CINQUE PANI E DUE PESCI

In cammino con il cardinale vietnamita

François-Xavier Nguyen Van Thuan

 

Un giorno, parlando con me a telefono, un confratello mi disse: “Sento il bisogno di una spiritualità serena, semplice, costruttiva, senza tanti ragionamenti tortuosi”. Dopo un dialogo fraterno con lui, affermai di avere lo stesso suo bisogno.

Spero allora che questi miei spunti siano proprio in un contesto sereno, semplice e costruttivo.

 

Nella preparazione di questo testo, ho preso ispirazione dalla Sacra Scrittura, dal libro ‘Cinque pani e due pesci’ (San Paolo, 2011) del cardinale François-Xavier Nguyen Van Thuan e dal libro Nguyen Van Thuan – Il miracolo della speranza – di Andre’ Nguyen Van Chau (San Paolo, 2004).

Nello scrivere, ho avuto  in mente in modo tutto particolare quelle persone che, dopo aver vissuto una vita dinamica, piena di attività varie per il Regno di Dio, si trovano ora in situazioni che possono diventare pesanti a causa di malattie, di isolamento, di incomprensioni e di fragilità in genere. Ho pensato anche a quelle persone che sono iperattive, mettendo troppa fiducia in tutto ciò che riescono a fare e quindi nelle loro forze umane. Forse non si sono rese conto che quando si tratta di vita e di salvezza, un giorno o l’altro le forze umane si rivelano sempre come debolezza.

Questi spunti comunque possono fare bene a tutti in qualsiasi situazione di vita si trovino.

Ho pregato e prego che lo spirito che il cardinale ha avuto scrivendo i suoi libri, possa avvolgere me e le persone che con me vogliono fare questo cammino.

Durante la nostra riflessione e preghiera noi ci soffermeremo sulla sezione dei ‘Cinque pani’.

 

 Vi presento brevemente quest’uomo stupendo che è stato testimone di una fede gioiosa e di un cammino luminoso di speranza e di amore nel contesto di eventi drammatici e tragici.

François-Xavier  Nguyen Van Thuan nacque il 17 aprile 1928 nel Vietnam centrale, nella parrocchia di Phu , sobborgo di Hue. Fin da bambino fu ispirato e fortificato dal martirio di tanti suoi antenati venerati nella sua famiglia e oggetto di tanti racconti che  Thuan ricordò fino al giorno della sua morte. Accanto al fervore religioso, in famiglia era nutrito anche un grande sogno politico che fece suo. Questi elementi influenzarono tutta la sua vita.

Nel 1941 Van Thuan entrò nel seminario minore di An Ninh in cui dominavano una vita di fede sentita e testimoniata da tanti uomini di Dio, un impegno grande per lo studio,  grandi sacrifici dovuti, per esempio, a pessimo cibo, una grande devozione alla Madonna  e tanta sofferenza per il mondo in subbuglio.

Nel 1947 andò in seminario maggiore di Phu Xuan e lì trascorse sette anni impegnativi per il discernimento vocazionale, per lo studio, per la crescita spirituale fatta di preghiera e di contemplazione e per la situazione di tanta sofferenza che c’era nel paese lacerato dalla guerra.

Sentendo con visibile commozione l’enormità della grazia e della responsabilità del sacerdozio, fu ordinato l’11 giugno del 1953. Dopo un periodo di impegno pastorale  e di malattia, andò a Roma, dove la sua presenza fu creativa al massimo e dove facendo gli studi all Pontificia Universita’ Urbaniana conseguì la laurea in diritto canonico nel 1959.

Tornato in patria con un bagaglio di più conoscenze, di maggiore saggezza e di incrollabile speranza, si coinvolse non senza tanta sofferenza nell’apostolato e nella vita del paese che continuava ad essere così tanto tribolato.

Il 13 aprile 1967 Thuan fu nominato vescovo di Nha Trang e qui rimase fino al 1975 attuando il programma di azione espresso nel suo motto episcopale, ‘gioia e speranza’. Più avanti sentiremo lui stesso descrivere il suo coinvolgimento in così tante azioni pastorali per compiere una missione d’Amore.

