Padre Tonino Falaguasta Nyabenda

Questa Domenica è l’ultima prima della Quaresima. Il 22 febbraio 2023, mercoledì delle ceneri, inizieremo il tempo di preparazione alla Pasqua, la festa più importante dell’anno liturgico. Ma questo tempo non è un momento di seconda categoria. Sappiamo infatti, almeno dal Concilio Vaticano II (1962-1965) che la Domenica è definita la “Pasqua della settimana”. Allora prepariamoci adeguatamente ad avvicinarci alla mensa della Parola e a quella del Pane Eucaristico.

Domenica prossima, settima del Tempo Ordinario, ascolteremo un brano del Levitico. Questo libro è il terzo del Pentateuco, si trova cioè proprio in mezzo ai cinque libri della Torah (= Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio). Si chiama così perché destinato ai Leviti. I Leviti erano i discendenti di Levi (figlio del patriarca Giacobbe), che non avevano ricevuto nessuna porzione della Terra Promessa, perché Dio era la loro eredità e vivevano nel servizio liturgico del tempio di Gerusalemme. Il libro sarebbe stato composto in un’epoca postesilica, quindi nel 6° secolo prima di Cristo. Ma aveva una grande importanza nella vita concreta del pio Israelita. Tanto che il ragazzo, quando aveva 13 anni, doveva passare un esame appunto sul Levitico, durante la cerimonia del Bar Mitzvah (= figlio del precetto). Anche Gesù, come ricordiamo nel quinto mistero gaudioso, ha subito questo rito di passaggio. Quindi, considerato come un adulto, poteva leggere la Bibbia nelle assemblee della sinagoga e osservare fedelmente la Legge Mosaica. La perdita e il ritrovamento di Gesù nel tempio di Gerusalemme (Luca 2, 41-50) non è stata una marachella, ma un momento particolare della manifestazione del Signore come Messia, che compie la volontà del Padre (non quella di san Giuseppe e di Maria Santissima).

Siate santi – dice il Levitico, – perché io, il Signore, vostro Dio, sono Santo” (Levitico 19, 2). Anche Gesù si rifà a questa tradizione, perché era figlio del suo popolo e ne aveva ereditato la cultura e la religione. Ma vi ha aggiunto qualcosa di nuovo. Così Egli aveva detto nel suo discorso programmatico: “Avete udito/Io però vi dico…” (Matteo 5, 21/22), per ben sei volte, perché Egli è venuto non ad abolire, ma a compiere la Legge e i Profeti (Matteo 5, 17). In che cosa consiste questo compimento? E questa è la novità!. Si tratta di avvicinarci a Gesù, di accogliere il suo insegnamento, per mezzo del quale arriviamo al compimento della Legge antica, e cioè al suo perfezionamento. Dobbiamo avere il compimento della Legge come ha fatto Gesù, quello che proviene dal suo cuore, dove regna l’amore del Padre. La “giustizia” di Gesù è l’amore del Padre. Per questo ci invita a superare la giustizia degli Scribi e dei Farisei. La loro giustizia era basata sull’osservanza letterale dei 613 precetti della Legge Mosaica. Tra l’altro era qualcosa di umanamente impossibile. Lo ha spiegato molto bene l’Apostolo Paolo nella lettera scritta ai Gàlati, nella quale ci insegna che la Legge Mosaica è stata per noi come un pedagogo (Galati 3, 24), cioè un maestro che ci aiuta a crescere nella conoscenza. Ma ora abbiamo la fede in Gesù, che ci rende “figli della promessa” fatta ad Abramo. La realizzazione di questa promessa è il Cristo (Galati 3, 16). Grazie alla fede in Gesù noi siamo resi figli e figlie di Dio. Allora san Paolo può esclamare: “Non c’è più Giudeo, né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù!” (Galati 3, 28). Una vera rivoluzione, non compiuta dall’apostolo Paolo, ma da Dio, per mezzo del suo Figlio, “nato da donna” (Galati 4, 4). Noi poi abbiamo ricevuto lo Spirito del suo Figlio (= lo Spirito Santo), che ci fa pregare, invocando Dio: “Abbà! Padre!” (Galati 4, 6).

Allora come spieghiamo il Vangelo di oggi (Matteo 5, 38-48)? “Per la durezza dei vostri cuori” (Matteo 19, 8), ha risposto Gesù ai Farisei. Nella Bibbia si parla appunto del peccato originale, nel quale ogni uomo e ogni donna è immerso, perché tutti appartenenti all’umanità (Genesi 3, 1-24). “Siamo tutti figli di Caino!” esclamava, commentando questo pagina della Genesi, il grande poeta francese Victor Hugo (1802-1885). “Occhio per occhio e dente per dente!” (Matteo 5, 38= è una citazione di Esodo 21, 24, di Levitico 24, 20 e di Deuteronomio 19, 21). E’ la famosa “legge del taglione”; cioè un male può essere vendicato solo da un male corrispondente. E questo, nella società umana è stato un grande progresso, a quel tempo. Vigeva infatti la legge di Lamech, figlio di Metusaèl, discendente di Caino. Egli diceva: “Sette volte sarà vendicato Caino, ma Lamech settantasette!” (Genesi 4, 27). Il codice di Hammurabi, re di Babilonia (18° secolo prima di Cristo) limitava già la vendetta a un danno uguale ed era evidentemente per allora un grande progresso per la società. A questo codice si è ispirata anche la Bibbia. Da qui la “legge del taglione”. Ma Gesù fa un grande passo in avanti, une vera rivoluzione, perché Egli invita i suoi discepoli ad imitare la giustizia del Padre: “”Voi dunque siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste(Matteo 5, 48). Allora il Cristo può aggiungere: “Io però vi dico di non opporvi al malvagio” (Matteo 5, 39). Anzi addirittura arriva a dire: “Amate i vostri nemici!” (Matteo 5, 44). Con questo insegnamento Gesù si è attirato la derisione e il sarcasmo di tutti i critici e i nemici del Cristianesimo, a cominciare da Celso (2° secolo), per arrivare a Niccolò Machiavelli (1469-1527), a Voltaire (1694-1778), a Friedrich Nietzsche (1844-1900), a Jean-Paul Sartre (1905-1980), ecc. Ma non c’è altra soluzione: alla Legge del Taglione non ci si può opporre che con la Legge del perdono. Solo così la vita umana diventa possibile e la catena della violenza può essere interrotta. Si potrà allora vivere in pace. Imitiamo quindi il Padre Celeste che “fa levare il suo sole su cattivi e buoni e fa piovere su giusti e ingiusti” (Matteo 5, 45).