P. Giancarlo Ramanzini

Trevenzuolo, Verona (I) 30.11.1939 – 18.3.2023, Verona

P. Giancarlo è tornato alla Casa del Padre, dopo un breve ricovero all’ospedale Borgo Trento (Verona). È stato accompagnato negli ultimi momenti dai Familiari Amici e alcuni Confratelli. È spirato serenamente. Che il Signore lo accolga nella sua Misericordia.

Sarai sempre nel mio cuore come il primo giorno che ti ho ascoltato e visto…parlavi con amore profondo do Yeshua e trasmettevi la parola di Yeshua ed eri pieno di Luce. Ora sei diventato Luce piena,sei nella meravigliosa Bellezza di Dio Padre,abbracciato e coccolato da Yeshua e Maria….penso a questo istante meraviglioso e sono così’ felice per te che hai fatto questo passaggio nella piena bellezza di Dio. Così e’, Amen Sempre tutti noi con Dio Padre Yeshua e il Paraclito”.

Padre John, grazie x tutto! Il tuo essere stato qui con noi è’ stato prezioso… parla di noi al Grande Padre… digli che siamo birichini, ma che abbiamo tanta voglia di essere con Lui quando sarà il nostro momento”.

E un dono grande poter essere riconoscente a un sacerdote soprattutto come padre John facendogli compagnia dimostrando e contraccambiamo l’amore che ha seminato. L’ho fatta anch’io l’assistenza a John grande sacerdote e mi ha donato tanto”

Io non avuto la fortuna di conoscere tanto padre jonn ma xquello che ho visto quando l.ho incontrato mi ha trasmesso tanta paternità”

