Ogni anno i vari istituti e il clero si organizzano per un periodo di Esercizi Spiritual, che è tempo di revisione, ricarica e riposo nella preghiera. Viene scelto un animatore predicatore che li diriga e dia i temi di riflessione e preghiera. I Missionari della Consolata di Isiro e dintorni, hanno chiesto a P: Xene Sanchez di dirigere il corso di quest’anno. Per avere un luogo tranquillo, “un po’ fuori dal mondo e dai ritmi quotidiani”, spartano e senza grandi pretese hanno scelto di venire nel nostro noviziato comboniano di Magambe. I quindici novizi sono assenti per alcuni mesi per fare esperienza di vita nei villaggi e nelle missioni. Terminati gli esercizi, le mie orecchie paraboliche hanno sentito padri, fratelli e laici manifestare la loro soddisfazione. Ottimo predicatore. Le mie orecchie si sono rizzate e ho chiesto a P. Xene di raccontarmi qualcosa della sua esperienza missionaria.
Padre Xene raccontami un po’ della tua vita e com’è nata la tua vocazione missionaria.
Mi chiamo Padre Xene Sanchez, e anche se il mio nome può imbrogliare le idee, non sono spagnolo o sud americano ma Filippino del Sebu, dove si parla il sebuana. In famiglia siamo sette figli, sei ragazzi e una ragazza. Lei è l’ultima del drappello, la piccola di casa. Io sono il quinto.
Allora ”magandan umaga” (“buon giorno” in Tagalo) e benvenuto tra noi. P. Xene, in quanto alla fede e all’impegno dei tuoi connazionali conservo bei ricordi raccolti e impressi a Parigi, e a Verona. A Parigi una grossa, solida e vivace comunità filippina si riuniva ogni domenica per la Messa dai padri cappuccini di Rue Boissonade. A Verona le nostre infermiere filippine erano molto impegnate a rendere viventi le loro comunità cristiane come animatrici e catechiste. Sono Cristiani con la “C” maiuscola, esempio anche per i nostri cristiani italiani spesso stanchi e demotivati.
Beh le Filippine è un Paese con l’ottantacinque per cento di cristiani. Provengo da una famiglia profondamente e radicalmente cristiana. A casa era frequente la visita di sacerdoti accolti sempre con gioia. Erano molto prossimi a noi e davano esempio di vita e d’impegno. Con queste solide fondazioni costruire l’edificio vocazionale è stata la logica conseguenza. Ero studente per il baccalaureato in preparazione agli studi filosofici. Nella nostra città, i missionari della Società del Verbo Divino hanno una grande, anziana e famosa università dedicata a San Carlo. Durante gli studi ho scoperto che tra di noi c’erano diversi seminaristi studenti a loro volta. A mia volta sono entrato nel “SVD” (Società del Verbo Divino), fondata da P. Arnold Jansen, sacerdote Tedesco, amico del Comboni, che ha fondato la prima casa in Olanda sul fiume Mosa. Anche un mio fratello entrò in seminario, ma dopo un anno capì che quella non era la sua strada e usci preferendo sposarsi. I nostri parenti erano molto contenti della mia adesione al Signore e mi hanno sempre incoraggiato. Loro sono stati chiamati a se dal Signore. Io stesso ho già spento sessantotto candeline, e sto avvicinandomi a quell’età di cui padre Neno Contran, comboniano mio amico, diceva: “Sono a una età che per i compleanni costano più le candeline che la torta”.
Tra P. Arnold Jansen e Mons. Daniele Comboni era nata una profonda amicizia. Tanto che Comboni desiderava avere dei missionari dello SVD anche per l’Africa Centrale. In una lunga lettera del 20 novembre 1879 scriveva a P: Arnold: “Dunque, amico dolcissimo, mandami un buon numero di Sacerdoti, di Chierici già provati e di Fratelli laici che, secondo il tuo parere e la tua prudenza siano ben preparati…” (Scritti 5832) Comboni, pur cavandosela bene con il Tedesco, ha scritto questa lettera in latino. Nello SVD quanti siete e in quanti paesi siete presenti.
