Padre Vincenzo Percassi

 

Giunto il tempo Maria diede alla luce un figlio, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia.” Tutto è così fattuale, così umano, così normale. Eppure, questo semplice fatto è il compimento di un’antica profezia di Isaia carica di promesse: questo figlio non è semplicemente un uomo tra tanti perché sarà chiamato Dio potente, consigliere ammirabile, principe della pace. Questo figlio ha in comune con noi la natura, la carne, l’umanità. Eppure, continua Isaia, Egli è come una grande luce che splende nelle tenebre. Non una luce al posto delle tenebre, ma al loro interno. Una luce che, da dentro, illumina la natura di tutte le cose e che lentamente è destinata ad espandersi e ad assimilare a sé ogni cosa che si lascia illuminare. In lui il cielo e la terra si incontrano in maniera tale che assumendo la nostra carne e la nostra umanità Gesù ne cambia il destino, potremmo dire che ne cambia la consistenza: noi eravamo destinati a morire, a perderci nell’oscurità ed ecco che proprio nella notte Dio fa risuonare un vangelo: anche nella notte piu buia vi e’ un cammino verso la luce. Non si tratta di un cambio magico ma di una possibilità offerta a chi desidera mettersi in cammino. Se Dio nasce bambino vuol dire che egli ha voluto seminare la vita eterna nella piccolezza e quindi invitarci a credere che noi tutti possiamo crescere proprio a partire dalla nostra piccolezza. Dobbiamo crederci. Credere – come scrive Paolo a Tito – che la grazia di Dio è apparsa, si è fatta visibile, coesiste in un certo senso con la nostra crescita umana e con il nostro percorso di vita. Dobbiamo credere che Dio è con noi e che la sua grazia è capace di farci crescere in modo tale che la nostra vita sia una sorta di gestazione al termine della quale vi è anche per noi una nascita spirituale che ci fa diventare figli di Dio. Non lo siamo ancora in pienezza ma lo diventiamo con l’aiuto di questa grazia che si è fatta visibile per la prima volta nella mangiatoia di Nazareth e che nel nostro oggi, ogni momento della nostra vita, continua ad educarci, a pedagogizzarsi – direbbe San Paolo -cioè a farci crescere nel rispetto della nostra libertà, come una madre fa crescere il suo bambino senza forzature o manipolazioni. Ciò vuol dire che la stessa grazia del Natale può diventare visibile nella vita di tutti coloro che credono nella misura in cui questi si lasciano da essa trasformare proprio nel loro modo di vivere quotidiano. Noi vivevamo nel l’empietà, continua San Paolo, cioè in una vita distratta superficiale, una vita praticamente senza Dio, un vivere per il quale Dio non era veramente necessario. Ed ecco che la grazia del Natale ci insegna a vivere nella pietà, riaccende nel nostro cuore il senso religioso, cioè la capacità di vivere ogni cosa a partire dalla consapevolezza che il nostro destino non è il caso o il nulla ma la comunione con la vita divina. Questa consapevolezza che la scrittura chiama pietà ti permette di affrontare ogni circostanza della vita con il sentimento di poterti affidare ad una paternità buona e generosa che ti custodisce e ti fa crescere. In particolare, ti fa crescere nella libertà. Per questo, continua San Paolo, quando vivevamo nell’empietà eravamo dominati dai desideri mondani, da desideri cioè esterni a noi, connessi con l’ammirazione, il potere, quei beni e quei piaceri che ti danno sicurezza in questo mondo, ma che alla fine ti legano ad esso come una catena perché dominano la tua libertà. La pietà che la grazia del Natale semina nei nostri cuori e ci conduce invece a vivere secondo i desideri di un cuore purificato, un cuore che San paolo definisce “sobrio”, capace cioè di discernimento e quindi “zelante nelle opere buone”, cioè capace di fare il bene con gioia e senza coercizione perché appunto libero. Più la nostra vita cambia in questo senso, più diventa evidente, per noi e per gli altri, che questo cambiamento non è semplicemente l’espressione dei nostri sforzi ma di una grazia che è capace di farci nascere, di introdurre la novità nella nostra natura stanca ed invecchiata. Il Natale introduce nella nostra natura invecchiata e stanca la tenerezza e al contempo tutta la vitalità forte di una nuova vita. Gesù ha dato sé stesso per noi-conclude San Paolo- per formarsi un popolo che gli appartenga, un popolo cioè che sia suo a partire dal sangue e dalla carne, un popolo con cui avere una piena comunione di vita. Perché dunque questo grande mistero del Natale, questa grazie di Dio che si è fatto visibile non è sempre così efficace? Perché il mistero del Natale si compie in maniera così discreta, così docile, così umile che può essere distrattamente ignorato scartato disprezzato. non a caso il mistero del Natale si realizza durante la notte e non c’era posto per loro nell’albergo. Eppure, proprio mentre quasi tutti dormono distratti, migliaia di angeli annunciano l’inizio dell’opera di Dio nel tempo e nello spazio a pochi pastori disposti allo stupore ed all’ascolto. Siano questi i sentimenti da ritrovare in questo Natale: lo stupore e l’ascolto. È tutto vero. È tutto fattuale’ È un avvenimento. Dio è con noi per sempre affinché noi impariamo ed essere per sempre con Lui