Omelia alla messa funebre

P. Riziero era un uomo semplice capace di parlare al cuore della gente. Preparato, sensibile e capace a fare breccia nella vita delle persone con la sua attenzione e preghiera, coinvolgendoli nelle varie lettere che mandava in occasione del Natale e della Pasqua.

 

Era un uomo innamorato della missione, il quale ha cercato di coinvolgere altri nella sua attività missionaria, come i due sacerdoti della sua Diocesi che hanno prestato servizio in Equador per oltre 15 anni prima di ritornare “a casa”. Don Cesare, uno di questi due sacerdoti, è sempre rimasto in contatto con p. D’Olimpio e, quando poteva, lo veniva a trovare, in un foglio con due fotografie di loro insieme, una di allora( giovani) e un’altra di qualche anno fa, scriveva: “San Paolo, che p. Riziero, ha cercato di imitare nello zelo, era un apostolo di gioia. “Niente può separarmi dall’amore di Cristo, né sofferenza, persecuzione, proprio nulla. Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”. Ecco perché san Paolo era tanto pieno di gioia, come il nostro carissimo amico, P. Riziero”:

 

Era uno capace di farsi “compañero de la vida”. Compañero non solo nel spezzare il pane con i poveri o gli ultimi, ma anche nel condividere le speranze e le angustie della vita. Il suo essere “compañero” l’ha descritto un suo amico da lungo tempo con una poesia che raccontava di questo incontro che p. Riziero custodiva. Dice così questa poesia:

“Un vero amico/non lo trovi sul mercato,/ non si compera.

L’amico si conquista,/ con la simpatia,/ la sincerità e l’onestà.

È uno che capisce/ quando hai bisogno, non c’è bisogno di parlare.

È sempre pronto/ a darti una mano, un consiglio/ se vede una necessità.

Ma anche tu,/ non devi dimenticare/ il suo aiuto.”

 

“Un vero amico” non è per un momento più o meno favorevole della vita, ma per sempre. Diventare “compañero de la vida” vuol dire saperla condividere in pienezza senza tirarsi indietro … anche nella malattia.

 

E qui si apre un capitolo della vita di p. Riziero, interessante e complesso.

Egli ha guardato con speranza e fiducia la “grazia” di questa compañera di vita degli ultimi anni di missione fino a quando si è fatta sentire imponendogli di rientrare in Italia e di farsi curare al Centro Ammalati di Milano. In questi anni trascorsi a Milano, si è informato, letto, scritto a ricercatori, cercato di rallentare il corso di evoluzione della malattia, sperando che qualcuno riuscisse a trovare la modalità di debellarla come in passato è successo per malattie considerate letali.

 

Poi la malattia ha fatto prevalere la sua forza mortale … ma lui l’ha vinta mettendo la sua vita nelle mani di Dio e cercando di fare sempre la volontà del Padre. In una lettera circolare del Natale 2006, riportava questa preghiera di un Gesuita che ha fatto sua:

Il mio penare è una chiavina d’oro …/Piccola, ma che m’apre un gran tesoro.

È croce, ma è la croce di Gesù:/ quando l’abbraccio non la sento più.

Non ho contato i giorni del dolore:/ so che Gesù li ha scritti nel suo cuore.

Vivo momento per momento, e allora/ il giorno passa come fosse un’ora.

Mi han detto che guardata dal di là,/ la vita un attimo parrà.

Passa la vita, vigilia di festa:/ muore la morte … il Paradiso resta.

Due stille dell’amaro pianto, / e di vittoria poi l’eterno canto.” (Bigazzi, S.J.)

 

Caratteristica della vita di p. Riziero, come comboniano, era che aveva chiesto di poter rinnovare di anno in anno la sua professione di religioso per non perdere il sapore di una dedicazione che poteva diventare un semplice ricordo se avesse emesso i voti perpetui. E concludeva ogni sua richiesta di ammissione ai voti con queste parole: “ Iddio e la Madonna mi aiutino a essere fedele alla vocazione sacerdotale e missionaria fino alla morte. E così sia!”.

 

Nella vita di p. D’Olimpio c’era un posto per Daniele Comboni ma ne riservava un altro speciale per santa Filippa Mareri, sua concittadina. Era contemporanea di Francesco d’Assisi e l’aveva incontrato e iniziato a Borgo San Pietro, suo paese natale, una comunità contemplativa francescana di cui ora fa parte anche sr. Assunta, sorella di p. Riziero.

P. Riziero è cresciuto all’ombra di questa santa che viveva la povertà e l’abbondano in Dio e ha coniugato questi elementi con la forza missionaria e dinamica di Daniele Comboni.