Il 23 aprile 1975 Paolo VI lo  nominò arcivescovo coadiutore di Saigon. Rimase qui solo pochi mesi perché con l’avvento del regime comunista che considerò la sua nomina come un complotto tramato dal Vaticano e dagli imperialisti, fu arrestato. Rimase in carcere dal 1975 al 1988, periodo di vita di carcerato e di ardua avventura da lui descritto come creativo.

Liberato e costretto all’esilio, si trasferì a Roma nel 1991, dove venne nominato Presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. Creato cardinale nel 2001, morì l’anno seguente. Nel 2007 è iniziata la causa di beatificazione.

Passiamo al nostro cammino che inizia con un passo evangelico di una portata veramente  stupenda.

Alzati gli occhi, Gesù vide che una grande folla veniva da lui  e disse a Filippo: ‘Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?’ Diceva questo per

metterlo alla prova; egli infatti sapeva bene quello che stava per fare. Gli rispose Filippo: ‘Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno abbia a riceverne un pezzo’. Gli disse allora uno dei discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: ‘C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?’ Rispose Gesù: ’Fateli sedere’. C’era molta erba in quel luogo. Si sedettero dunque ed erano circa cinque mila uomini. Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì a quelli che si erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero. E quando furono saziati, disse ai discepoli: ‘Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto’. Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo avanzati a coloro che avevano mangiato”.

(Gv 6,4-13).

 

Questo Gesù che abbiamo visto operare per la moltiplicazione dei pani e dei pesci, non è soltanto un grande personaggio del passato. Egli è vivo nel qui e nell’adesso della nostra vita per donarci il suo amore e per ricevere il nostro amore per lui; amore che si traduce poi in amore per gli altri, per l’umanità.

Chiediamo la grazia di donare questo amore senza avere preoccupazione né della lunghezza del nostro viaggio di vita, né della stanchezza che la malattia e il tran-tran di ogni giorno  possono generare, né di altre cose.

Ricordiamo innanzi tutto che la nostra vita non appartiene a noi: appartiene a Dio ed è nelle sue mani. Possiamo fare nostro il sentimento-preghiera che padre Arrupe scrisse quando era anziano e ammalato: “Mai più di ora mi trovo nelle mani di Dio. Questo è ciò che ho desiderato fin da giovane. Ma ora c’è una differenza: l’iniziativa è interamente di Dio. E’ davvero un’esperienza spirituale profonda sapermi e sentirmi nelle mani di Dio”.

Allora offriamo la nostra vita al Signore perché possa  disporre di essa come vuole per il bene nostro e del mondo intero; così come dispose dei cinque pani e dei due pesci messi a sua disposizione dal ragazzo di cui il passo evangelico ci ha parlato.

Potremmo pensare di avere poco, ma è tutto ciò che abbiamo. Allora offriamo tutto al Signore come fece quel ragazzo, e lui farà il resto.

 

Come vivere la nostra missione adesso?

Come condividere la nostra esperienza di Cristo nelle situazioni concrete della nostra vita?

Per dare delle risposte creative prendiamo ispirazione dal Cardinale Van Thuan.

 

PRIMO PANE: VIVERE IL MOMENTO PRESENTE COLMANDOLO DI AMORE

 

Prima di tutto colmandolo dell’amore  che  il Signore ha per noi e poi dell’amore che noi desideriamo avere ed eventualmente abbiamo per lui e per tutta l’umanità, nella serenità e nella verità, nel perdono e nella riconciliazione.

Vediamo un po’:

Mentre era in residenza obbligatoria, il cardinale  Thuan scrisse il libro ‘Il cammino della speranza’ e altri testi, accogliendo l’energia che Dio gli dava per lavorare e continuare il suo cammino; era convinto che il Signore lo voleva suo collaboratore ogni momento della sua vita di prigioniero. Scriveva su fogli di calendari che riusciva a farsi procurare e che poi dava a un ragazzo che li prendeva di sotterfugio e che portava a casa perché potessero essere trascritti e pubblicati. La pubblicazione causò per Thuan l’essere portato in isolamento.

Il Signore ci vuole suoi collaboratori adesso come ci ha voluti in passato; anzi, forse ci vuole con più intensità di prima ben sapendo che non possiamo fare più tanto; addirittura lui sa che possiamo fare poco. Ma sa anche che niente è piccolo quando è grande il cuore che dona. Madre Teresa di Calcutta diceva con convinzione: ‘L’importante non è il numero di azioni che facciamo, ma l’intensità di amore che mettiamo in ogni azione’. Aggiungerei: anche se le nostre azioni sono piccole e apparentemente insignificanti!

