Era il lontano 2005 nella missione di Rungu (RD Congo)… Durante le ore di scuola la piccola e simpatica Georgine per non restare sola a casa dalla zia veniva a trascorrere il suo tempo nel veranda della missione. Georgine aveva già l’età per andare a scuola, ma non poteva andarci perché era sordomuta e non poteva certo seguire le lezioni. Non esisteva niente che potesse esserle di aiuto per la sua istruzione. Ero preso dal lavoro e non avevo tempo per prestargli molta attenzione, gli davo dei fogli e un po’ di matite colorate e lei si impegnava cercando di fare disegni.

Recandomi nei villaggi per seguire le costruzioni di cappelle ho trovato altri bambini e bambine sordomute, o come si dice oggi “non udenti” abbandonati a se stessi senza poter accedere alla scuola. Mi sono domandato cosa potevo fare per loro. Così è nata l’idea di una scuoletta a livello parrocchiale per loro. La mia comunità fu subito d’accordo appoggiando l’idea. Lasciati a loro stessi nei loro villaggi, i bambini sordomuti non avrebbero avuto la possibilità di accedere neanche alle classi elementari e sarebbero rimasti nell’ignoranza, privati di un loro diritto primario.

Non avendo che poche idee e nessuna competenza in materia, capivo che il primo passo era trovare insegnanti disponibili e prepararle per una scuola così speciale. Trovai due brave maestrine, Justine e Denise che erano entusiaste dell’idea. Non erano preparate e presi la risoluzione di inviarle a turno nella città di Butembo a oltre settecento chilometri da Rungu, dove i fratelli Assunzionisti avevano aperto una scuola per bambini e ragazzi non udenti.

Justine, partì per prima e ritorno dopo alcuni mesi entusiasta, gassata e preparata per iniziare questo nuovo servizio. Aveva ben acquisito il linguaggio dei segni e alcune tecniche essenziali per l’insegnamento, lasciando da parte la logopedia fonetica. Abbiamo così dato vita a questa scuola semplice e informale a livello parrocchiale. Iniziammo in nuovo anno scolastico con sei bambini, vivaci e pieni di buona volontà, ma al loro primo approccio con lo studio e con la disciplina scolastica. Scegliemmo di dedicare la scuola a P. Giuseppe Ambrosoli, santo padre missionario e medico comboniano che ha dedicato la sua vita ai malati in Uganda, e che presto sarà Beatificato. Da allora i bambini sordomuti della scuoletta furono ribattezzati da tutta la gente del villaggio con il nome di “Ambrosoliens”.

Fin da subito i bambini diedero prova di una intelligenza vivace, di spunti di creatività e di capacità di studio che supplivano alla loro menomazione. Il sabato prendevo tutti i bambini e gli insegnanti per uscire nei villaggi. Se il primo scopo delle uscite era fare “educazione artistica”, insegnando loro le basi del disegno e la copia dal vero, l’altro scopo era rendere visibile la loro presenza e la loro capacità alla gente. Tra loro Dieudonné e Lucie erano le promesse dell’arte ambrosoliana perché erano artisticamente dotati. Ancora adesso che sono adulti. Nutrono la loro passione artistica e ritornano volentieri assieme ai piccoli ambrosoliens per fare disegni di pirografia su legno.

Oltre alla preoccupazione per la loro formazione intellettuale sentivo che era necessario dare loro anche delle buone basi per imparare un lavoro che potesse loro permettere di esprimersi nella vita e guadagnarsi di che vivere. Per iniziare, occupando i pomeriggi, scelsi i due sbocchi di lavoro più semplici: la falegnameria per i maschietti e il “taglio e cucito” per le femminucce. Dedicavano ovviamente anche tempo alle attività ricreative, al teatro e al “canto gestuale”.

La gente di Rungu e dei villaggi iniziarono ad accorgersi di loro e apprezzare la nuova scuola. In breve gli “ambrosoliens” poterono competere con i bambini che frequentavano le scuole normali. Supplivano al loro handicap con una gran voglia di imparare, con una maggior vivacità e in breve anche con uno “spirito di corpo” e solidarietà tra loro fuori dal comune. Divennero lezione viva per gli altri bambini, per i loro insegnanti e la gente del luogo.

