LA NOSTRA PRESENZA SUL TERRITORIO
La seconda metà di settembre è stata caratterizzata dalla celebrazione, domenica 27, dalla giornata mondiale dell’immigrato e del rifugiato.
A livello personale ho gioito celebrando il matrimonio di Ida e Gianni. Due splendide persone come tutte e tutti coloro che ho incontrato dall’infanzia ad oggi. Con loro e con ciascuno di voi, personalmente, desidero camminare sulla strada della libertà come discepoli di Gesù. Il mondo, a cominciare forse proprio da chi ci è più vicino, cerca di trascinarci sulle strade del dominare e dell’accumulare e, forse ancora di più, sulla strada del “prestigio”, dell’apparire. Quella triste strada del “che diranno” gli altri. Conosco bene Gianni e Ida e so bene che vogliono camminare sulla strada del servire, del condividere, dell’autenticità. Non posso tacere, proprio perché li amo, che ho sofferto, e forse anche loro hanno sofferto, che nella bella festa ci siano stati momenti di “spreco”. Preghiamo gli uni per gli altri e chiediamo il dono di essere discepoli di Gesù e non del mondo. Servire si, condividere si, donare si. Dominare no. Accumulare no. Prestigio no. So bene, amati Ida e Gianni, che saprete camminare sulla strada del Si e insegnare ad altri lo stesso cammino. Grazie e siate felici, e rendete felici. Il Signore ci ama e ci rende capaci di amare donandoci il suo Spirito. E grazie anche a quanti hanno inviato o consegnato offerte, invece di regali. Le offerte sono state inviate a p. Davide a Nampula in Mozambico per l’assistenza di profughi di guerra. Avevamo promesso di inviare a p. Davide 3000 euro per le spese di un mese di assistenza giornalieri di circa 150 profughi. E invece abbiamo raccolto finora solo 670 euro! Siamo ancora in tempo per mantenere la promessa. Potete utilizzare gli estremi bancari o di ccp. che trovare alla fine della presente. E ancora grazie a Ida E Gianni per il cammino che abbiamo realizzato assieme in questi anni.
Torniamo a noi. Benediciamo il Signore per quanti si sono prodigati nel servizio in questo tempo di pandemia. C’è anche chi ha ricevuto riconoscimenti ufficiali come Graziana dall’ANFFAS presso le cui strutture sta lavorando. Auguri.
Personalmente ho vissuto la difficoltà nella diffusione del Mondiario: abbiamo ancora molte copie.
Il 14 settembre come Comboniani ci è stata consegnata la croce ufficiale dei comboniani, croce che siamo invitati a indossare. La presentiamo nell’immagine riportata all’inizio di questo articolo. Si tratta ci una croce di legno d’ulivo lunga 6 cm. con un Cristo in metallo. Il Cristo africano che ci ricorda la passione di Comboni per l’Africa. All’incrocio dei due legni verticali e orizzontale c’è un cuore, quello di Gesù e quello del comboniano che batte per tutta l’’umanità. Il legno d’ulivo ci ricorda l’origine di san Daniele. Sul retro è incisa la sigla dei comboniani: MCCJ e in basso il mondo. La croce ci ricorda anche quanto scriveva lo stesso Comboni: “Le opere di Dio nascono e crescono ai piedi della croce”.
Per ultimo, il mese di settembre, per noi della comunità comboniana di Troia è stato ancora un mese difficile non avendo potuto realizzare iniziative di animazione missionaria sul territorio. Ci auguriamo che il mese di ottobre, il mese della missione, al quale ci affacciamo con fiducia, apra nuove pagine di animazione.
Iniziamo la prima quindicina del mese in compagnia di santa Teresina del Bambino Gesù che festeggiamo il primo ottobre. Il giorno 3 ci stringeremo attorno a papa Francesco nella firma della sua terza enciclica “Fratelli tutti”. E poi sarà un crescendo di momenti importanti: Il 4 con Francesco d’Assisi, il 7 con la Madonna del Rosario, il 10 con la festa di san Daniele Comboni, l’11 con la Marcia della Pace Perugia-Assisi. Quest’anno si chiama “catena della pace”.
