Dalla Familia Comboniana

P. Tarcisio Agostoni era nato a Desio, provincia di Milano, il 23 no-vembre 1920. A tredici anni entrò nel seminario comboniano di Pado-va e poi a Brescia. In quegli anni studiò anche musica e imparò a suonare l’organo, abilità che gli tornarono utili, più tardi, in Africa. Do-po i due anni di noviziato a Venegono e lo scolasticato a Verona, Ro-ma e Rebbio (a causa della guerra) fu ordinato sacerdote il 20 aprile 1946. Ritornò di nuovo a Roma per conseguire la laurea in filosofia. P. Tarcisio, nella sua lunga vita, ha portato avanti una mole di lavoro ec-cezionale, nonostante il fisico minuto e una salute non proprio robu-sta.

Nel 1950 fu destinato all’Uganda dove ha trascorso 44 anni: un pri-mo periodo, dal 1951 al 1969, e poi dal 1979 al 2005, con una interru-zione di dieci anni a Roma, quando fu eletto Superiore Generale.

In Uganda cominciò a insegnare filosofia nel seminario di Gulu, ma anche musica e canto. S’impegnò nella preparazione dei catechisti, degli insegnanti delle scuole cattoliche e delle piccole scuole sparse nella boscaglia intorno alla parrocchia, nella formazione del laicato, promuovendo in particolare l’Azione Cattolica.

Nel 1956 il vescovo di Gulu lo nominò direttore diocesano dell’Apostolato dei laici. Pio XII nella Evangelii Praecones (1951) invi-tava i missionari a promuovere la Dottrina Sociale della Chiesa e P. Agostoni si sentì chiamato a questo apostolato. Nel 1956 fondò due riviste: “Verità e Carità” (Truth and Charity), per sensibilizzare il clero, e “Leadership”, per la formazione cristiana e sociopolitica dei laici e per prepararli a prendere in mano le sorti della nazione. Molti dei suoi articoli, più tardi, furono raccolti e pubblicati nel libro “Il manuale di ogni cittadino” (Every Citizen’s Handbook).

Nel marzo 1961 i vescovi dell’Uganda lo scelsero, assieme ad altri quattro sacerdoti, per avviare il Segretariato della Conferenza Episco-pale Ugandese. Dovette quindi lasciare Gulu e stabilirsi a Kampala. Era responsabile dei settori dell’Apostolato dei Laici, dei Servizi Socia-li e del Servizio Informazioni della Conferenza Episcopale.

Nell’ambito dei Servizi Sociali, s’impegnò nella promozione della donna, istituendo anche dei club dove s’insegnavano varie materie, tra cui puericultura, igiene e alfabetizzazione. Per la promozione dei laici, organizzò l’Uganda Social Training Centre, dove si tenevano corsi di amministrazione, economia, contabilità e informatica. Prese a cuore le condizioni dei bambini abbandonati e orfani, cercando di tro-vare famiglie ugandesi che li adottassero per toglierli dall’orfanotrofio e farli crescere in un clima di vera famiglia.

Nel 1964 collaborò ai preparativi per la cerimonia di canonizzazione dei ventidue Martiri d’Uganda, fissata per il 18 ottobre a Roma, e in quell’occasione riuscì a portare a Roma un folto numero di pellegrini ugandesi. Tra loro c’era anche Denis Kamyuka, uno dei tre giovani graziati dal re all’ultimo minuto. Così, in San Pietro, per la prima volta risuonarono i tamburi africani.

Nel settembre del 1965 ritornò per quattro mesi in Italia come Segre-tario dei Vescovi Africani al Concilio. Nel 1967 vi ritornò di nuovo per il Congresso Internazionale dell’Apostolato dei Laici. Per P. Tarcisio, questo, fu un periodo di grande attività, in cui ebbe molti contatti sia con il governo ugandese che con le Chiese protestanti, con l’islam e con il movimento ecumenico.

Nel 1968 un sacerdote africano lo sostituì nel Segretariato dei Ve-scovi. All’inizio del 1969 fu nominato Cancelliere della Curia arcive-scovile di Rubaga (Kampala) con due incarichi specifici: la costruzione del nuovo santuario dei Martiri d’Uganda e la preparazione e organiz-zazione del viaggio di Paolo VI in Uganda (1969).

A maggio del 1969 dovette tornare a Roma per partecipare al Capi-tolo Generale, durante il quale fu eletto Superiore Generale. Essendo stato eletto anche per un secondo mandato, mantenne questo incari-co per un totale di dieci anni (1969-1979). Scriveva P. David Glenday nel 1996, in occasione del 50° anniversario di ordinazione sacerdotale di P. Tarcisio: “Lo si ricorda come il Superiore Generale che ha affron-tato con apertura ed equilibrio gli anni dell’immediato dopo Concilio, che ha dato un apporto decisivo al cammino di riunificazione dei due rami dell’Istituto (FSCJ e MFSC), che ha guidato il rinnovamento della nostra Regola di Vita e della nostra formazione di base, che ci ha condotto verso nuovi orizzonti della missione ad gentes e che, alla fi-ne dei suoi due mandati, è ritornato a vivere con la passione ed ener-gia di sempre quella missione che è particolarmente ‘sua’, l’Uganda”.