Adesso circa seimila confratelli, provenienti di ottanta nazioni fanno parte della nostra congregazione, che è presente in una cinquantina di paesi. Quello dell’internazionalità e della diversità era uno dei “pallini” del nostro fondatore. Negli Stati Uniti ad esempio il nostro è stato il primo Istituto ad avere un seminario per i neri che erano discriminati. Nelle Filippine noi siamo oltre trecento, anche se devo dire che questo è tempo di crisi di vocazioni anche laggiù. Qui in RDC i confratelli sono più di cinquanta, in aumento. Un altro importante vantaggio è che i confratelli conoscono più lingue e quindi non abbiamo praticamente bisogno di traduttori, e possiamo essere facilmente spostati da un paese all’altro.
L’impegno dei missionari della Società del Verbo Divino era certamente l’appoggio ideale e le loro scuole, il luogo previlegiato per gli studi. Immagino che la maggior parte della tua formazione abbia avuto luogo in patria.
Proprio così. Nel mio paese, soprattutto verso il sud, molti confratelli sono impegnati nell’educazione, e allo stesso tempo lavorano in diverse missioni. Un po’ meno nel Mindanao che è una zona piuttosto delicata. Ho studiato in patria fino alla fine della Teologia, aggiungendo durante il percorso quella che viene chiamata la “Maitrise” in Teologia. Dopo l’ordinazione sacerdotale, i superiori mi destinarono come missionario in Zaire, oggi Congo. Vollero però che completassi gli studi alla prestigiosa e ben conosciuta Università Cattolica di Parigi, la celeberrima “Cathò”, dove ottenni il Diploma Superiore per gli studi Biblici. Finalmente nel 1983 giunsi in Congo e per me fu una bella esperienza. Sento che sono a metà strada tra la cultura Europea e quell’Africana, e posso capire meglio quest’ultima avendo vissuto situazioni simili nella mia terra. Abbiamo conosciuto anche noi situazioni difficili e lo sviluppo non era così spinto come in Europa… la comunicazione con la nostra gente congolese diventa più facile. Mi misi al lavoro nella Pastorale Biblica. Nel “83 c’era un solo confratello congolese che aveva studiato a Roma e che poi divenne Vescovo. In un primo periodo di tre anni, feci il “Broussard”, (prete di foresta) nel Bandundu vicino a Bagata a 400 kilometri dalla capitale. Poi fui richiamato a Kinshasa per l’animazione Biblica e anche come formatore in scolasticato per le nuove vocazioni.
Quando lo SVD è giunta in Congo?
Siamo giunti in Congo nel 1951 e com’è facile immaginare abbiamo vissuto tempi duri, sia con il passaggio del paese all’indipendenza dal Belgio colonizzatore, sia per la rivoluzione dei Simba, sia per le vicissitudini politiche, e le scelte conseguenti.
Qual è stato l’impatto con la realtà del Congo al suo arrivo?
I primi tempi nella missione di “brousse” sono stati duretti. Fuori dal mondo con strade difficili. Non avevamo né acqua né luce. Quando andavamo in visita nei villaggi non di rado facendo lunghi percorsi a piedi, o in bicicletta o in piroga sui fiumi. Giunti nei villaggi c’era sempre qualcuno che ci lasciava la capanna per dormire. Sono sempre stato colpito dalla loro generosità. Un papà si era fatto circa una quarantina di chilometri a piedi nei sentirei di foresta per venire alla parrocchia per incontrarmi e dirmi: “ Padre vieni a trovarci nel nostro villaggio. Ti dico subito che non abbiamo bisogno dei vostri soldi o altre cose, quello di cui abbiamo bisogno è la Parola di Dio e l’Eucarestia. Questo ci farà molto contenti.” Capitava di arrivare in villaggi sperduti dove trovavo poche persone, ma la gioia che esprimevano mi riempiva il cuore e bastava a farmi dimenticare la stanchezza. Avevano veramente sete della Parola di Dio.
Ora è impegnato nella parrocchia “ Nostra Signora dell’Africa” una delle vive e vivaci parrocchie della capitale, dove la gioventù è straripante?
Si! Da qualche tempo ormai sono impegnato nell’enorme capitale del Congo, e i giovani sono moltissimi e molto esigenti, partecipano alla vita della parrocchia e non si tirano indietro negli impegni. Di conseguenza quella della pastorale dei giovani è una scelta prioritaria.
