Il Piano del Comboni – M.T. Ratti – F. Pierli

Il Piano del Comboni in relazione alla Ministerialità
(P. Francesco Pierli – Sr Maria Teresa Ratti)
Punto 1: Perché parliamo di Ministeri nel Piano?
La ragione principale che ha catalizzato il nostro interesse a studiare i Ministeri Missionari nel Piano germina dal  fatto che negli ultimi dodici anni siamo stati coinvolti nella fondazione (1994) e conduzione, a Nairobi, presso il Tangaza College, dell’Istituto del Social Ministry per la Formazione di Agenti Pastorali nel Sociale (Fratelli, Suore, Laici). Di pari passo, alcuni anni più tardi, la fondazione (1999) e conduzione del SOMIRENEC (Social Ministry Research Network Centre)  un centro il cui obiettivo è quello di accompagnare iniziative ministeriali concrete che applicano la teoria dello sviluppo umano integrale, insegnata nell’Istituto, alle situazioni concrete della gente nel contesto africano.  Si tratta di rispondere a bisogni umani concreti, in aree come: la promozione della pace tra gruppi etnici tradizionalmente ostili, la incentivazione della imprenditoria locale attraverso il  microcredito, la salvaguardia dell’ambiente con la raccolta e il riciclaggio dei rifiuti, la incentivazione dell’agricoltura, l’educazione popolare attraverso il teatro e la musica, la diffusione e la inculturazione dell’ insegnamento sociale della Chiesa. 
In tutto queste attività siamo stati profondamente ispirati dal Piano del Comboni, convinti che tali iniziative fossero fedeli attualizzazioni del Piano stesso nel contesto dell’Africa del terzo millennio. È ovvio che quando si passa dalla visione (Rigenerare l’Africa con l’Africa) all’azione concreta, i Ministeri divengono inevitabili. È il processo seguito dal Comboni stesso quando, nel Piano, descrive (Scritti 2764-2783) i compiti dei vari gruppi di agenti pastorali coinvolti nella attuazione dello stesso. Il discorso ministeriale era al centro  della visione e azione del Comboni. Né era alieno all’ambiente mazziano, dove il Comboni fu formato come missionario apostolico. Era il punto focale  delle preoccupazioni del don Nicola Mazza, che ben radicato nella storia avvertiva più di molti altri le sfide emergenti dalle rivoluzioni in corso: politica, industriale, scientifica e democratica. Sfide analizzate con acribia e passione dal suo amico Rosmini nel libro “Le cinque piaghe della Chiesa” dove oltre alla denuncia dei limiti della ministerialità del tempo venivano offerti precisi  suggerimenti per un decisivo miglioramento. Quando  don Nicola Mazza si accorse che la gerarchia restava inerte sull’iter formativo tradizionale, decise di aggiungere per i suoi sacerdoti quattro anni di ulteriore preparazione dopo l’Ordinazione Presbiterale. (Per uno studio approfondito di questo punto si legga: Archivio Comboniano n. 83 (204 n. 29) Pierli, F. – Ratti, M. T., Ministeri per una Nuova Stagione Missionaria nel 140° del Piano di Daniele Comboni per la Rigenerazione dell’Africa, pp. 103-182; è disponibile anche la versione inglese).
Punto 2: Sfide metodologiche – approccio statico e approccio dinamico
Il discorso metodologico di come Leggere il Comboni Oggi è di grande urgenza; quasi tutti gli interventi del Forum di Limone 2006 lo stanno sottolineando. Le nuove linee dell’ermeneutica biblica come pure quelle della interpretazione dei documenti ecclesiali dovrebbero essere applicati ai documenti del Comboni, primo fra tutti al Piano. L’approccio statico-deduttivo porta a focalizzarsi unilateralmente nel passato e tirare poi qualche conseguenza per l’oggi. Questa è stata, grosso modo, la metodologia seguita nell’accostare il Comboni fino ad oggi. Un approccio necessario, se si vuole, per ricostruire  bene i documenti e metterli nelle mani di tutti. Ora che questi sono disponibili, dobbiamo liberare il loro potenziale missionario;  perché questo avvenga è necessario che noi sviluppiamo  un ‘approccio dinamico-induttivo’: cioè, a partire dalle situazioni missionarie di oggi. In altre parole, il documento deve essere sfidato dagli avvenimenti nei quale noi siamo immersi, dalle problematiche che ci tormentano e dalle speranze e sogni che ci motivano. E’ bello costatare come nel Convegno di Limone il discorso ermeneutico sia emerso  come centrale e abbia registrato una grande convergenza da parte di tutti i partecipanti. E’ un fatto nuovo che merita ulteriore ricerca e proposte.
Punto 3: Visione Teologica del rapporto Chiesa-Mondo
È indubbio che i Ministeri sono i corollari di come si interpreta la Missione nel contesto del rapporto Chiesa e Mondo. Lo sfondo ecclesiologico del tempo del Comboni è quello del Concilio di Trento, che vedeva la Chiesa come l’arca di salvezza e il Mondo come la realtà da salvare. Quindi, una concezione negativa del mondo; il ministero era concepito come un liberare il mondo dal male  facendolo diventare sempre più Chiesa restando sempre meno Mondo.