Come avere questa intensità d’amore nel momento presente?

–         Lasciando da parte ogni preoccupazione per tutto ciò che è secondario e concentrandosi soltanto sull’essenziale.

–         Vivendo nella convinzione che la vita di ciascuno sarà meravigliosamente bella se sarà come un cristallo formato da milioni di momenti vissuti appieno nell’amore di Dio e del prossimo.

–         Vivendo nella convinzione che la Parola di Dio non tramonta: essa percorre la storia e, nel mutare degli eventi, resta stabile e luminosa.

–         Ricordando sempre che la fede della Chiesa, e quindi la nostra fede, è fondata su Gesù Cristo, unico salvatore del mondo: ieri, oggi e sempre.

–         Vivendo ogni momento come se fosse l’ultimo della vita terrena, con un affidarci pieno  a Dio misericordioso, lasciandoci portare da lui.

 

Preghiera: In prigione per Cristo

 

“Gesù,

 ieri pomeriggio, festa di Maria Assunta,

sono stato arrestato.

Trasportato durante la notte da Saigon

fino a Nhatrang

quattrocentocinquanta chilometri di distanza

 in mezzo a due poliziotti,

ho cominciato l’esperienza di una vita di carcerato.

Tanti sentimenti confusi nella mia testa:

tristezza, paura, tensione,

il mio cuore lacerato

per essere allontanato dal mio popolo.

Umiliato, ricordo le parole della Sacra Scrittura:

‘E’ stato annoverato tra i malfattori’ (Lc 22,37).  

Ho attraversato in macchina le mie tre diocesi,

Saigon, Phanthiet, Nhatrang

con tanto amore verso i miei fedeli;

ma nessuno di loro sa che il loro Pastore

sta passando

la prima tappa della sua Via crucis.

Ma in questo mare di estrema amarezza,

mi sento più che mai libero. Non ho niente con me,

neanche un soldo, eccetto il mio rosario

e la compagnia di Gesù e Maria.

Sulla strada della prigionia ho pregato:

‘Tu sei il mio Dio e il mio tutto’.

Gesù,

ormai posso dire come san Paolo:

‘Io Francesco, a causa di Cristo,

ora sono in prigione’ (Ef 3,1).

Nel buio della notte

in mezzo a questo oceano di ansietà, d’ incubo,

piano piano mi risveglio:

‘Devo affrontare la realtà’.

‘Sono in prigione:

se aspetto il momento opportuno

per fare qualcosa di veramente grande,

quante volte nella vita mi si presenteranno

simili occasioni?

No, afferro le occasioni che si presentano ogni

giorno,

per compiere azioni ordinarie in un modo

straordinario’.

Gesù,

io non aspetterò: vivo il momento presente,

colmandolo di amore.

La linea retta è fatta di milioni di piccoli punti

uniti uno all’altro.

Anche la mia vita è fatta di milioni di secondi

e di minuti uniti uno all’altro.

Dispongo perfettamente ogni singolo punto

e la linea sarà retta.

Vivo con perfezione ogni minuto

e la vita sarà santa.

Il cammino della speranza è lastricato di piccoli

passi di speranza.

La vita di speranza è fatta di brevi minuti

di speranza.

Come tu, Gesù, che hai fatto sempre

ciò che piace al Padre tuo.

Ogni minuto voglio dirti:

Gesù, ti amo,

la mia vita è sempre una ‘nuova ed eterna

alleanza’ con te.

Ogni minuto voglio cantare con tutta la Chiesa:

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo….” 

                                                                              Residenza obbligatoria a Cay-Vong

                                                                                (Nhatrang, Centro Viet Nam), 16 agosto 1975,

                                                                               all’indomani dell’Assunzione di Maria

 

 

 

 

SECONDO PANE: DISCERNERE TRA DIO E LE OPERE DI DIO                                 

 

Durante tutta la sua vita, prima di essere arrestato e imprigionato, il cardinale Van Thuan era stato dinamico, forse iperattivo, con tante cose da fare: visite pastorali, formazione dei seminaristi, religiosi, religiose, laici, giovani, costruzione di scuole e di foyer per studenti, missioni per l’evangelizzazione dei non cristiani. Questa è una lista fatta dal cardinale stesso: tante cose eccellenti per il Regno di Dio.