Nella Capitale abbiamo vissuto le guerre che hanno portato ai grandi cambiamenti politici con la destituzione e la fuga del Presidente Mobutu e l’arrivo di Kabila che ha occupato il suo posto, finché a sua volta è stato ucciso. Le ambasciate europee lanciarono un comunicato per mettere in guardia gli immigrati, dicendo che per chi voleva partire un aereo era pronto all’aeroporto di Ndjili per l’evacuazione. Mi dissi: “ Le Filippine non ha nessuna ambasciata in Congo, quindi posso restare tranquillo al mio posto e condividere la situazione della gente”. Nonostante il grosso rischio non ho mai avuto paura. Non potevo rischiare di uscire dalla parrocchia, che si trova in un luogo nevralgico della città vicino all’”Echangeur di Lemba”. Il nostro cuoco era il termometro della situazione e m’informava sui rischi e sui pesanti e dolorosi avvenimenti di guerra in città. Riuscivo anche a riposarmi tranquillamente, così mi sentivo in forze e pronto a seguire la gente in luoghi più sicuri se ce ne fosse stato bisogno.
Il Carisma del vostro Istituto è la diffusione della Parola di Dio, cosa mi dici in proposito? Qual è il tuo impegno?
Amo molto dedicarmi alla pastorale e all’animazione biblica, ma dal 2012, il mio superiori mi ha chiesto di prendere la direzione del “Verbum Bible”, per la stampa della Bibbia nelle quattro lingue ufficiali della RDC: Lingala, Swahili, Kicongo e Tsiluba, in ventimila esemplari ogni due anni. Stampiamo anche la Bibbia di Gerusalemme in Francese, perché è molto ricercata in tutto il Paese e anche nei paesi vicini. E anche la Bibbia Liturgica a traduzione ufficiale (in sigla: BTOL) utilizzata per i lezionari liturgici, per le catechesi e per la pastorale. Una pubblicazione che interessa tutta l’Africa, il Madagascar e anche i Caraibi. Alle Bibbie si aggiunge quindi tutto il materiale correlato. Mons. Sikuli Melkisedeck di Butembo recentemente ci ha richiesto il lezionario in lingua Kinande, un altro passo avanti. La stampa delle Bibbie viene fatta in Spagna, ma abbiamo anche gli occhi aperti sulla Cina. In effetti la Cina, che non è un paese né cristiano né tanto meno cattolico, è il più grande produttore di Bibbie di ottima qualità nel mondo. La “Liloba lya Nzambe” (Parola di Dio, bibbia in Lingala) stampata in Cina non è stata mai rispedita in dietro a causa di un solo errore. I cinesi sono efficaci, curano le lingue, sono a buon mercato e ci sanno fare.
Credo che avrai poco tempo per altre iniziative.
Approfitto degli scampoli di tempo, che mi permettono altre attività. Tra le tante commissioni parrocchiali, una bella realtà iniziata nella nostra parrocchia è la Commissione Pastorale Biblica per lo studio approfondito della Parola di Dio. A tale proposito sono stato chiamato per dare dei seminari di formazione nelle varie parrocchie e ora queste commissioni bibliche si stanno moltiplicando e prendendo consistenza in molte zone. Sono molto apprezzate tanto che spesso mi sono sentito ripetere: “ Perché solo adesso? Per noi scoprire la ricchezza della Parola di Dio è un grande dono”. Oggi ci sono già degli animatori nati da queste commissioni che a loro volta vanno a sensibilizzare e dare lezioni nelle altre parrocchie. Non sono più indispensabile e sanno cavarsela benissimo da soli facendosi a loro volta missionari della Parola di Dio.
A Lemba noi Comboniani eravamo vostri parrocchiani.
Abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto con i comboniani che della redazione di “Afrique Espoir” di Lemba. Ricordo in particolare, P. Neno Contran simpatico e preparato direttore della rivista, P. Eliseo Tacchella impegnato nel “marketing” e P. Luigi Moser che veniva ad animare canto e musica.
Che cosa prevedi per il futuro in RDC?
Dopo quarant’anni qui in Congo ci sono e ci resto. La nostra congregazione ha investito e speso parecchio per farci imparare prima il francese e poi il Lingala e altre Lingue di questa gente, credo che sia un dovere restare e far fruttare i “talenti spesi”. Qui poi conosco la gente, conosco la loro mentalità, e sono contento di essere qui. Dopo questi dieci anni come direttore ho chiesto un cambio di servizio per permettere alle nuove forze di sostituirmi e di dare nuovo impulso e nuova vivacità, pronto sempre a “fare da spalla” e a nuovi impegni.
Grazie Padre Xene per questi quarant’anni vissuti in fedeltà come “distributore innamorato” della Parola di Dio.
Grazie Signore per l’esempio dei cristiani delle Filippine.