pesce e makeba (banane cotte in acqua). Le pentole vengono pulite proprio bene. Ringraziamo le mamme e salutiamo tutti poi ripartiamo per Gao.

Dopo Kando c’era in programmadi andare a Netenvo a 15 km sulla “royale”, per tracciare le fondazioni e i livelli per la cappella che la gente vuol costruire e per portare la statua della Madonna. Il capitello l’avevo piazzato nel viaggio precedente. Ma i catechisti di Gao, mi hanno detto che non era necessario andarci perché la gente aveva già costruito una tettoia con tetto in lamiere e che piano piano avrebbero realizzato il resto della costruzione. E’ un villaggio che lavora e non mi resta che congratularmi con loro. Questa notizia mi mette in anticipo sul programma previsto e posso iniziare il rientro a Isiro.

Mamma Maria sapendo che saremo stati di ritorno per mezzogiorno non è andata nei campi ma ci ha atteso preparandoci il secondo pranzo del giorno sacrificando un bel gallo e lessando altre makamba.  Dopo il pranzo di Kandao non avevo fame, ma per “politesse” ho preso qualcosa. Ci hanno pensato Pierrot e Patrick, eternamente affamati, assieme ai catechisti per ripulire tutte le pentole.

Poi caricato altro materiale e salutato gli amici, abbiamo iniziato il viaggio di rientro. Da Gao a Kasibu percorriamo il tratto più lungo e isolato. Un bel gruppone di faraone selvatiche attraversa la strada. E’ uno spettacolo vederle passare ordinate in fila indiana e rallento rispettandole. A Kasibuci aspettava un’altra tappa per piazzare il secondo capitello della madonna. Qui erano prevenuti del nostro arrivo. Sono intento a scendere dalla macchina e mi sento una manata sulla spalla, mi giro e mi trovo faccia a faccia con P. Claudino che in solitaria con la sua moto sta andando a visitare altri villaggi e starà via tre giorni. Dopo esserci vicendevolmente aggiornati lui risale sul suo cavallo a due ruote scioglie le redini e riprende la strada. Abbiamo concludo il lavoro in fretta.  Per fortuna qui non ci hanno preparato il terzo pranzo, ma solo dato diverse banane da mangiare lungo la strada. Anche qui la gente è contenta di questo nuovo segno della presenza e dell’aiuto della Madonna.

Poi di nuovo in macchina e via  tranquilli verso Isiro. Passiamo il villaggio di “Trois ponts” senza fermarci. Mentre facciamo tappa a Nekalagba per vedere se il lavoro delle fondazioni per costruire la nuova cappella procede. Hanno fatto solo gli scavi e siamo ancora agli inizi. Ci vuole tanta pazienza e nessuna fretta. Ho promesso di fare loro un bel altare, per questo mi hanno preparato del legname che carico sulla macchina. Lungo la strada mi fermo da mamà Marie Noele per vedere se ha qualcosa da inviare a suo papà Nicholas e ad Alegu per fare le condoglianze a Mamà Regina  che recentemente che ha perso il marito catechista.

Poi mentre inizia a scendere la sera arriviamo a Isiro e sembra che “la vecchietta” canti di gioia e mi dica; “Hai visto come sono brava adesso che ho il cuore apposto? In Italia sarei da tempo nelle mani dei “sfasciacarrozze” qui rinasco ogni volta e sono felice di lavorare a modo mio per il Signore!”