 

Mi sembra di vedere noi stessi in missione: giovani, forti, attivi e forse iperattivi, con tante cose da fare e in tanti campi diversi!

Pensiamo un po’ al nostro passato. Che cosa proviamo? Umiltà, gratitudine, imbarazzo per alcune cose? Qualunque sia il nostro sentire, gettiamo il nostro passato nella misericordia di Dio che dona pace e amore misericordioso.

 

Torniamo al cardinale Van Thuan: con l’arresto, ecco l’oscurità della cella,  l’isolamento, il vuoto assoluto, la lontananza da tutti, la salute cagionevole, il camminare nella cella per non essere distrutto dall’artrosi e il rischio della pazzia. Niente più attività col suo popolo e a piede libero.

Il cardinale dice che una notte, dal profondo del suo cuore, sentì una voce che gli suggeriva:

“Perché ti tormenti così? Tu devi distinguere tra Dio e le opere di Dio. Se Dio vuole che tu abbandoni tutte queste opere, mettendole nelle sue mani, fallo subito, e abbi fiducia in lui; lui affiderà le sue opere ad altri che sono molto più capaci di te. Tu hai scelto Dio solo, non le sue opere”.

Questa luce gli portò una forza nuova che cambiò totalmente il suo modo di pensare e che l’aiutò a superare momenti fisicamente quasi impossibili….

“Scegliere Dio e non le opere di Dio: Dio mi vuole qui e non altrove”

 

 

Ascoltiamo con devozione un suo racconto:

 

“Quando i comunisti mi caricano nel fondo della nave Hai-Phong con altri 1500 prigionieri, per essere trasportati a nord, vedendo la disperazione, l’odio, il desiderio di vendetta sulle facce dei detenuti, condivido la loro sofferenza, ma subito questa voce mi richiama : “Scegli Dio e non le opere di Dio”, e io mi dico: “Davvero, Signore, è qui la mia cattedrale, qui è il popolo di Dio che tu mi hai dato affinché me ne prenda cura. Devo assicurare la presenza di Dio in mezzo a questi fratelli disperati, miserabili. E’ la tua volontà: allora è la mia scelta”.

Arrivato sulle montagne di Vin-Phu, nel campo di rieducazione, dove ci sono 250 prigionieri, la maggior parte non cattolici, questa voce mi richiama: “Scegli Dio e non le opere di Dio”. Si, Signore, tu mi mandi qui per essere il tuo amore in mezzo ai miei fratelli, nella fame, nel freddo, nel lavoro faticoso, nell’umiliazione, nell’ingiustizia. Scelgo te, la tua volontà, sono il tuo missionario qui”.

Da questo momento, una nuova pace riempie il mio cuore, e rimane con me 13 anni. Sento la mia debolezza umana, rinnovo questa scelta di fronte alle situazioni difficili, e la pace non mi è mai mancata.

Quando dichiaro: “Per Dio e per la Chiesa”, resto silenzioso alla presenza di Dio e mi chiedo onestamente: “Signore, lavoro solo per te? Sei sempre il motivo essenziale di tutto quello che faccio? Mi vergognerei ad ammettere che ci sono altri motivi più forti”.

Gesù si impegnò a fare la volontà del Padre e portò il suo piano a compimento nella  immobilità della croce”.

 

Preghiera: Dio e la sua opera

 

“A causa del tuo amore infinito,

Signore,

mi hai chiamato a seguirti,

a essere tuo figlio e tuo discepolo.

 

Poi mi hai affidato una missione

che non somiglia a nessun’altra,

ma con lo stesso obiettivo degli altri:

essere tuo apostolo e testimone.

 

Tuttavia, l’esperienza mi ha insegnato

che io continuo a confondere le due realtà:

Dio e la sua opera.

 

Dio mi ha dato il compito delle sue opere.

Alcune sublimi,

altre più modeste;

alcune nobili,

altre più ordinarie.

 

Impegnato nella pastorale in parrocchia,

tra i giovani,

nelle scuole,

tra gli artisti e gli operai,

nel mondo della stampa,

della televisione e della radio,

vi ho messo tutto il mio ardore

impiegando tutte le capacità.

