DANIELE COMBONI, 10 Ottobre 1881-2021
SAN DANIELE COMBONI: CENNI BIOGRAFICI:
Autunno 1857: partono per il Sudan cinque missionari mandati da don Nicola Mazza di Verona, sacerdote educatore ed evangelizzatore. Fine 1859: tre di essi sono già morti, due rifugiati al Cairo, e a Verona torna sfinito il quinto. È Daniele Comboni, unico superstite degli otto figli dei giardinieri Luigi e Domenica, e sacerdote dal 1854. Riflette a lungo su quel disastro e altre difficoltà incomtrate, giungendo a conclusioni che saranno poi la base di un “Piano”, redatto nel 1864 a Roma. In esso Comboni chiede che tutta la Chiesa si impegni per la formazione religiosa e la promozione umana di tutta l’Africa. Il “Piano”, con le sue audaci innovazioni, è lodato, ma non decolla. Poi, per avversioni varie e per la morte di don Mazza (1865), Comboni si ritrova solo, impotente. Ma non cambia. Votato all’Africa, alla “Nigrizia”, ne diventa la voce che denuncia all’Europa le sue piaghe, a partire dallo schiavismo, proibito ufficialmente, ma in pratica trionfante. Quest’uomo che sarà poi vescovo e vicario apostolico dell’Africa centrale, vive un duro abbandono, finché il sostegno del suo vescovo di Verona, Luigi di Canossa, gli consente di tornare in Africa nel 1867, con una trentina di persone, fra cui tre padri Camilliani e tre suore francesi, aiuti preziosi per i malati.
Nasce al Cairo il campo-base per il balzo verso Sud. Nascono le scuole. E proprio lì, nel 1869, molti personaggi venuti all’inaugurazione del Canale di Suez scoprono la prima novità di Comboni: non solo ragazze e ragazzi neri che studiano, ma maestre nere che insegnano. Lui l’aveva detto: “L’Africa che aiutare l’Africa; l’Africa si deve salvare con l’Africa”.
Poi si va a Sud: Khartum, El-Obeid, Santa Croce,e inizia la sua lotta per la giustizia e la difesa della sua gente: rimprovera i pascià, combatte gli schiavisti, libera gli schiavi e aiuta i più poveri. Nell’autunno 1881 riprendono le epidemie: vaiolo, tifo fulminante, con strage di missionari e suore in Khartoum desolata. Comboni assiste i morenti, celebra i funerali, e infine, la notte del 10 Ottobre 1881,muore circondato dai suoi missionari e missionarie, e da una folla piangente. Ha 50 anni.
Era nato il 15 marzo 1831. Dall’Italia, dopo la sua morte, si chiede ai suoi di venir via, di cedere la missione. La risposta dall’Africa è chiara e unanime: ” Siamo figli di Comboni, siamo comboniani !”. E non abbandonano l’Africa. Oggi il Sudan di Comboni ha la sua Chiesa, i suoi vescovi, il suo Cardinale, i suoi Santi. Ha anche il suo patrono: Daniele Comboni, proclamato Santo da Giovanni Paolo II il 5 ottobre 2003.
COMBONI, UN VESCOVO MISSIONARIO AUDACE
Comboni era un uomo di una visione ampia della Chiesa, della missione e della storia. In mezzo a non poche difficoltà e incomprensioni, Daniele Comboni intuisce che la società europea e la Chiesa cattolica sono chiamate a prendere in maggior considerazione la missione dell’Africa Centrale. A tale scopo, si dedica ad una instancabile animazione missionaria in ogni angolo d’Europa, chiedendo aiuti spirituali e materiali per le missioni africane. E come strumento di animazione, in favore della sua missione, crea una rivista missionaria, la prima in Italia. La sua fede incrollabile nel Signore e nell’Africa lo porta a far nascere, rispettivamente nel 1867 e nel 1872, l’Istituto maschile e l’Istituto femminile dei suoi missionari, oggi conosciuti come Missionari Comboniani e Suore Missionarie Comboniane. Comboni fu un uomo lanciato verso il futuro, la cui voce mai tacque sognando un’Africa nuova, un’Africa che occupasse il suo posto nella Chiesa e tra i popoli.
LE SUE SCELTE PREFERENZIALI
Comboni ebbe un indirizzo chiaro: i popoli dell’Africa centrale che in quel momento storico gli apparivano come “ i più necessitosi e derelitti dell’universo”. Così li aveva visti quando si era deciso a diventare missionario dell’Africa; così li aveva incontrati anni più tardi, nel febbraio del 1858, arrivando a Santa Croce, nel cuore del Sudan meridionale.”L’Africa che tutti hanno abbandonato e dimenticato” diventa la sua passione. Tra le sue scelte, fece sua la lotta contro la schiavitù e il mercato di esseri umani. La schiavitù era stata abolita con trattato di Parigi del 1856, ma, al di là dei pronunciamenti ufficiali, prosperava vergognosamente. Comboni non esita un istante ed entra con decisione nella lotta contro la tratta degli schiavi. In tutta l’Africa centrale, gli unici luoghi di libertà sono le missioni di quel giovane sacerdote Daniele Comboni, il quale arrivò ad essere definito dalle autorità locali “il capitale nemico della schiavitù”.
