Celebriamo oggi la solennità della Santissima Trinità. Durante il tempo della Quaresima e della Pasqua, abbiamo fatto esperienza dell’azione salvifica del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. In questa domenica, dopo la Pentecoste, la Chiesa ci invita a contemplare questa azione amorosa delle tre singole persone in Dio nella loro unità e sinergia. “Questa festa è come un’oasi di contemplazione, dopo la pienezza della Pentecoste” (don Angelo Casati).

La Santissima Trinità è una festa relativamente recente. È stata introdotta nel calendario liturgico nel XIV secolo e assegnata alla domenica successiva alla Pentecoste, ritenuta la domenica più adatta, considerando che la Trinità sia stata pienamente rivelata con la discesa dello Spirito Santo. Non celebriamo una verità del catechismo, rinchiusa in una formulazione dogmatica, e nemmeno un mistero enigmatico. Si tratta di una realtà vivente, bella, sorprendente, che è al cuore della buona novella del vangelo e che San Giovanni riassume nell’affermazione: “Dio è amore” (1Giovanni 4,8).

La Trinità non è una festa particolare che va celebrata una volta all’anno, ma è il cuore e la radice della vita cristiana. La celebriamo nell’Eucaristia, tutta strutturata sulla Trinità. Inoltre, è l’espressione massima della vocazione del cristiano, la sua modalità e stile di vita. Teilhard de Chardin parla di “amouriser le monde”, ‘amorizzare’ il mondo!

Il percorso verso la fede nella Trinità

Tutti i cristiani professano la fede nella Trinità: Dio è uno solo in tre Persone”. Non troviamo questa definizione di Dio nella Bibbia e le prime generazioni di cristiani non hanno usato questa parola Trinità. Il primo ad impiegarla (“Trinitas”) è stato Tertulliano, un Padre della Chiesa (+240). La sua non è una invenzione, ovviamente, ma il frutto della sua meditazione sulla Sacra Scrittura. Nel Nuovo o Secondo Testamento non mancano le allusioni a questa verità di fede. La conclusione del vangelo di Matteo, oggi proposta dalla liturgia, ci offre la formula trinitaria più esplicita che troviamo nella Scrittura: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.” (Matteo 28,16-20). Una seconda la troviamo nel saluto finale della seconda lettera di San Paolo ai Corinzi: La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi.” (2Corinzi 13,14).

L’Antico o Primo Testamento è stato un lento e progressivo cammino di esperienza e di conoscenza di Dio che condusse il popolo d’Israele alla professione di fede in un Dio unico. Questa fede la troviamo splendidamente formulata nella prima lettura di oggi: Sappi dunque oggi e medita bene nel tuo cuore che il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra: non ve n’è altro.” (Deuteronomio 4). In questo contesto, possiamo immaginare quanto potesse essere scandaloso che Gesù si proclamasse Figlio di Dio e parlasse della persona dello Spirito Santo. I primi cristiani sono stati davvero audaci al dare inizio alla fede nella Trinità, che sarà chiaramente formulata soltanto nel IV secolo. Solo una convinzione profonda, ricevuta tramite l’insegnamento e la testimonianza di Gesù, può averli resi così arditi.

Dall’esterno verso l’intimità di Dio

L’intelligenza umana può giungere all’unicità di Dio (monoteismo) attraverso la riflessione e la filosofia. A tutti è possibile arrivare a Dio, tramite la sua epifania nella creazione. Alla trinità di persone nel Dio unico, invece, ci può guidare solo la fede in Gesù, perché “Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.” (Giovanni 1,18). Non si tratta però di una conoscenza teorica o di tipo dogmatico, che a poco o a niente serve, ma di una introduzione nella intimità di Dio, una immersione nel mistero immenso e sorprendente di Dio. Scrive Dietrich Bonhoeffer: “Non ci interessa un divino che non faccia fiorire l’umano!”.

Oggi viviamo proiettati verso il mondo e l’universo, desiderosi – giustamente – di conoscere i misteri del cosmo e della vita. Ma pochi sono interessati ad approfondire il Mistero per eccellenza! Da sempre l’umanità ha cercato di conoscere il “cosmo” che si porta dentro: “Conosci te stesso!”. E, malgrado i progressi stupefacenti delle scienze, continuiamo ad essere un enigma per noi stessi. Solo l’apertura a Dio e al suo Mistero può rivelare l’uomo a se stesso!

Questo Mistero è la chiave di lettura di tutta la realtà. Ha detto Benedetto XVI: “In tutto ciò che esiste è in un certo senso impresso il “nome” della Santissima Trinità, perché tutto l’essere, fino alle ultime particelle, è essere in relazione, e così traspare il Dio-relazione, traspare ultimamente l’Amore creatore. Tutto proviene dall’amore, tende all’amore, e si muove spinto dall’amore, naturalmente con gradi diversi di consapevolezza e di libertà.” (Angelus 7/6/2009).

La Trinità, esigenza dell’amore

Se, per un verso, il mistero della Trinità è di difficile comprensione, perché urta con la nostra logica, per l’altro potremmo dire che è facile da capire, perché è una esigenza dell’amore stesso. Un Dio in unica persona sarebbe solipsista, come potrebbe essere amore? Un amore a due potrebbe diventare un amore di reciprocità, un amore speculare, in cui i due amanti si specchiano l’uno nell’altro. È ancora un amore imperfetto. C’è bisogno di un terzo che incarna la diversità e costringa l’amore a due ad uscire dalla logica della reciprocità per integrare il diverso.

Dio creò l’umanità “a sua immagine e somiglianza” (Genesi 1,26-27), ma l’icona della Trinità non è la coppia, bensì la famiglia, ossia la coppia feconda che accoglie “l’altro” ed esce dalla logica speculare. Dio è Famiglia. In questo senso, è preoccupante la tendenza attuale crescente ad escludere il figlio, sia per costrizione sociologica, economica o lavorativa, sia per scelta della coppia stessa. La procreazione dice qualcosa di Dio. La natura porta in sé una impronta trinitaria.

La forma perfetta di comunione, quella che è il simbolo di ogni comunione, è il ‘tre’. […] Un cristiano deve avere il numero ‘tre’ come numero sacro “La mia fede è ‘tre’, la mia vita è ‘tre'”… Perché la fede non è una cosa e la nostra vita è un’altra. La nostra vita è ‘tre’. Per noi il numero ‘tre’ è la meta, è ciò per cui dobbiamo lottare. La nostra vita diventa una vita povera e incompiuta se non sperimentiamo l’amore del ‘tre’.” (card. José Tolentino de Mendonça).

Esercizio quotidiano di preghiera per la settimana:
1. Fare il segno della croce all’inizio della giornata con una particolare consapevolezza di viverla nel nome della Trinità. E alla fine del giorno, prima di abbandonarci al sonno, ripeterlo come immersione nel Mare infinito dell’Amore.
2. Ripetere di frequente, durante la giornata, come respiro del cuore, la dossologia:
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
3. Preghiamo con Santa Caterina da Siena:

Trinità eterna, sei come un mare profondo, in cui più cerco e più trovo; e quanto più trovo, più cresce la sete di cercarti. Tu sei insaziabile; e l’anima, saziandosi nel tuo abisso, non si sazia, perché permane nella fame di te, sempre più te brama, o Trinità eterna, desiderando di vederti con la luce della tua luce.

P. Manuel João Pereira Correia mccj
Verona, 23 maggio 2024