Non ho risparmiato niente,

neanche la vita.

 

Mentre ero così appassionatamente

immerso nell’azione,

 ho incontrato la sconfitta

dell’ingratitudine,

del rifiuto di collaborazione,

dell’incomprensione degli amici,

della mancanza di appoggio dei superiori,

della malattia e dell’infermità,

della mancanza di mezzi….

 

Mi è anche capitato, in pieno successo,

mentre ero oggetto di approvazione,

di elogi e di attaccamento per tutti,

di essere all’improvviso spostato

e cambiato di ruolo.

Eccomi, allora, preso dallo stordimento,

vado a tentoni,

come nella notte oscura.

 

Perché, Signore, mi abbandoni?

Non voglio disertare la tua opera.

Devo portare a termine il tuo compito,

ultimare la costruzione della Chiesa….

 

Perché gli uomini attaccano la tua opera?

Perché la privano del loro sostegno?

 

Davanti al tuo altare, accanto all’eucaristia,

ho sentito la tua risposta, Signore:

Sono io colui che segui e non la mia opera!

Se lo voglio, mi consegnerai il compito affidato.

Poco importa chi prenderà il tuo posto;

è affar mio.

Devi scegliere Me!”.

Nell’isolamento a

Hanoi (Nord Vietnam), 11 febbraio 1985

 

 

 

TERZO PANE: UN PUNTO FERMO, LA PREGHIERA

 

C’è una cosa interessante nella vita del cardinale Van Thuan: imparò  a pregare in modo semplice, direi, nel modo più bello e più fruttuoso, quando il Signore permise che lui sperimentasse tutta la sua debolezza e tutta la sua fragilità fisica e mentale. In questa situazione, non riusciva a pregare come avrebbe voluto, forse recitando formule, recitando le sue preghiere.

Così cominciò a pregare in questo modo: ‘Gesù, eccomi: sono Francesco’. Attraverso questa semplice preghiera, faceva esperienza di grande gioia e consolazione, e sentiva Gesù rispondere: ‘Francesco, eccomi: sono Gesù’.

 

Gli era molto cara questa storia  che gli fu di ispirazione. E’ la storia del vecchio Jimmy :

– Ogni giorno, alle 12, Jimmy entrava in chiesa, per non più di due minuti, poi usciva. Il sacrestano era molto curioso e un giorno fermò Jim e gli domandò:

– Perché vieni qui ogni giorno?

– Vengo per pregare.

– Impossibile! Quale preghiera puoi dire in due minuti?

– Sono un vecchio ignorante, prego Dio a mio modo.

– Ma cosa dici?

– Dico : Gesù, eccomi: sono Jimmy. E me ne vado.

Passano gli anni. Jimmy, sempre più vecchio, malato, entra in ospedale, nel reparto dei poveri. In seguito, sembra che Jim stia per morire, e il prete e la religiosa infermiera stanno vicino al suo letto.

– Jimmy, dicci: perché, da quando sei entrato in questo reparto, tutto è cambiato in meglio, e la gente è diventata più contenta, felice e amichevole?

– Non lo so. Quando posso camminare, giro di qua e di là, visitando tutti, li saluto,    chiacchiero un po’; quando sono a letto, chiamo tutti, li faccio ridere tutti, li rendo tutti felici. Con Jimmy, sono sempre felici.

– Ma tu perché sei felice?

– Voi, quando ricevete una visita ogni giorno, non siete felici?

– Certo. Ma chi viene a visitarti? Non abbiamo mai visto nessuno.

– Quando sono entrato in questo reparto, vi ho chiesto due sedie: una per voi, una    riservata per il mio ospite, non vedete?

– Chi è il tuo ospite?

– E’ Gesù. Prima andavo in chiesa a visitarlo, adesso non posso più; allora, alle 12, Gesù viene.

– E che cosa ti dice Gesù?

– Dice: Jimmy, eccomi sono Gesù!…

Prima di morire, il prete e la religiosa infermiera lo vedono sorridere e fare un gesto con la mano verso la sedia vicina al suo letto, invitando qualcuno a sedere. Sorride di nuovo e chiude gli occhi.