Facciamo un passo alla volta. Ed ecco il calendario.
1-15 ottobre. Nella riflessione sulle letture del giorno della quindicina riportiamo riflessioni che papa Francesco ha proposto alle Pontificie Opere Missionarie.
1 ottobre Viviamo la giornata missionaria delle religiose.
3 ottobre Ci riuniamo in preghiera dalle ore 15,00 alle 16,00 per accompagnare papa Francesco che firma la nuova enciclica “Fratelli tutti” ad Assisi sulla tomba di san Francesco. Noi a Troia. Voi lì dove vi troverete.
4 ottobre Festa di san Francesco. Ci riuniamo con un gruppo di ex allievi del nostro seminario di Troia e alcuni partecipanti al campo over 35 danno la loro testimonianza.
5-8 ottobre visitiamo Parrocchie della Provincia di Foggia
9-11 ottobre partecipiamo ad Assisi al convegno sulla Pace e alla catena di solidarietà. E ad Assisi ricorderemo san Daniele Comboni la cui festa ricorre il 10 ottobre. (La decisione definitiva di presenza ad Assili la prenderò lunedì 5.
12-13 ottobre a Troia
14 e 15 ottobre a San Giovanni Rotondo per incontri nella parrocchia di san Leonardo
A tutti e a ciascuno un mese missionario vissuto in pienezza. SIAMO MISSIONE.
Iniziamo la diffusione della AGENDA BIBLICA MISSIONARIA 2021 dal titolo “Un anno in Oriente”.
A tutti consiglio il sussidio curato da don Francesco Dell’Orco sul sito del ‘Tempo del Creato’.
https://seasonofcreation.org/it/catholic-it/ (sotto la sezione ‘prega’).
E vedete bene se riusciamo ad appoggiare p. Davide nel progetto di accoglienza dei profughi in Mozambico.
Riporto anche questo mese gli estremi del nostro conto bancario e del ccp.
Eccoli i riferimenti: IT52G0306909606100000105858 INTESA SANPAOLO filiale di Troia;
CCP 12031712 Missionari Comboniani – Troia FG
Aiutateci ad aiutare e aiutateci per andare avanti nella nostra quotidianità. Condividiamo! – P. Ottavio
APPENDICI
Federica Dassoni, è un medico, volontaria del Naga e attualmente a Lesbo con l’associazione inglese Kitrinos che fornisce assistenza sanitaria soprattutto per malattie croniche nel campo di Moria andato a fuoco il mese scorso. Ecco la sua testimonianza.
Da quanto sei arrivata a Lesbo?
Sono arrivata il 29 agosto, ho fatto una settimana di quarantena e ho poi iniziato a lavorare nel nostro ambulatorio, ma il terzo giorno c’è stato l’incendio. È stato un grande caos, decidere
come agire e coordinarsi è stato molto complicato. Il nostro ambulatorio nel campo è bruciato e quindi ora operiamo all’interno di strutture di altre realtà presenti.
Che situazione hai trovato, prima e dopo l’incendio?
Nel campo c’erano tra le 11.000 e le 12.000 persone, ho appena fatto in tempo a vedere tutto il campo che era diviso in diversi settori. Nelle prime strutture costruite ci stavano i minori non accompagnati e le donne sole per le quali il campo non era assolutamente un posto sicuro. Poi c’erano zone gestite da grandi associazioni internazionali e l’ultima parte chiamata “La giungla” dove si erano messe spontaneamente le persone che non riuscivano ad entrare nelle altre aree. Il campo era stato inizialmente pensato per 3.000 persone, in dei momenti sono arrivate ad essere 20.000.
Da dove arrivano le persone presenti?
In grandissima maggioranza da Afghanistan, Siria e Iran. E c’è anche un gruppo di congolesi e di altri paesi francofoni. Ci sono persone che sono qui da anni e altre appena arrivate. E ci sono tanti bambini, cammino e incontro una marea di bambini che vivono in mezzo alla strada. Una cosa allucinante.
Dove si sono spostate le persone dopo l’incendio?
