Padre Tonino Falaguasta Nyabenda

Oggi, Domenica delle Palme, diamo inizio alla Settimana Santa, la settimana più importante dell’anno, perché durante questa settimana celebreremo il Mistero Pasquale del Signore Gesù. La settimana ordinaria è solo un settenario di giorni, nei quali facciamo memoria di quella Settimana, nella quale Gesù ha vissuto la sua Pasqua. La Pasqua per noi Cristiani è fondamentale, perché grazie a essa il tempo è divenuto eterno, e l’eternità è diventata racchiusa nel tempo. Cioè noi possiamo vivere attualmente i giorni della Passione, della Morte e della Risurrezione del Signore Gesù, perché egli si fa oggi nostro contemporaneo e nostro compagno di viaggio durante la nostra vita.

Viviamo tempi difficili. Papa Francesco parla spesso di “Terza guerra mondiale a spizzichi”. Si stanno svolgendo nel Mondo, oltre alla guerra in Ucraina, una cinquantina di altre guerre con innumerevoli sofferenze e distruzioni per l’umanità. Sappiamo però che Gesù è il nostro Cireneo e cammina con noi, portando la Croce. E, come lo ha dimostrato con il miracolo della risurrezione di Lazzaro (Giovanni 11, 1-44), il Signore ha la chiave delle tombe, ha cioè il dominio anche sulla morte, essendo Figlio di Dio. Camminiamo allora con fiducia verso il Regno di Dio, con l’aiuto dello Spirito Santo.

Oggi celebriamo la Domenica delle Palme, una Domenica nella quale siamo invitati ad accogliere Gesù come il vero Messia, ad accompagnarlo sotto il peso della Croce fin sulla cima del Monte Calvario e alla sepolture, nella tomba nuova e vuota.

Nel quarto secolo c’è stata una donna giornalista di nome Eteria (nota anche come Egeria, originaria della Galizia in Spagna) che, a partire dal gennaio 383, ha percorso i luoghi della Terra santa. Nel suo diario di viaggio, si descrive come si celebrava la Liturgia della Domenica delle Palme. Il Vescovo di Gerusalemme con tutti i Cristiani si riuniva all’Eleona, sul monte degli Ulivi. Poi in processione si andava sull‘Imbomon, in cima alla collina da dove Gesù è salito in Cielo. Da lì poi, con rami di palma e di ulivo, si scendeva fino alla basilica dell’Anastasis, in città a Gerusalemme, dove si ricorda la risurrezione di Gesù.

Anche oggi, rifacciamo lo stesso percorso, che è diviso in due momenti. Il primo: l’accoglienza di Gesù come Messia. E il secondo: la Passione, Morte e Sepoltura del Signore, con la lettura del Passio secondo san Matteo. Presentiamo allora la prima parte, l’accoglienza di Gesù (Matteo 21, 1-11). Possiamo definire questa prima parte, seguendo le indicazioni del biblista Alberto Maggi, come il grande imbroglio oppure la grande delusione. Si era a Betfage, un villaggio sul clinale del Monte degli Ulivi. Quando si parla di villaggio nei Vangeli si vuole indicare un popolo attaccato alla tradizione e che rifiuta le novità portate da Gesù. In questo caso, il Signore, facendo riferimento al patriarca Giacobbe (Genesi 49, 8-11), quando benedice i suoi figli e parla di Giuda come di colui che avrà lo scettro per sempre, dice appunto, con un’immagine, che legherà alla vite l’asina con il suo puledro. Gesù pertanto, facendo cercare l’asina e il suo piccolo, vuol far capire che sta realizzando la profezia del patriarca Giacobbe. Poi si passa a citare il profeta Zaccaria (Zaccaria 2, 14-16), che afferma che il Messia farà dell’umanità un solo popolo, ma non cavalcando un cavallo (= strumento di guerra, come oggi i carri armati), ma a cavallo di un asino. Cioè Gesù sarà un Messia di Pace.

Ma a Gerusalemme come è accolto Gesù? Stendendo i mantelli per terra, accettando cioè il suo dominio. Agitare rami di palma o di ulivo esprime la gioia di essere dominati e non liberati. Il popolo infatti si attendeva dal Messia una manifestazione di potenza e di gloria come ai tempi del re Davide. Per questo il popolo, deluso, dinanzi a Ponzio Pilato, ha gridato: “Crocifiggilo! Crocifiggilo!” (Giovanni 19, 6). Anche oggi Gesù propone una nuova relazione con Dio per tutta l’umanità. Non c’è più dominio dell’uomo sull’uomo, ma rapporti di amore, di figliolanza con Dio e di fratellanza fra di noi. Solo così è possibile la pace. Per questo Gesù ha dato la vita.

La seconda parte della Liturgia odierna è la lettura del Passio, secondo san Matteo (Matteo 26, 14 – 27, 66). Leggiamolo con calma e con attenzione, anche per conto nostro, durante la giornata. La passione e la morte del Signore ci portano a capire l’amore infinito di Gesù. Egli dona la sua vita per me (Galati 3, 14). Allo spirare del Cristo, il velo del Tempio di Gerusalemme si squarcia in due, da cima a fondo (Matteo 27, 51). Questo velo divideva in due il santuario del Tempio. Nella parte più intima, il Santo dei Santi, nessuno poteva entrare, solo il Sommo Sacerdote una volta all’anno. Questo luogo santo era considerato il sacramento della presenza di Dio, la Shekinah. Il velo squarciato sta a indicare che ora la presenza di Dio non si manifesta più nel Tempio di Gerusalemme, ma nel corpo santissimo di Gesù, immolato sulla Croce. San Paolo dirà: “E’ in Lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità” (Colossesi 2, 9). La professione di fede del Centurione (Matteo 27, 54) è fatta anche a nome nostro oggi. E ormai non ci sono più divisioni, fra pagani e fedeli, perché attualmente esiste un solo popolo, quello di coloro che seguono Gesù, Figlio di Dio e Messia universale.

San Daniele Comboni (1831-1881) era questa Fede che voleva diffondere nel suo Vicariato dell’Africa Centrale. Dopo aver composto il “Piano per la rigenerazione dell’Africa” nel 1864 e averlo fatto leggere alle massime autorità della Chiesa, così scrisse al suo superiore don Nicola Mazza, il 31 ottobre del 1864, da Firenze: “Papa Pio IX mi disse che era lieto del fatto che io mi occupassi dell’Africa. E poi aggiunse: ‘Labora sicut bonus miles Christi’ (= lavora come un buon soldato del Cristo)… Molti mi dissero che il mio Piano è l’unico mezzo per piantare la Fede nel Centro dell’Africa!”.