 

Il cardinale Van Thuan afferma con un sentimento profondo: Quando le forze mi mancano e non riesco neanche a recitare le mie preghiere, ripeto: “Gesù, eccomi, sono Francesco”. Vengono gioia e consolazione, ed esperimento che Gesù risponde: “Francesco, eccomi sono Gesù”.

Ecco qui alcune altre brevi preghiere che egli ripeteva davanti al Tabernacolo, seduto alla scrivania, per strada. Diceva che più le ripeteva e più si sentiva penetrato sentendosi vicino al Signore:

–         Padre, perdona loro

           perché non sanno quello che fanno.

–         Padre, che siano una cosa sola.

–         Ricordati di me 

quando sarai nel tuo Regno.

–         Signore, cosa vuoi che io faccia?

–         Signore, Tu sai tutto,

Tu sai che io ti amo.

–         Signore, abbi pietà di me, peccatore.

–         Dio mio, Dio mio,

perché mi hai abbandonato?                 Nell’isolamento 

                                                             a Hanoi (Nord Viet Nam),

                                                                                        25 marzo 1987

 

Il Cardinale riteneva che tante brevi preghiere, legate l’una all’altra formano una vita di preghiera come una catena di gesti discreti, di sguardi, di parole intime formano una vita d’amore. Era convinto che esse ci conservano in un ambiente di preghiera senza distoglierci dal compito presente, ma aiutandoci a santificare ogni cosa.

 

 

QUARTO PANE: LA MIA SOLA FORZA, L’EUCARESTIA

 

Nel Cardinale Van Thuan notiamo un amore veramente creativo per l’Eucarestia. Fu capace di attuare tanti sotterfugi per poterla celebrare in prigione. Ad esempio, si fece mandare da alcuni amici una bottiglietta di vino dicendo alle guardie che era una medicina contro il mal di stomaco, come indicava l’etichetta sulla piccola bottiglia. Coinvolgeva il maggior numero di prigionieri possibile, considerando il carcere la sua cattedrale e i carcerati il popolo che Dio gli aveva dato perché se ne prendesse cura.  Sentiva il bisogno di assicurare la presenza di Dio in mezzo a quei fratelli sofferenti, disperati. Questa era la volontà di Dio e questa era la sua scelta.

 

Addirittura fece sì che ci fosse la possibilità di conservare per l’adorazione il Santissimo Sacramento che dona la vita.

Così ha scritto: Ogni settimana ha luogo una sessione di indottrinamento a cui deve partecipare tutto il campo .Al momento della pausa, con i miei compagni cattolici, approfittiamo per passare un pacchettino, con dentro l’Eucarestia, a ciascuno degli altri quattro gruppi di prigionieri: tutti sanno che Gesù è in mezzo a loro; è lui che cura tutte le sofferenze fisiche e mentali. La notte i prigionieri si alternano in turni di adorazione; Gesù eucaristico aiuta in modo tremendo con la sua presenza silenziosa. Molti cristiani ritornano al fervore della fede durante questi giorni; anche buddhisti e altri non cristiani si convertono. La forza dell’amore di Gesù è irresistibile. L’oscurità del carcere diventa luce, il seme è germinato sotto terra durante la tempesta.Offro la Messa insieme al Signore: quando distribuisco la comunione do me stesso insieme al Signore per farmi cibo per tutti. Questo significa che sono sempre totalmente al servizio degli altri.Ogni volta che offro la messa ho l’opportunità di stendere le mani e di inchiodarmi sulla Croce con Gesù, di bere con lui il calice amaro. Ogni giorno, recitando o ascoltando le parole della consacrazione, confermo con tutto il cuore e con tutta l’anima un nuovo patto eterno fra me e Gesù, mediante il suo Sangue mescolato al mio (1Cor 11,23-25). Gesù sulla croce iniziò una rivoluzione. La nostra rivoluzione deve cominciare dalla mensa eucaristica e da qui essere portata avanti. Così potremo rinnovare l’umanità. Ho trascorso 9 anni in isolamento. Durante questo periodo celebro la Messa ogni giorno verso le 3 del pomeriggio: l’ora di Gesù agonizzante sulla croce. Sono solo, posso cantare la mia Messa come voglio, in latino, francese, vietnamita….Porto sempre con me il sacchettino che contiene il Santissimo Sacramento: ‘Tu in me ed io in te’.