UOMO DI FRONTIERA
Comboni fu un personaggio che sfugge a tutti i nostri criteri di normalità. L’Africa nella quale si avventurava era un continente ancora inviolato, che ingoiava uno dietro l’altro missionari ed esploratori. Comboni scelse di andare a fare il missionario in questa terra, pur consapevole che ben difficilmente ne sarebbe tornato vivo. In Africa vivevano popolazioni definite ,ingiustamente, primitive dagli Europei. Ebbene, è a queste popolazioni che decise di portare il cristianesimo. E’ giusto quanto afferma Giampaolo Romanato a questo proposito:”Comboni apparteneva a quel genere particolare di uomini per i quali la certezza di fede è un moltiplicatore di energie, una spinta inesauribile a superare sé stessi. Ciò lo pone sullo stesso piano di Matteo Ricci, di Francesco Saverio, cioè dei maggiori missionari della storia della Chiesa, tutti uomini i quali trovarono nella sicurezza della loro fede le risorse per affrontare la diversità, per capirla senza rifiutarla, per studiarla e arricchirsi col nuovo e lo sconosciuto”.
AL SERVIZIO DI UN POPOLO MISTERIOSO
Comboni visse all’inizio del colonialismo, era imbevuto della stessa cultura della superiorità europea di cui si nutrì lo spirito coloniale. Ma Comboni pensava all’autosufficienza del continente, quando l’Europa ne stava progettando la spartizione. Lontano dalla mentalità del colonialista, Comboni assomiglia a un terzomondista con la sensibilità ed entusiasmo dei giovani di oggi. Leggendo i suoi scritti troviamo anticipazioni di quella che oggi chiamiamo cooperazione allo sviluppo, lontano da assistenzialismi inutili. Realizzava scuole, ospedali, colonie agricole, opere formative che dovevano elevare l’africano senza snaturarlo, senza deculturarlo, rispettandolo nella sua alterità. Pur essendo figlio dell’Europa ottocentesca, di un continente al culmine della propria potenza e superiorità, egli era pienamente convinto che l’Africano non fosse un essere da rendere simile agli europei, ma un essere umano al pari dell’europeo, meritevole di considerazione proprio a partire dalla sua specificità, dalla sua cultura, dalle sue tradizioni, Pochi uomini, nel secolo in cui visse, hanno mostrato la stessa considerazione per la bellezza e la specificità africana.
FONDATORE DI UNA CHIESA AFRICANA
Anche in ambito strettamente missionario le sue idee precorrono convinzioni più moderne. La cristianizzazione dell’Africa era per Comboni un processo di imprevedibile lunghezza e complessità, al termine del quale sarebbe stato il cristianesimo a doversi spogliare del proprio rivestimento ideologico occidentale, non l’africano obbligato a rinunciare ai propri valori. Comboni crede negli Africani. L’Europa pensa che l’Africa sia incapace di arrivare da sola alla civiltà perché è convinta che tutto ciò che non è europeo non è civiltà. Comboni crede che l’Africa, per arrivare ad essere un vera nazione, deve rimanere Africa; sogna una chiesa viva e non una chiesa-colonia spirituale di Roma. Oggi la chiesa africana è chiesa attiva e vivace. Ottanta anni dopo la sua morte, nel Concilio Vat. II, i vescovi Africani erano circa 70, mentre nel concilio Vaticano I non esisteva neppure un vescovo nero. Nel sinodo del 1969 la voce dei vescovi africani ha segnato sentieri di rinnovamento, e nel 1994, con il sinodo africano, la Chiesa africana ha chiesto di essere ascoltata di più.
COMBONI, UN ITALIANO AFRICANO
Daniele Comboni si era ardentemente innamorato dell’Africa. La sua esperienza e la sua spiritualità di comunione e partecipazione gli avevano fatto scoprire la legge divina dell’ incarnazione. Innamorato dell’Africa, si sposò indissolubilmente con essa. E l’amò sino alla fine. Se il cuore di Cristo palpitava per gli africani, anche il cuore di Comboni continuò a palpitare per l’Africa. Avrebbe voluto fare di più, amare di più. Aveva desiderato mille vite per poter fare di più. Aveva desiderato cento cuori per amare di più la sua gente. Il suo cuore aveva scelto una terra dimenticata, abitata dagli emarginati del suo tempo. Lo Spirito di Gesù lo spingeva e gli diceva che era necessario annunciare il regno di Dio agli ultimi, così come il Signore aveva fatto con gli esclusi del suo tempo. Senza pregiudizi e con amore senza limiti.
P. Teresino Serra
Fonti:
Famiglia Cristiana, Domenico Agasso: il santo del giorno
Domenico Agasso: Un profeta per l’Africa, Ed Paoline 1991
Rivista Jesus: Intervista a Giampaolo Romanato su Daniele Comboni, 2003
Giampaolo Romanato: Daniele Comboni, Ed Rusconi , 1998