Padre Tonino Falaguasta Nyabenda
“Ora, se darete ascolto alla mia voce – dice il Signore – e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me una proprietà particolare tra tutti i popoli” (Esodo 19, 5): Israele è chiamato da Dio ad essere il suo popolo. E’ la sua vocazione, che continua per sempre, perché l’Alleanza con il Signore non viene mai meno.
Il Vangelo di oggi (Matteo 9, 36 – 10, 8) è preso dal secondo discorso di Gesù, quello sulla Missione. In effetti Matteo, scrivendo il suo Vangelo, è preoccupato di presentare il Cristo come il nuovo Mosè. E Mosè per Israele è l’autore della Torah o Pentateuco (= i primi 5 libri della Bibbia). Allora anche Gesù ha pronunciato, nel Vangelo di Matteo, 5 discorsi, preceduti da un’introduzione e seguiti dagli avvenimenti della Pasqua.
I 5 discorsi sono i seguenti: il discorso sul monte (capitoli 5-7); il discorso della Missione (capitolo 10); il discorso in parabole (capitolo 13); il discorso sulla comunità (capitolo 18) e il discorso escatologico (capitoli 24-25).
Israele ha ricevuto una vocazione, come poi, nella storia della salvezza, tanti altri personaggi: ad esempio Abramo (Genesi 12, 1), Mosè (Esodo 3, 10), ecc. Israele quindi è chiamato, per una vocazione speciale, perché Dio lo destinava a un’opera particolare. “Ascolta, Israele!” (Deuteronomio 6, 4), è il ritornello rivolto al cuore di Israele e ripetuto spesso dai profeti, per richiamare la fedeltà all’Alleanza e a una vita di obbedienza. Se Dio è il Dio di Israele, anche il popolo deve sentirsi come una proprietà di questo Dio. La chiamata, la vocazione, è un impegno del cuore e richiede la risposta di tutta la vita. Così ci spiega il biblista francese Jacques Guillet. E Gesù, come reagisce a proposito della sua azione? Egli manifesta la sua totale fedeltà al Padre e al suo disegno di salvezza. Nella lettera agli Ebrei si dice di Cristo: “Tu non hai voluto né sacrificio né offerta…. Allora ho detto: ‘Ecco io vengo per fare, o Dio, la tua volontà’!” (Ebrei 10, 5 e 7). E nel fare la volontà di Dio, il Signore chiama gli Apostoli a seguirlo, perché seguano una via nuova, di cui lui conosce il segreto, la via che porta al Regno di Dio.
“Gesù percorreva tutte le città e tutti i villaggi… proclamando il Vangelo del Regno” (Matteo 9, 35). E poi, rivolgendosi ai suoi Apostoli, aggiunse: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi!” (Matteo 9, 37).
Gli Apostoli, chiamati per questa messe, sono 12. La cifra 12 è simbolica, perché richiama immediatamente le 12 tribù di Israele. “Cominciando da Gerusalemme” (Luca 24, 47), infatti, come dice Gesù stesso ai suoi, la sera di Pasqua. L’annuncio deve essere fatto ad Israele prima di tutto. Ma il Signore invia ad annunciare il Vangelo anche a tutti i popoli della Terra: “Di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della Terra” (Atti 1, 8).
Il Vangelo di oggi presenta la vocazione degli Apostoli non all’inizio della predicazione del Signore, come ha fatto Marco (Marco 1, 16 ss.), oppure Giovanni (Giovanni 1, 35 ss.) e anche Luca (Luca 5, 1-11). Per Matteo la vocazione è legata alla Missione ed è sempre “comunitaria”, come ci fa capire anche la prima lettura (Esodo 19, 2-6). La chiamata è rivolta a ciascuno di noi, certamente. Però noi facciamo parte di un popolo. La vocazione quindi ci inserisce dentro il popolo santo di Dio, per divenire strumenti del suo Regno.
Gli Apostoli pertanto sono chiamati per essere inviati (Matteo 10, 1). La vocazione e la missione sono messe una dopo l’altra. La novità del Vangelo di Matteo è proprio questa. La Vocazione è legata alla Missione. Per questo i 12 sono chiamati all’inizio del discorso di Gesù sulla Missione. Vocazione e Missione stanno sempre assieme, perché la vocazione ad essere figli si realizza nella missione verso i fratelli e le sorelle, ai quali annunciamo il Regno di Dio, che si realizza in Gesù. La vocazione e la missione poi sono “comunitarie”, cioè vanno vissute dentro la Chiesa, perché è lì che realizziamo la “filialità”: infatti solo chi è fratello è figlio, e solo chi è figlio si fa fratello di tutti gli altri.
Prima del discorso sulla Missione, Gesù proclama dall’alto del monte, le Beatitudini (Matteo 5, 1-10) che sono la “magna charta” o il riassunto di tutto il Vangelo. E’ questo insegnamento che è affidato agli Apostoli e che deve essere annunciato al Mondo intero. Se mettiamo in pratica le Beatitudini, ed è lo scopo della Missione degli Apostoli (e di noi tutti), possiamo scoprire qual è il nostro vero volto, contemplando il Cristo che ci porta a “scoprire” il volto di Dio, che è nostro Padre.
San Daniele Comboni (1831-1881), con tutte le sue attività di Missionario nell’Africa Centrale, non cercava altro che manifestare ai popoli del suo Vicariato, il volto di Dio, cioè l’immensa bontà di un Padre, che ama tutti e vuole la salvezza di tutti. Per questo, consacrando la sua opera missionaria al Cuore Sacratissimo di Gesù, così scrisse al suo superiore, il Cardinal Alessandro Barnabò, il 15 settembre 1873, da El-Obeid (Sudan): “Ieri fu grande gioia per tutti i membri di questa Missione: abbiamo fatto la solenne Consacrazione di tutto il Vicariato al Sacro Cuore di Gesù… La festa dell’Esaltazione della Santa Croce del 1873 rappresenta un’epoca nuova di misericordia e di risurrezione per l’Africa Centrale… Ora incomincia il gran fatto della rigenerazione della Nigrizia”, con l’annuncio del Regno di Dio e del Vangelo di Gesù.
Ciao, p.Luigi, mi sei stato compagno amabilissimo per sette anni a Rebbiò e a Crema. Che il Signore ti abbia…
Mi è piaciuto moltissimo e concentra tutto il senso della vita dell' uomo
L'ho incontrato più volte a Firenze, negli anni prima del sacerdozio, ci siamo scritte delle lettere, sono andata a trovarlo…
Ciao, padre Graziadio. E’ giunta l’ora per te, di riscuotere per l’eternità, il giusto compenso per quel granfe amore che,…
Ciao Santina, perdona il ritardo nel risponderti. Sarebbe bello potersi conoscere. Ti lasciamo qui scritti i contatti in modo da…