In fondo era l’ideale della Christianitas, dove il Mondo era assorbito nella Chiesa. La formazione dei Ministeri in questo contesto non poteva che prevedere che il Seminario per gli uomini e il Convento per le donne, dove i futuri ministri dovevano essere protetti dal Mondo, vivendo in un ambiente isolato, fintanto che non fossero stati ritenuti maturi di rientrare nel Mondo per fare ministero. Questa visione, cominciava a stare stretta a Rosmini, Mazza e Comboni, anche se  la gerarchia vi restava fortemente attaccata, fino a mettere all’Indice il libro di Rosmini e a chiedere al Mazza di chiudere il dialogo con lui. Sarà il Concilio Vaticano II,  soprattutto nella Gaudium et Spes, Lumen Gentium, Dignitatis Humanae e Nostra Aetate a riprenderla con energia; purtroppo non ne sono state tratte tutte le conseguenze a livello ministeriale nei Documenti che riguardano i sacerdoti,  i religiosi/e i laici (Presbyterorum Ordinis,  Perfectae Caritatis, Apostolicam Actuositatem).
Nel Vaticano II è emerso chiaramente che il Regno di Dio sta di fronte alla Chiesa, come dono e obiettivo mai assolutamente ricevuto e conquistato.  Non è soltanto il Mondo che deve diventare Regno, ma anche la Chiesa; tra Chiesa e Mondo si augura una collaborazione feconda (v. Gaudium et Spes cap. IV) necessaria per la venuta del Regno. Il Mondo e la Chiesa contribuiscono alla venuta del Regno ciascuno a proprio modo, in partenariato e non in opposizione. Per Mondo si intende: la creazione, le culture, la scienza, l’ambiente, la politica, la competenza, la professione, l’organizzazione, ecc.  Per Chiesa si intende: Parola di Dio, spiritualità, ministero, riconciliazione, nuova fraternità e coesione, redenzione e pienezza di Spirito Santo, profetismo, ecc. Senza affatto sottovalutare il mistero del male presente nel Mondo ma anche nella Chiesa; in tale processo di liberazione la Chiesa ha ovviamente un compito particolare e unico. I ministeri sono quindi non soltanto per la Chiesa,  ma per la Chiesa e Società (Mondo), come legge la nuova biografia di Rino Cona: Nicola Mazza – Un Prete per la Chiesa e la Società.
Punto 4: Il Piano del Comboni nel contesto del Secolo XIX
Nel secolo del Comboni, il volto del mondo cambia profondamente e drammaticamente secondo i prodromi anticipati  dal Rinascimento, dalle Rivoluzioni Inglese, Americana e Francese, dalla incipiente Rivoluzione Industriale e dalla Rivoluzione Scientifica e dal primo contatto sistematico fra i continenti che si risolverà momentaneamente nel Colonialismo. Una delle connotazioni del secolo XIX, più ricca di futuro e  più significativa da un punto di vista ministeriale è l’emergere dei poveri come soggetto storico. Le masse, da oggetto di compassione e di carità, diventano soggetto e protagoniste della trasformazione del mondo, con il contributo non indifferente del Movimento Marxista e di un Cristianesimo ripensato alla luce del sociale (vedi l’articolo pubblicato su Archivio Comboniano Numero 2(85) Social Apostolate-Ministry in the Mission of Daniele Comboni di Pierli, F., e Ratti, M. T., pp. 189-230).
Il Piano è il manifesto profetico  che il Comboni lancia per far si che il ContinenteAfricano diventi soggetto storico; rigeneratore della propria storia contando sulle sue immense risorse umane e naturali e sul contributo unico della fede cristiana, che in Europa stava scoprendo le sue grandi risorse rinnovatrici e trasformatici  nella Dottrina Sociale.  Per cui i Ministeri assumono un nuovo significato: aiutare i poveri a divenire soggetto di trasformazione e non semplicemente rimanere oggetto di carità. La sfida africana offre al Comboni  la opportunità di far assurgere a soggetto storico  anche la donna (Scritti 2777 – 2780), vista fino ad allora anche dalla Chiesa come incapace di ministero e quindi di azione apostolica specifica. 