All’inizio del quarto anno scolastico gli allievi erano giù una ventina. Già dai primi anni Justine la loro maestra che faceva da direttrice della scuola si esprimeva così:

Posso dire che l’incontro con i bambini sordomuti ha cambiato la mia vita, perché mi accorgo che il Signore mi ha condotto su di un camino che non conoscevo e mi ha dato una vocazione nuova e bella. Ovviamente le difficoltà all’inizio non sono mancate, direi che ce ne sono sempre di nuove e che non mancheranno mai, ma sono delle sfide da affrontare che aiutano a rettificare il cammino che la scuola sta facendo. Al primo anno, trovandoci a insegnare ai bambini sordomuti, benché preparate come insegnanti, noi stesse ci sentivamo sordomute, incapaci di comprendere e di comunicare. Ci è stata molto di aiuto l’esperienza e la solidarietà degli amici di Butembo, e poi al centro Bondeko di Kinshasa, dove abbiamo fatto i nostri primi passi in questa nuova realtà”.

Abbiamo organizzato dei momenti di formazione per aiutare i genitori e i fratelli degli allievi a comunicare con loro, e renderli partecipi delle attività scolastiche. Durante le lezioni per i parenti si toccano anche problemi che riguardano i figli in generale: La buona alimentazione, l’igiene, la prevenzione delle malattie. Si toccano anche i rischi a cui i bambini sordomuti sono esposti come gli incidenti della strada, o le “tracasseries” e non per ultimo le violenze e abusi sulle figlie sordomute che non possono difendersi. Ben presto, dopo varie visite delle autorità, la scuola, prima del suo genere nella Diocesi di Isiro –Niangara, entrò a far parte del sistema scolastico nazionale.

Per noi comboniani si avvicinava a grandi passi il momento di lasciare la Missione di Rungu consegnandola nelle mani del clero diocesano. Avevamo la fortuna della presenza delle volontarie del Coe di Barzio che si occupavano già della formazione dei bambini con la scuola materna, la scuola elementare “Angela Andriano” e nella collaborazione con le altre scuole del villaggio. Prendemmo contatti con le responsabili tra cui Lisetta che seguiva e dirigeva in particolare la presenza del Coe a Rungu e si dichiararono favorevoli a prendere la responsabilità della scuola per sordomuti, cosa che ci dava serenità e garanzie nuove sullo sviluppo della scuola.

Nei primi anni soltanto i bambini sordomuti di Rungu e dei villaggi non più lontani di 10 km potevano usufruire della nuova scuoletta. Ma visitando i villaggi più lontani si incontravano bambini nella stessa condizione, i cui parenti chiedevano alle volontarie del Coe di aiutarli.

Il Coe, con Nadia e Georgine più competenti nella gestione e nella direzione delle scuole, diedero un ulteriore impulso formando nuovi insegnanti e sviluppando le strutture. Fu costruito un “convitto” per accogliere i bambini che vengono da lontano, con personale per la cucina e per l’ assistenza diurna e notturna degli allievi. Ogni anno Maria Antonietta del Coe organizzava e dirigeva sessioni di formazione per gli insegnanti, per arricchire le loro conoscenze e le capacità di insegnamento. La maggioranza degli allievi provengono da famiglie cristiane. Tenendo conto delle difficoltà dei bambini ad avvicinarsi alle realtà spirituali e al Vangelo, si è cercato fin dal inizio di curare questo aspetto formativo con il linguaggio dei gesti. Partecipano attivamente alla Celebrazione eucaristica, con la preghiera, con la danza, e con il servizio come accoliti. L’abbé Vincent de Paul, ha preso a cuore la loro formazione spirituale e a sua volta si è impegnato nel apprendimento del linguaggio dei segni per celebrare la Messa anche con loro.

Nei nostri giorni, dal piccolo seme di senape dei primi tempi, è nato un albero bello e rigoglioso. Gli allievi sono su per giù una settantina, provenienti anche da villaggi lontani. La scuola “P. Giuseppe Ambrosoli” di Rungu è diventata stimolo per la riflessione sull’attenzione ai bambini meno fortunati, e fermento per nuove iniziative nella nostra sperduta regione. A Isiro i padri Domenicani hanno seguito l’esempio di Rungu e hanno iniziato una scuola simile.

Devo ringraziare il Signore per averci messo nel cuore la preoccupazione per questi bambini meno fortunati, perché la loro presenza sia un segno luminoso pere tutti e che generi attenzione e rispetto.

Fr Duilio Plazzotta