Il suggerimento del Capitolo del 1975, di “studiare la possibilità di un futuro impegno”, si tradusse, due anni dopo e per volontà di P. Tarci-sio, in un viaggio (durato 45 giorni) che lui stesso fece in Asia, ac-compagnato da P. Pietro Ravasio. Le tappe – con tempi e finalità di-verse – furono nove in tutto: Bahrein, Pakistan, India, Tailandia, Filip-pine, Giappone, Hong Kong, Taiwan (Taipei) e Indonesia. Al suo ritor-no, P. Tarcisio stese una relazione che non sembrò attirare grande attenzione, anzi, sembrò essere messa da parte. Ma non fu così. Nel-la relazione, infatti, si suggeriva l’apertura nelle Filippine per avere vo-cazioni e in preparazione alla missione in Cina. E, come sappiamo, nel 1987, si ebbe l’apertura ufficiale nelle Filippine, a Manila.

Alla scadenza del suo secondo mandato come Superiore Generale, a P. Tarcisio fu chiesto di ritornare in Uganda nel Segretariato della Conferenza Episcopale, soprattutto per riprendere i Servizi Sociali e le Attività Pastorali. Nel settore delle Attività Pastorali, P. Tarcisio inco-raggiò i vescovi a pubblicare delle Lettere Pastorali. Lui stesso, pub-blicò una lettera programmatica: “Riprendere la vita con un cuore e uno spirito nuovo”. Di fronte alla situazione di incertezza e di sofferen-za del Paese, li incoraggiò anche a istituire la Commissione di Giusti-zia e Pace.

Nel 1987, il nuovo governo decise di rivedere la Costituzione che era ancora quella lasciata dai colonialisti. Vescovi e politici chiedevano a P. Tarcisio di ristampare il suo libro “Il manuale di ogni cittadino”, an-che perché pochissimi erano preparati a questo compito e alla demo-crazia che, come scriveva P. Tarcisio, “fiorisce solo in uno stato dove regnano la legge e il rispetto degli altri”. Del manuale, però, non pote-va fare semplicemente una ristampa, perché la sua documentazione si era fermata al tempo della stesura del libro, cioè al 1960, e non conteneva i successivi e importanti documenti della Dottrina Sociale della Chiesa, dal Concilio Vaticano II in poi. Così ne scrisse un altro, molto più esteso (da 150, le pagine diventarono 447) che pubblicò nel 1997. Questo manuale, accolto favorevolmente sia dai cattolici che dai protestanti, divenne basilare per chiunque fosse coinvolto nel campo sociopolitico e fu adottato in varie Università africane.

P. Tarcisio era anche un volto noto della televisione ugandese ed è stato direttore dei programmi di “Radio Maria-Uganda”. Scrisse nume-rosi saggi, conferenze, articoli su Nigrizia, Leadership, MCCJ Bulletin e altre pubblicazioni.

Forse l’attività meno conosciuta è stato il suo apostolato religioso e sociale tra i detenuti della prigione di Luzira (Kampala), iniziata quasi casualmente nel 1991. A questo ministero, così importante ed impe-gnativo, P. Tarcisio ha dedicato buona parte del suo libro autobiogra-fico: “Memorie”, pubblicato nel 2006, e nel quale racconta la sua e-sperienza con i prigionieri di Luzira (Kampala) e con i condannati a morte che spesso attendevano più di vent’anni l’esecuzione capitale. Un buon numero di questi non erano neppure colpevoli, stando ai capi di accusa e al modo in cui erano stati formulati. A volte, poi, gli avvo-cati si presentavano in tribunale senza nessuna preparazione e senza nemmeno aver studiato il caso loro affidato.

Di fronte a queste situazioni, P. Tarcisio cominciò a darsi da fare per i prigionieri e a contattare avvocati impegnati per la giustizia e la veri-tà. Cercò di coinvolgere persone influenti non solo in Uganda ma an-che a livello internazionale e iniziò una campagna per l’abolizione del-la pena di morte. Scrisse anche un libro il cui titolo era già una provo-cazione: “Può lo Stato uccidere?” (May the State Kill?). Dice P. Tarci-sio: “Numerose sono state le reazioni: approvazione, rigetto, meravi-glia, rispetto, ecc. Sta di fatto che, dalla pubblicazione del libro (1999) a oggi (2006), nessuna esecuzione è stata decisa”. In questo suo mi-nistero è stato guidato non solo dalla sua capacità dialettica e dalla sua preparazione filosofica e scolastica, ma soprattutto dal suo amore per il popolo d’Uganda, per la giustizia e la verità.

Dal 2004 P. Tarcisio è vissuto quasi sempre in Italia, pur continuan-do, per un certo periodo, ad appartenere alla provincia d’Uganda. Ha dedicato i suoi ultimi anni al ministero e alle ricerche storiche, pas-sando vari periodi in cura, principalmente nelle comunità di Milano, Roma e Rebbio. È deceduto a Milano il 15 gennaio 2012.

Mons. John Baptist Odama, presidente della Conferenza Episcopale Ugandese, in occasione del funerale ha inviato un lungo messaggio del quale riportiamo solo alcune frasi: “A nome dei vescovi ugandesi, dei sacerdoti e delle religiose, del laicato cattolico in Uganda, e anche di molte personalità non cattoliche, esprimo il più sincero cordoglio che va di pari passo con la preghiera, per il riposo della sua anima e per il conforto di tutti i suoi confratelli comboniani dei quali è stato Superiore Generale per molti anni… Tutti i vescovi ugandesi nutrono grandissimo rispetto e stima per la sua dedizione alla Chiesa in Uganda, e lo consi-deriamo uno dei grandi missionari del nostro Paese”.