Siamo al 2 novembre, tempo di lumini, crisantemi e preghiere  per ricordarci di chi è partito e che resta “diversamente vicino”. E qui, ancor prima di cominciare,  mi viene spontanea una parentesi che riguarda la mia brava nonna Paolina. Questa santa donna la notte del due novembre preparava la cena per noi e… per i morti. Era una Craighero, un cognome che denota l’origine austriaca (i Kraigher). Mi diceva che quella notte i nostri mortidi famiglia tornavano in Carinzia da dove erano venuti, e che, per affrontare meglio il viaggio avrebbero mangiato da noi. Ero piccolo e andavo a letto presto, dormendo come un ghiro. Non ho mai saputo se veramente i nostri morti passero a far cena… Chissà???…

Non divaghiamo troppo e torniamo in RDC. Alcuni  confratelli  in Congo ci resteranno per sempre,  seminati per dare frutto a suo tempo. Anche qui a Kinshasa ci sono confratelli sepolti, ma in luoghi differenti. Noi, qui presenti oggi nella comunità di Kingabwa, sede del Provinciale e casa di accoglienza ci siamo divisi in due gruppi per andare a celebrare l’Eucarestia dove invece sono loro presenti. Mi sono aggregato al P. Provinciale e a FrèreJeanmarie che andavano a Kimwenza dove sono sepolti Fratel Ivan, con cui ho vissuto a Butembo e suor Carmen, sorella che tenuto conto del fatto che le comboniane non hanno cimitero,ha chiesto ospitalità nel nostro. Con suor Carmen, una suora superdotata di umiltà e serenità tanto da conquistare il mondo, ho vissuto nella missione di Ndedu nei lontani anni “80, e ne conservo un gran bel ricordo.

Sveglia alle tre, doccia alle quattro e partenza alle cinque. L’autista era il P. Provinciale che conosce tutte le deviazioni senza bisogno di “tomtom”. A quel ora il traffico cittadino sta facendo le prime prove e si può viaggiare con serenità e discretamente veloci…. finché si viaggia sulle strade importanti… poi, appena giri a sinistra e entri nelle vie di quartiere che vanno verso Kimwenza, sono dolori e ansie. Ogni volta che passando da Kinshasa sono stato in visita lassù, ho fatto strade nuove…Nuove? Un corno!!!! Le colline della città sono di sabbia e con le piogge le strade franano nelle valli sottostanti, e di li non si passa più. Nuova strada, nuova frana. Le strade poi diventano greti di torrenti dei “canyons” erosi, stretti e sprofondati, dove si raccoglie tutta la spazzatura di abitazioni, mercati e passanti. C’è traffico abbondante di moto e meno di macchine. Sabbia, buche e vecchi pneumatici antierosione complicano la vita di chi guida. Rischi ad ogni momento di investire la  moto cheviene alla carica anche se non c’è spazio per passare. Roba da farti venire i crampi dalla tensione.

A Kimwenza siamo accolti dai giovani confratelli, vecchi amici. Entriamo nella cappellina per la Celebrazione Eucaristica. E’ già al “top” con uno stuolo di giovani suorine con abiti diversi,  sgargianti, di disegni e colori vivaci, con capigliature da modelle. Vengono dalla comunità vicina e cantano le lodi e la Messa, accompagnate dal ritmo del tamburo che una di loro percuote magistralmente. Cantano così bene da far concorrenza agli angeli e certamente la cosa piace alla SS. Trinità. Dopo la Messa andiamo a salutare Fratel Ivan e suor Carmen e benedire le loro tombe.

Ci fermiamo per condividere non solo la colazione ma anche le notizie di cui ognuno è ricco. Poi noi tre prendiamo la via del ritorno. Fino al “rondpoint” Ngaba, le difficoltà sono nel limite del “difficoltoso-tollerabile” per dirla in termini “neo-muisicali”. Ma arrivati li vicino, cominciano i dolori: devi avere occhi spalancati su tutti i quattro lati della testa, e non lasciare neanche dieci centimetri di spazio ai quattro lati della macchina. I motociclisti con a bordo tre passeggeri e mercanzie, si incastrano tra le macchine e i camion in tutti isensi, rischiando la pelle. Anche i pedoni rischiano grosso facendo percorso a ostacoli nel labirinto tra moto, macchine e camion.Devi sopportare gli insulti e le minacce, e saper trasformare le tempeste in bonaccia. Superare il “Rond Point Ngaba” ha dell’eroico. Ti scappa continuamente di dire “roba da matti”! Mi domanderete: “Ma non ci sono i poliziotti?”. Si ce ne sono e anche molti. Non sanno cosa fare, che pesci pigliare,  Qualcuno i pesci se li prende in faccia. Ho visto uno di loro che si dava da fare con “l’un per mille”, cioè voleva fare indossare il casco, del resto obbligatorio, al unico motociclista arrivatogli a tiro tra i mille e forse di più, senza casco. Non mi stupirei nel vedere i poliziotti calvi, per aversi strappato i capelli dalla disperazione.Penso che tutta quella gente, autisti, pedoni, commercianti, poliziotti, mamme e bambini andranno dritti in Paradiso quando sarà ora, senza passare da altre rotatorie da incubo. Sento pena per loro che sono in guerra per “sbarcare il lunario” e a sera portare a casa qualcosa da mettere sotto i denti per sfamare le famiglie. Quel “rondpoint”, come tanti altri in città, è un luogo che ti mette ansia, angoscia, ti fa venire il mal di cuore, ma ti richiama alla compassione.

Superato il punto nevralgico, viaggiamo discretamente bene per qualche chilometro. Poi di nuovo a passo d’uomo. Entriamo in un breve raccordo laterale. Un grosso camion, da dove un gruppo di ragazzi sta scaricando sacchi di cemento, ostruisce mezza strada. Cerchiamo di passare di lato, ma un’altra macchina che viene in senso opposto, ci incastra. Ne noi ne loro possiamo far retromarcia. Altri mezzi ci sono addosso. Tanto per completare l’opera una quindicina di motociclisti con moto-taxi sono già accatastati davanti a noi completando lo sbarramento. Fossi stato alla guida mi sarei messo a piangere dal nervoso,  invece tutti loro con calma e pazienza sono riusciti a farci strada “andando per fossi” come si dice da noi.

Un ultimo intoppo: Per attraversare la corsia opposta del “Poidslourds” (la camionabile), per imbroccare l’Avenue Metallurgie, dove c’è casa nostra,qui i camion, macchine, moto e pussu-pussu (carretti spinti a mano per trasporti mercanzie di ogni tipo), restano incollati uno all’altro e non lasciano passaggio. Bisogna darci dentro di forza e incastrarsi di traverso, finché si riesce a bloccare il traffico e passare sull’altra sponda a stento, incoraggiati dal concerto trionfale di claxon. A sera, chissà in che stati arrivano a casa questi autisti e questa gente, martiri ignorati della strada.

Penso: “Ognuna di queste persone è una lezione, direi “è un miracolo”, e ognuna è amata da Dio in modo unico, in modo speciale. Cosa farei io al loro posto?”. Sento la vergogna dei previlegiati, che hanno tutto e di più e si accorgono sempre meno di poveri “Lazzaro” dei tanti Rond Point Ngaba.