Padre Tonino Falaguasta Nyabenda
Le letture di questa Domenica ci fanno riflettere su ciò che possediamo e ciò che abbiamo, che ci permette di vivere. Il versetto 13 del capitolo 16 di Luca è fondamentale. Gesù ha detto: “Non potete servire Dio e mammona”! E’ una delle perle preziose del Vangelo. Certamente fa parte delle: “Ipsissima verba Christi” e cioè: le autentiche parole di Gesù. Cerchiamo di spiegare questo versetto, perché è la chiave che ci permette di comprendere il pensiero di Gesù su come dobbiamo gestire la nostra vita. Servire significa “essere schiavo”. Schiavo è colui che appartiene a un padrone e quindi non è libero. E Mammona è un padrone che schiavizza. Nel testo italiano della Messa di oggi al posto di Mammona si dice ricchezza. Il significato della parola aramaica è : tesoro sotterrato. Se poi si va all’ebraico, si trova: sicurezza materiale. Nel Medio Evo, in special modo Pietro Lombardo (1095-1160), filosofo e teologo, Mammona era il démone dell’avarizia o Belzebù. Chiaramente l’insegnamento di Gesù è forte e si inserisce nella linea dei profeti. Come Amos (secolo VIII prima di Cristo). Quando mi trovavo in Burundi come Missionario, esattamente nel settembre del 1974, durante la Messa domenicale ho commentato questo passo di Amos, soprattutto quando si parla di bilance false (Amos 8, 5). Non l’avessi mai fatto. La polizia intervenne immediatamente, accusandomi di ingiuriare le autorità che in quei momenti stavano organizzando il mercato del caffè. Era notorio che, soprattutto nel pesare i sacchi di caffè, c’erano degli imbrogli. Ma mi si disse che ero andato a cercare i passi della Bibbia espressamente per calunniare i responsabili. Mostrai allora il Lezionario delle letture domenicali stampato dai Vescovi nella lingua locale (il Kirundi), già qualche anno prima. Niente da fare. Noi Missionari di Gisanze (diocesi di Muhinga in Burundi) eravamo “nemici del popolo”…. E fummo invitati a lasciare il paese, qualche tempo dopo. Ma la Parola di Dio resta e il profeta Amos ha parlato secoli prima di Cristo e il suo discorso è sempre attuale. “L’amministratore dell’ingiustizia – ha detto Gesù – si è comportato saggiamente!” (Luca 16, 8). Come? Un ladro!? Non è l’imbroglio che Gesù loda, ma l’astuzia nell’assicurarsi un avvenire. E il Signore lo elogia, invitandoci a fare come lui. I beni di questo mondo (= mammona) vanno gestiti per quel che sono, secondo la loro natura. Essi sono sempre un dono, anche se accumulati con ingiustizia, un dono che può essere salvifico solo se messi a disposizione di tutti. Ma qual è l’atteggiamento del Cristiano nei riguardi della ricchezza? “Guai a voi, o ricchi – ha detto Gesù, – perché avete la vostra consolazione” (Luca 6, 24). E’ una condanna assoluta. Che dire? Il Signore ci annuncia il Regno di Dio, che è la comunione perfetta con Lui, nel dono di un amore assoluto. Per entrare nella casa del Padre e per ricevere tutto, bisogna dare tutto. Non si può servire allora due padroni; bisogna scegliere o Dio o Mammona. E’ una legge fondamentale. Dobbiamo quindi riflettere seriamente, perché il denaro è un padrone spietato. “E’ più facile – ha detto Gesù, – che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel Regno di Dio” (Matteo 19, 24). Soltanto i poveri sono abilitati ad accogliere la Buona Novella del Regno di Dio. Oppure quelli che acquisiscono il loro atteggiamento verso i beni di questo Mondo (Isaia 61, 1). Gesù, pur essendo ricco perché Figlio di Dio, si è fatto povero e si è svuotato della sua grandezza, per poterci arricchire delle sue immense grazie. Dice infatti san Paolo che Gesù “da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2 Corinzi 8, 9). Rinunciare alla ricchezza non significa vivere come dei pezzenti. Al seguito di Gesù vi erano anche persone provviste di mezzi, come Giuseppe di Arimatea (Matteo 27, 57), e anche Nicodemo (Giovanni 19, 39). Il Vangelo non ci chiede di sbarazzarci della ricchezza (solo chi è chiamato lo può fare, come i Religiosi con il voto di povertà e per il Regno dei Cieli: Matteo 5, 3), ma che ci si senta responsabili dei poveri, che li si mantenga con il lavoro, con la condivisione, con l’accoglienza, con la generosità. Appunto perché questo richiama la generosità di Dio (2 Corinzi 9, 11). E poi Gesù ha detto, secondo san Paolo, che c’è “più felicità nel dare che nel ricevere” (Atti 20, 35).
Ascoltiamo anche l’insegnamento di Papa Francesco a proposito dei beni di questo Mondo, che siamo chiamati a far fruttificare per il bene di tutti. La pigrizia è condannata apertamente dal Vangelo; basta leggere la parabola dei talenti (Matteo 25, 14-30). “Nei primi secoli della fede cristiana – dice Papa Francesco, – diversi sapienti hanno sviluppato un senso universale nella loro riflessione sulla destinazione comune dei beni creati…
San Giovanni Crisostomo diceva che ‘non dare ai poveri parte dei propri beni è rubare ai poveri…; quanto possediamo non è nostro, ma loro’!… Faccio mie le parole di Papa Giovanni Paolo II: ‘Dio ha dato la Terra a tutto il genere umano, perché essa sostenga tutti i suoi membri, senza escludere, né privilegiare nessuno’!” (enciclica “Fratelli tutti”, n° 119 e 120).
San Daniele Comboni (1831-1881) è stato impressionato, nel suo primo viaggio nel centro dell’Africa nel 1857, dalla situazione di estrema miseria nella quale si trovavano i popoli dell’Africa Centrale. Decise allora di dedicare la sua vita per la loro rigenerazione. Così scriveva a don Pietro Grana, parroco di Limone, il 9 marzo 1858: “Qua a Kich (Sudan) i vivi e i moribondi giacciono in terra avvolti in cenere… E’ una cosa deplorabile la miseria d’ogni genere che vi è qui fra le tribù dell’Africa Centrale. Oh! Se tanti sacerdoti bravi della diocesi di Brescia, che ora stanno neghittosi fra le mura domestiche, vedessero tanti milioni di anime nella situazione miserabile in cui vivono… se potessero con un volo trasportarsi qui… sarei sicuro che diventerebbero tanti Apostoli dell’Africa Centrale!”.
P. Tonino Falaguasta Nyabenda