Sono le più belle Messe della mia vita.

La sera, dalle 21 alle 22, faccio un’ora di adorazione, canto Lauda Sion , Pange lingua, Adoro Te, Te Deum e cantici in lingua vietnamita, malgrado il rumore dell’altoparlante che dura dalle 5 del mattino alle 11 e 30 della sera. Sento una singolare pace di spirito e di cuore, e la gioia, la serenità della compagnia di Gesù, di  Maria e Giuseppe. Canto Salve Regina, Salve Mater, Alma Redemptoris mater, Regina coeli…. in unità con la Chiesa universale. Malgrado le accuse, le calunnie contro la Chiesa, canto Tu es Petrus, Oremus pro Pontifice nostro, Christus vincit… Come Gesù ha sfamato la folla che lo seguiva nel deserto, nell’Eucarestia è lui stesso che continua ad essere cibo di vita eterna.

 

Nell’Eucarestia annunciamo la morte di Gesù e proclamiamo la sua resurrezione. Vi sono momenti di tristezza infinita. Come faccio? Guardo a Gesù crocifisso e abbandonato sulla croce.

Agli occhi umani la vita di Gesù è una vita fallita, inutile,  frustrata; ma agli occhi di Dio, sulla croce Gesù ha compiuto l’azione più importante della sua vita, perché ha versato il suo sangue per salvare il mondo. Quanto Gesù è unito a Dio, quando sulla croce, non può più predicare, curare gli infermi, visitare la gente, fare miracoli, ma rimane nell’immobilità assoluta!

Gesù è il mio primo esempio di radicalismo dell’amore. Egli ha dato tutto se stesso come pane per essere mangiato e dare vita al mondo. La moltiplicazione dei pani è un annuncio, un segno dell’Eucarestia che Gesù avrebbe istituito.

Preghiera: Presente e Passato

 

 Gesù amatissimo,

questa sera, in fondo alla mia cella,

senza luce, senza finestra, caldissima,

penso con fortissima nostalgia alla mia vita

pastorale.

 

Otto anni da vescovo, in questa residenza,

a soltanto due chilometri dalla mia cella

di prigionia,

sulla stessa strada, sulla stessa spiaggia…

Sento le onde del Pacifico, le campane

della cattedrale.

–          Una volta celebravo con patena e calice

dorati,

ora il tuo sangue nel palmo della mia mano.

–         Una volta percorrevo il mondo

per conferenze e raduni:

ora sono recluso in una cella stretta,

senza finestra.

–         Una volta andavo a visitarti nel tabernacolo,

ora ti porto, giorno e notte, con me nella tasca.

–         Una volta celebravo la messa davanti

a  migliaia di fedeli,

ora nell’oscurità della notte, passando

la comunione sotto le zanzariere.

–         Una volta predicavo gli esercizi spirituali ai

preti, ai religiosi, ai laici…

ora un prete, anche lui prigioniero, mi predica gli

Esercizi di sant’Ignazio attraverso le crepe del

legno.

–         Una volta impartivo la benedizione solenne con

il Santissimo nella cattedrale,

ora faccio l’adorazione eucaristica ogni sera alle

21, in silenzio o  cantando sottovoce…

 

Sono felice, qui, in questa cella,

dove sulla stuoia di paglia ammuffita crescono

funghi bianchi,

perché tu sei con me,

perché tu vuoi che viva qui con te.

 

Ho parlato molto nella mia vita,

adesso non parlo più.

E’ il tuo turno, Gesù, di parlarmi.

Ti ascolto: che cosa mi hai sussurrato?

E’ un sogno?

Tu non mi parli del passato, del presente,

non mi parli delle mie sofferenze, angosce…

Tu mi parli dei tuoi progetti, della mia missione.

Allora canto, la tua misericordia,

nell’oscurità, nella mia fragilità,

nel mio annientamento.

 

Accetto la mia croce

e la pianto, con le mie due mani,

nel mio cuore…

 

Se tu mi permettessi di scegliere, non cambierei

Perché tu sei con me!

Non ho più paura, ho capito,

ti seguo nella tua passione

e nella tua risurrezione.              