Punto 5: Un solo Carisma, molti Ministeri
Nella visione che stiamo proponendo è ovvio che i Ministeri Missionari non possono essere che molti, al di dentro di un solo Carisma Comboniano. Per Carisma intendiamo la forza dello Spirito, la spiritualità, la compassione di Dio che riempiono i ministri e li rendono capaci di manifestare la Sua presenza nel Mondo. Il Carisma pur essendo donato attraverso lo Spirito Santo ha una valenza fortemente Cristologica, perché è Lui il Ministro per eccellenza, il Pastore Buono, il servo di Jaweh, e del Popolo. Quando invece parliamo di Ministeri, intendiamo un pluralismo di  servizi e iniziative specifici, alcuni dei quali a livello prevalentemente religioso e altri a livello prevalentemente sociale. Il Carisma inabita  nella Famiglia Comboniana, che include: i Fratelli, i Sacerdoti, le Suore, le Secolari e vari gruppi di laici. Se parcellizziamo il Carisma, lo distruggiamo. Questo ovviamente implica coordinazione e collaborazione tra tutti i gruppi che formano la Famiglia Comboniana.  Sfortunatamente troppo pochi ne avvertono l’urgenza. Eppure, senza tale approccio, l’incidenza missionaria nel mondo di oggi rischia di evaporare e il Carisma di appassire. In questa urgenza di fare rete e di recuperare la comune appartenenza ad un solo Carisma, includiamo senza la minima esitazione anche i Mazziani. La separazione fra il Mazza e il Comboni non deve essere ritenuta definitiva ma momentanea. Ora abbiamo la maturità storica necessaria per vedere che Mazza e Comboni non sono ne esclusivi ne alternativi.  Nel Piano i Ministeri sono visti come complementari e non separati. La ecclesiologia e la missiologia di oggi ci permettono di recuperare la novità del Piano anche da questo punto di vista.
Punto 6: Metodologia del Ciclo Pastorale  
Nel Piano, in forma implicita ma chiara, come abbiamo ampiamente illustrato nel numero 83 di Archivio Comboniano, è presente il metodo apostolico che si è venuto affermando soprattutto dopo il Vaticano II, chiamato Ciclo (o Circolo) Pastorale. È un processo in 4 momenti:
• L’Inserzione: è l’esperienza del contatto con la gente e con la situazione storica, momento iniziale di ogni Ministero;
• L’Analisi Sociale e Culturale delle situazioni di vita e dei problemi che reclamano una soluzione. Analisi che il Ministro deve fare con la gente per aiutarla a prendere coscienza critica  della propria situazione, a individuare le cause sociali, economiche, politiche, religiose, ecc. dei propri mali, come pure le potenzialità e le risorse per iniziative adeguate. È il momento importante della collaborazione tra Fede e Scienza, dovendosi fare ricorso a scienze come sociologia, antropologia, economia, statistica, ecc. Comboni ne fece grandissimo uso per preparare la stesura del Piano e delle numerose relazioni, che farà ad enti e fondazioni con cui era in contatto. Eminente è quella del 2 marzo 1872, al Cardinal Barnabò, dove cita la lunga lista di libri e documenti consultati. Non si dimentichi quello che scrisse il grande Einstein: “La religione senza la scienza è cieca e la scienza senza la religione è zoppa”.
• Riflessione Teologica e Ministeriale sui dati dell’analisi sociale, per aiutare il popolo a vedere la presenza di Dio nella vita e a contare sul potenziale della fede e dell’etica per la rigenerazione. Tale riflessione animata dalla fede soggiace implicitamente ed esplicitamente in tutto il Piano.
• Piano di Azione: intendiamo non un’azione improvvisata e reattiva, per assicurare un po’ di aiuto immediato a qualcuno in difficoltà, bensì una iniziativa  che vuole innescare come asserisce il Piano la Rigenerazione del Continente rimuovendo le cause dei mali con gli Africani come attori principali. Un tale approccio operativo esige volontà e capacità di collaborazione fra tutti i ministeri,  fra chiesa, società civile e stato, fra religioni e scienze, superando la tentazione del clericalismo, della contrapposizione, della competizione e della concorrenza.
 Punto 7: Suggerimenti concreti
Se vogliamo il Comboni vivo nella Famiglia Comboniana dobbiamo prendere il Piano come punto unificante della visione e azione missionaria superando il pericolo del devozionalismo che riduce il Comboni a qualche frase ad effetto, ad immaginette e messe votive…
Oggi siamo al di dentro di un processo di revisione della Formazione Ministeriale nella Chiesa e nel  mondo comboniano. Il pericolo è di procedere per aggiunte e sottrazioni, con la mancanza di unità profonda sgorgante dal Carisma originario del Piano. Così procedendo le nuove generazioni  non arriveranno a quella passione per la Missione e per il Popolo tipica del Comboni. 
Tenuto conto anche che la maggioranza delle nuove generazioni comboniane provengono dall’Africa e che il Comboni appartiene all’Africa, sarebbe importante rivisitare il Comboni alla luce della esperienza del rapporto con gli Antenati, Comboni come capostipite.
Il Piano implica un ritmo ministeriale dove l’azione e la riflessione costantemente si rigenerano e si illuminano, evitando in questo modo sia il verbalismo sia l’attivismo, due mali che i Capitoli Generali hanno costantemente denunciato ma per i quali non si è ancora trovato un rimedio strutturale adeguato.
La Missione si concretizza nei Ministeri e non ci può essere rinnovamento nella Missione, Ratio Missionis,  senza una profonda rigenerazione dei Ministeri. Noi crediamo che il Piano, letto alla luce degli stimoli di oggi, offra le risorse necessarie per essere le Missionarie e Missionari che il Comboni desidera all’inizio del terzo millennio.
P. Francesco Pierli, mccj            Sr Maria Teresa Ratti, smc