Padre Tonino Falaguasta Nyabenda

In questo anno A (del ciclo di tre anni pastorali: A, B, e C) leggiamo il Vangelo di Matteo. Abitualmente, ma non oggi. Il Vangelo di oggi (Giovanni 1, 29-34) è tratto dal Vangelo di Giovanni. Perché? Nella sua saggezza, la Chiesa ci invita ad abbandonare gli orpelli del Tempo Natalizio e a soffermarci a contemplare il Verbo che si è fatto carne (Giovanni 1, 14). Siamo invitati a scoprirlo e ad accoglierlo, con l’aiuto della testimonianza di Giovanni il Battista.

Abbiamo appena celebrato il funerale del Papa emerito Benedetto XVI, un grande pastore. Tanto che il Cardinal Muller, prefetto emerito della Congregazione per la dottrina della fede, lo definisce: “Il sant’Agostino del nostro tempo” e cioè un “maestro e dottore della Chiesa”. E che cosa ci insegna Benedetto XVI? Ci insegna chi è il Cristo: noi dobbiamo scoprirlo, adorarlo, seguirlo.

E’ esattamente quello che la liturgia di oggi ci fa capire. Dice il profeta Isaia: “Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria… Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della Terra” (Isaia 49, 3 e 6). Ed è in Gesù che questo si realizza. Egli è l’Israele fedele. Anzi Gesù è il servo, o meglio il Figlio di Dio, che, fattosi carne (Giovanni 1, 14), diventa la nostra salvezza. Ed è quello che Giovanni il Battista viene a testimoniare. Nel quarto Vangelo non si narra nei dettagli come Gesù sia stato battezzato nel fiume Giordano. Lo abbiamo visto Domenica scorsa nella festa del Battesimo del Signore (Matteo 3, 13-17). Nel quarto Vangelo tutto questo si presuppone. Ma è presente Giovanni il Battista che dà la sua testimonianza. Infatti egli dice: “E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio” (Giovanni 1, 34). Sulla bocca di Giovanni “Figlio di Dio” può essere un’allusione al Salmo 2, 7 (un salmo messianico) che dice: “Voglio annunciare il decreto del Signore. Egli mi ha detto: ‘Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato’!”. Per noi, dopo aver letto il Prologo del 4° Vangelo, si tratta di una testimonianza sulla Parola diventata carne.

La testimonianza che il Padre ha dato di Gesù in occasione del battesimo (Marco 1, 9-11), qui diventa la stessa di Giovanni. Ma che cosa dice il Battista, appena lo vede? Esclama: “Ecco l’agnello di Dio che toglie il peccato del Mondo!” (Giovanni 1, 29). “Ecco” dice Giovanni, meglio più esattamente grida: “Guarda!”. Ma c’è solo lui e Gesù. Con lui ci siamo anche noi, invitati a contemplare qualcuno di straordinario, ad accogliere il Messia.

Gesù è l’agnello di Dio. In diversi libri del Nuovo Testamento Gesù è definito come agnello: 4° Vangelo, Atti, 1 Pietro e Apocalisse. Questa definizione proviene dal Vecchio Testamento. Gesù è come il Servo di Yahvé (= Dio). Il profeta Geremia si paragona a un agnello, che resta muto quando è condotto per essere ucciso. Ad esso rimandano gli evangelisti, quando parlano di Gesù muto davanti alle autorità (Matteo 26, 63 e Giovanni 19, 9).

Gesù è anche l’agnello pasquale. Quando si trattava di liberare il popolo di Israele dalla schiavitù d’Egitto, Dio diede ordine di immolare un agnello e di ungere con il suo sangue gli stipiti della porta delle loro case. Così sarebbero stati risparmiati nel passaggio dell’Angelo sterminatore dei primogeniti egiziani (Esodo 12, 23).

Nella lingua abituale di Gesù, l’aramaico, agnello si dice “taliya”, che vuol dire anche : fanciullo oppure servo. Era facile allora paragonare Gesù al vero Agnello pasquale. Per di più nel Vangelo di Giovanni si dice che Gesù è immolato quando nel tempio venivano offerti gli agnelli per la Pasqua, per questo, come per l’agnello pasquale, non gli furono spezzate le gambe, perché era stato scritto: “Non gli sarà spezzato alcun osso” (Esodo 12, 46), citato da Giovanni 19, 36.

Allora Giovanni il Battista, dopo aver visto lo Spirito di Dio scendere su di Lui come una colomba e avere inteso la voce del Padre (Matteo 3, 16-17), poteva esclamare: “Io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio” (Giovanni 1, 34). Giovanni il Battista è grande; in lui vediamo il cammino che porta alla scoperta del Logos (= la Parola), che diventa carne. Egli ci insegna anche le disposizioni che dobbiamo avere per scoprire il Messia. Il suo battesimo è un riconoscimento della nostra fragilità e del nostro desiderio di essere salvati. Cosa che scopriamo in Gesù. Giovanni rappresenta l’Israele che crede nel Dio che promette ed è sicuro che la promessa sarà realizzata. E lo scopre. Egli grida allora: “Ecco!”. Guarda! Guardiamo Gesù e crediamo in Lui, vero Agnello di Dio che toglie il peccato. Egli cioè toglie in noi l’”opzione fondamentale” distorta che abbiamo fin dalla nascita, perché siamo umani, impastati di peccato. E ci rende tutti, mediante il Battesimo, figli e figlie di Dio.

San Daniele Comboni (1831-1881) voleva che tutti gli abitanti del suo Vicariato Apostolico dell’Africa Centrale fossero battezzati, perché potessero scoprire il vero Dio, quello di Gesù, Padre misericordioso e pieno di amore per tutta l’umanità. Nelle Regole per il suo Istituto del 15 marzo 1869, così scriveva: “Ogni missionario, nelle relazioni con gli Africani in Missione, deve avere sempre presente l’unico scopo per cui ha abbandonato patria, famiglia e tutto, ed è quello di guadagnar anime a Cristo con l’annuncio del Vangelo e con il battesimo”.