                                                                   Nell’isolamento, prigione di Phù Khành,

                                                                      (Centro Viet Nam) 7 ottobre 1976,

                                                                                Festa del santo rosario        

 

 

QUINTO PANE: AMARE FINO ALL’UNITA’. IL TESTAMENTO DI GESU’

 

Per diversi mesi, mentre il Card. Van Thuan era in isolamento, le guardie avevano la proibizione di avere contatti con lui perché i capi temevano potessero essere ‘contaminati’ da lui. Egli d’altro canto diceva: “Vorrei essere gentile, cortese con loro, ma è impossibile, evitano di parlare con me. Non ho niente da dare loro in regalo”.

Una notte, dice il cardinale, mi viene un pensiero: “Francesco, tu sei ancora molto ricco. Tu hai l’amore di Cristo nel tuo cuore. Ama loro come Gesù ti ha amato”. L’indomani cominciò a condividere con loro tante sue esperienze di vita che crearono nelle guardie grande curiosità. Pian piano diventarono amici.

Così scrisse.

L’atmosfera della prigione è molto cambiata, la qualità delle nostre relazioni è molto migliorata. Perfino con i capi della polizia. Quando hanno visto la sincerità delle mie relazioni con le guardie, non soltanto mi hanno chiesto di continuare ad aiutarli nello studio delle lingue straniere, ma hanno anche mandato nuovi studenti presso di me.

“Quando c’è l’amore, si sente la gioia e la pace perché c’è Gesù in mezzo a noi”. E così disse a se stesso: “Indossa una sola uniforme e parla un solo linguaggio: la carità”.

 

Riuscì ad avere da una guardia un pezzo di legno da cui ottenne una croce che conservò nascosta fino alla liberazione. Con una cornice di metallo, quella croce diventò poi la sua croce pettorale. Da un’altra guardia riuscì ad avere un filo elettrico che tagliò a pezzi dalle dimensioni di un fiammifero che forgiò in una catena. Questa croce e questa catena la portò con se ogni giorno non perché erano ricordi della prigionia, ma perché indicavano per lui una convinzione profonda, un costante richiamo: solo l’amore cristiano può cambiare i cuori, non le armi, non le minacce, non i media.

La forza liberatrice dell’amore di Cristo che lasciamo operare in noi per essere come quel ragazzo che offrì tutto ciò che aveva, cinque pani e due pesci, dà a Gesù l’occasione di compiere un grande miracolo!

 

Preghiera: Tutto per la missione! Tutto  per la Chiesa!

 

“Padre, fermamente lo credo che tu mi hai affidato una missione

tutta segnata dal tuo amore.

Mi prepari il cammino. Io non smetto di purificarmi

e di ancorarmi nella risoluzione.

Si, sono deciso: diverrò una silenziosa offerta,

servirò da strumento nelle mani del Padre.

Consumerò il mio sacrificio,

attimo dopo attimo,

per amore della Chiesa: ’Eccomi, sono pronto!’

‘Ho desiderato ardentemente di mangiare

questa pasqua con voi’ (Lc 22,15).

‘Tutto è compiuto’ (Gv 19,30).

Amatissimo Padre,

unito al santo Sacrificio che continuo a offrire,

mi inginocchio in questo istante

e per Te pronuncio la parola che sale dal mio cuore: “Sacrificio”.

Un sacrificio che accetta l’umiliazione come la gloria,

un sacrificio gioioso, un sacrificio integrale.

Canta la mia speranza e tutto il mio amore.

 

(NB: Per quanto riguarda i due pesci: Chissà, qualche giorno tratterò pure questi.

PRIMO PESCE: MARIA IMMACOLATA, IL MIO PRIMO AMORE.

SECONDO PESCE: HO SCELTO GESU’).

 

La stesura di questo testo mediante tanta riflessione e tanta preghiera, mi ha dato gioia e ha  reso la mia gratitudine a Dio per il dono della fede e della mia consacrazione per la Missione più sentita e più gioiosa.

La convinzione che Gesù vive in mezzo a noi, parla e opera per la nostra salvezza e per la salvezza di tutta l’umanità e il mio desiderio di accoglierlo sempre perché possa operare meraviglie, mi danno forza.

Spero e prego che Gesù sia la forza di noi tutti, il punto di riferimento nel nostro cammino di vita, e sia la nostra speranza.

 

Vi benedico di cuore,

P. Giovanni Taneburgo