Le persone si sono messe ai lati della strada e la polizia ha messo dei blocchi per non farli uscire, ha creato un’area circoscritta dalla quale le persone non possono uscire né altre possono entrare. Sono quindi rimasti tutti, non li lasciano uscire né possono lasciare l’isola. Non possono andare via, ma nessuno ha offerto soluzioni alternative e il campo non c’è più.
Si sono così accampati nel parcheggio di un supermercato e ai lati della strada. Ci sono delle tende e, alcuni, hanno fatto delle specie di capanne con mezzi di fortuna come canne, fogliame, rami di bambù. Anche i bambini sono accampati, ci sono anche neonati. Di tutto. Ci sono delle persone che sono riuscite a scappare, ma la polizia pattuglia la zona e vengono riportate in quest’area circoscritta.
Che situazione hai trovato dopo l’incendio?
Le tende e le capanne erano tutte bruciate, erano rimaste le strutture in lamiera. Il primo problema è stato il cibo e l’acqua. Inizialmente ci sono stati problemi nella distribuzione. Ora ci sono file di ore e ore per avere del cibo.
Che sensazioni hai avuto?
La cosa che più ti fa star male è incontrare i bambini che giocano e vedere dove vivono ai lati della strada. È veramente straziante. Soprattutto quando vedi quelli piccoli, appena nati o di pochi mesi. Ma in genarle tutti i bambini vivono in queste condizioni veramente allucinanti, non vanno a scuola e non c’è nessuna prospettiva. I Paesi europei non accolgono nessuno di loro, salvo 400 minori non accompagnati che sono già stati redistribuiti in varie nazioni. Stanno costruendo un nuovo campo con 1000 tende, ma ovviamente sono molti di più.
Quali sono le richieste più frequenti in termini sanitari?
Le richieste più frequenti sono attacchi di panico legati sia alla situazione in cui vivono qui sommata a quello che hanno vissuto nei Paesi di origine e ai viaggi che hanno affrontato. Il panico è anche dovuto agli attacchi della polizia con i gas lacrimogeni e anche a causa della presenza di gruppi di estrema destra che cercano di attaccare le persone. Sono state attaccate anche delle donne: io ho visto una donna in preda ad una crisi di panico proprio perché era stata attaccata, credo, dalla polizia. E ne vediamo tutti i giorni.
Come associazione incontriamo poi soprattutto pazienti con malattie croniche come diabete, pressione alta, malattie della tiroide, persone che hanno bisogno di prendere medicine quotidianamente. Dopo l’incendio non ce l’hanno più. Come dermatologa vedo tante banali infezioni batteriche della pelle, molto frequenti nei bambini.
Com’è gestita la questione coronavirus?
Prima dell’incendio avevano cominciato a fare i test, dopo quattro giorni che ero qui hanno trovato il primo caso. Hanno iniziato a fare tamponi, circa 2000 e hanno trovato 35 positivi. C’è stato l’incendio e le persone che erano in isolamento sono uscite e non si sa dove siano. Alcuni sono stati rintracciati, ma una minoranza. Considerate che tutt’ora non si sa se ci sono stati dei morti per l’incendio. La cosa non è stata ancora appurata.
Per concludere, trovi delle similitudini o sensazioni simili tra i tuoi lunedì all’ambulatorio del Naga e il tuo lavoro a Lesbo?
Il Naga è un lavoro molto più normale, siamo un ambulatorio di base, la sua normalità è proprio la sua forza. E seppur a volte con difficoltà, dal Naga possiamo rimandare i pazienti agli ospedali per esami di approfondimento o altro. Qui non si possono fare esami di nessun tipo. Ora anche il nostro ecografo è bruciato. Quindi niente esami, niente ospedali le persone vengono prese negli ospedali solo quando stanno per morire e si creano delle situazioni gravissime. Per esempio le persone con l’HIV non hanno accesso ai farmaci, oggi c’era un signore con un tumore che è gestito da un ambulatorio mobile… Situazioni che gridano vendetta…, o meglio, gridano chiedendo il nostro coinvolgimento!