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P. Giancarlo Ramanzini nasce a Trevenzuolo, in provincia di Verona (Italia), il 30 novembre 1939. Entra ancora giovane nel seminario minore dei Missionari Comboniani di Padova.
Nel 1955 inizia il Liceo a Carraia (Lucca) e ottiene il certificato di maturità nel 1958.
Il 1° novembre 1959 è nel noviziato di Monroe (Michigan, USA), dove il 16 agosto 1961 emette i primi voti religiosi. Per gli studi teologici si sposta allo scolasticato di San Diego, in California. Fa la professione religiosa perpetua il 18 agosto 1964. Il 27 maggio dell’anno successivo è ordinato sacerdote a San Diego. In mano ha già la lettera di padre Gaetano Briani, il Superiore Generale, con la sua destinazione: Khartoum. Dopo il corso di due anni di lingua araba, il 1° luglio 1967 è a El-Obeid, ed è subito nominato parroco della Cattedrale, direttore delle scuole, in particolare della Comboni School, dove è anche professore. Si trova più a suo agio nel lavoro pastorale, che non tralascerà mai. Pochi mesi dopo, notata la sua competenza pedagogica, mons. Paolino Lukudu, comboniano, amministratore apostolico di El-Obeid, lo mette alla guida del Centro pastorale diocesano, che però non esiste se non nel desiderio del prelato. Padre Giancarlo si rimbocca le maniche, “si allea” con suor Margaret Hazzan, e i due danno vita al PALICA (Pastoral Liturical Catechetical Centre) in El-Obeid. «Era talmente infaticabile che, a volte, mi risultava impossibile tenere il suo ritmo», ricorderà più tardi la suora.
Nel 1976, in accordo con Mons. Lukudu e con l’approvazione del consiglio regionale dei Comboniani, si reca a Bruxelles per un corso di diploma in Catechesi e Pastorale, presso l’Istituto Internazionale “Lumen Vitae”. Alla fine di ottobre 1977, con l’attestato in mano, torna a El-Obeid, e riprende la direzione del Centro pastorale. Ci rimarrà fino a luglio 1982, quando è destinato a Khartoum, dove insegna al Comboni College e al seminario superiore diocesano. Presto diventa anche responsabile delle varie associazioni giovanili della città. Poco dopo, accetta di essere il cappellano dell’Università Cattolica
Nel 1993 è profondamente coinvolto nella preparazione della visita di san Giovanni Paolo II in Sudan. «Voglio che questo evento segni un “momento storico” in grado di “definire” chiaramente la Chiesa in questo Paese», ripete ai confratelli. Ed è davvero così: il 10 febbraio, alla celebrazione eucaristica in onore della Beata Giuseppina Bakhita, nella “Green Square” di Khartoum, il Papa si trova davanti un milione di fedeli cattolici. «Chi sono? Da dove vengono?», chiede il Papa, pieno di stupore, alla vista di quella marea di cristiani nella capitale di uno stato islamico. «Sono cattolici provenienti dal Sud Sudan, rifugiati qui a causa della guerra in corso in quelle regioni», gli spiega l’arcivescovo Gabriel Zubeir Wako. Che aggiunge: «Sono tutti “figli” di Daniele Comboni». C’è chi giura che, da quel giorno, la causa di beatificazione del Fondatore dei Comboniani abbia ricevuto una fortissima accelerazione. Tre anni dopo, infatti, il 17 marzo 1996, Giovanni Paolo II beatificherà Comboni.
Padre Giancarlo rimane a Khartoum per 19 anni, impegnato anche nel ministero presso la cattedrale e le molte comunità cristiane, composte per lo più di rifugiati sud-sudanesi, dislocate nelle lontane periferie della capitale.
Nel 1997, l’arcivescovo Zubeir lo nomina suo vicario generale, fino al febbraio 2001. Padre Giancarlo si butta con entusiasmo nel rafforzamento del Segretariato Diocesano per l’Educazione Religiosa: vuole formare maestri preparati e capaci di testimoniare la loro fede cristiana in quella terra musulmana.
Il 1° luglio 2001, dopo un “fraterno ma energico dialogo” con i superiori, in cui interviene anche Mons. Zubeir (che vorrebbe il suo vicario con sé per altri lunghi anni), padre Giancarlo rientra in Italia, assegnato alla Casa Madre di Verona, incaricato dell’animazione missionaria. Nel 2004, è vice superiore della comunità. Nel Veronese è conosciutissimo. Del resto, pur lontano da casa per quasi 40 anni, ha sempre tenuto stretti rapporti, non solo con la propria parrocchia d’origine, ma anche con l’intera diocesi. I gruppi missionari parrocchiali lo chiamano per conferenze e lui si rivela un abile animatore delle attività missionarie in ogni vicaria, in particolare quelle di Isola della Scala e Nogara.
Nell’ottobre 2005, riesce a convincere i superiori a lasciarlo tornare a Khartoum. Accetta l’incarico di professore al Comboni College. Undici mesi dopo, purtroppo, una grave malattia – un tumore al fegato – lo obbliga a rientrare urgentemente in Italia. È accolto al Centro Ammalati nella Casa Madre di Verona. Lentamente si riprende e torna ad essere il padre Giancarlo di sempre.
Nel 2011, i suoi confratelli lo vogliono di nuovo vice-superiore della comunità. Preferirebbe essere lasciato libero, ma accetta. Appena può, tuttavia, è fuori casa per apostolato nelle molte comunità parrocchiali della diocesi.
Nel 2019, il male è progredito. Gli consigliano “cure forti”. Lui opta, invece, per cure più blande. Gli restano ancora poche energie e le vuole spendere come “piace a lui”. Si dà da fare anche per raccogliere fondi con cui sponsorizzare nuove scuole nella regione di Kosti, e anche nella sua amata Khartoum, da dove le Suore Salesiane di Shajara gli hanno chiesto un aiuto.
All’inizio di marzo 2023, accusa un forte dolore al ventre. Resiste e tace per alcuni giorni. Poi deve confessare che non ne può più. Viene portato in ospedale, dove i dottori riscontrano un’occlusione intestinale. L’operazione sembra andata bene. Ma lui rimane debole. Il 18 marzo, muore. Il 22 marzo, alla presenza di padre Diego Dalle Carbonare, superiore provinciale dell’Egitto-Sudan, è celebrata la messa funebre nella cappella di Casa Madre. Nel pomeriggio, i funerali si tengono nella chiesa parrocchiale di Trevenzuolo.

(Padre Franco Moretti, mccj)