DOCENTE ILLUMINATO, UN COMBONIANO ALLA SCOPERTA DELLA SUA AFRICA, UN AMICO E CONSIGLIERE PER TANTI
DI CARLO CASTELLINI
Se n’è andato in punta di piedi, a novant’anni suonati, DANILO CASTAGNEDI, nativo di Verona, originario di Quinto di Valpantena. Una foto di gruppo lo ritrae, secondo da sinistra, vicino a fratel ARTURO PAOLI, e a PADRE ALEX ZANOTELLI, una delle tante amicizie annodate durante la sua lunga esistenza di uomo aperto, missionario generoso, di prezioso amico. Venerdì, 7 giugno 2013, si è spento a Milano, presso il Centro Padre Giuseppe Ambrosoli, (dal nome del grande medico missionario). DANILO era stato allievo dell’Istituto DON NICOLA MAZZA, di Verona, come lo era stato DANIELE COMBONI, e si fa missionario entrando nella famiglia comboniana. Ma perché lo vogliamo ricordare? Perché per me (e per tanti altri), è stato un orientatore illuminato; non è stato solo un erudito professore di lettere del Liceo, colto e preparato, ma perché si preoccupava di allargare gli orizzonti dei suoi allievi liceali; non era chiuso solo nello studio delle discipline obbligatorie della scuola, ma aveva compreso l’importanza di guardare oltre gli orizzonti chiusi e aveva fatto comprendere l’importanza della cultura, della lettura, del cinema che aveva fatto entrare nel Liceo di Carraia (Lucca). Aveva un sincero desiderio di dialogo e di rapporti umani, che lo portavano a curare le amicizie, maschili e femminili, per incentivare le quali aveva organizzato, incontri periodici con giovani laici e studentesse universitarie, che vennero a visitare il nostro Liceo, che era stato ideato e costruito dal padre QUINTO NANNETTI. Contatti, che, per alcuni, continuarono anche dopo il periodo liceale. Danilo era nato povero, ma intelligente; aveva frequentato le scuole medie e le classi del ginnasio del collegio di DON NICOLA MAZZA, che un secolo prima aveva visto come promettente allievo DANIELE COMBONI stesso, il bresciano che veniva da Limone del Garda (Brescia). Conseguita la maturità decide di farsi missionario. Ed il 5 aprile 1947 viene ordinato sacerdote; in quello stesso anno si licenzia in Teologia; dopo di cioè inizia lo studio delle Lettere, di cui diventerà un esperto conseguendo la laurea nel 1953. L’anno seguente parte per Asmara (Eritrea), e viene scelto quale docente del seminario. Vi rimane per quattro laboriosi anni, dopo i quali viene richiamato in Con l’anno 1958-1959, la sede del Liceo lascerà Firenze per trasferirsi con un centinaio di liceali in quel di Carraia (Lucca). Sono tanti i giovani che l’hanno conosciuto ed hanno potuto fruire dei suoi insegnamenti. Intellettualmente preparato, aveva le antenne dell’uomo che sa captare “i segni dei tempi”. Nella formazione dei giovani sarà coadiuvato da GIULIANO VOLPI, maestro spirituale, che portò un soffio di modernità nella cosiddetta “direzione spirituale”, come allora veniva chiamata, arricchendo la sua teologia dei doni dello Spirito, con le sue intuizioni scientifiche, frutto dello studio della psicologia umana; che gli permetteva di ascoltare con facilità i giovani candidati e di orientarli in maniera efficace, molto moderna per quei tempi. Sarà aiutato anche da GUIDO MIOTTI, allora Preside degli Studi; piuttosto timido e rigido, ma premuroso e scrupoloso docente di Filosofia. Danilo Castagnedi voleva che i suoi liceali allargassero i loro orizzonti ed avessero interessi culturali aperti, come al cinema ed al teatro. Non temeva di provocarci con le sue proiezioni di films e autori divenuti poi classici, ma anche di grandi registi internazionali. Teneva anche che fossimo disponibili ed imparassimo ad essere missionari in quella primavera che la Chiesa stava vivendo con la celebrazione del grande evento del Concilio Ecumenico Vaticano II. In questo senso fu feconda e si rivelò provvidenziale l’amicizia annodata con ENRICO BARTOLETTI, eletto da PAOLO VI alla guida della CEI (Conferenza Episcopale Italiana), una bella figura, una sorta di “alter ego”, finissimo, spirituale e colto di GIOVAN BATTISTA MONTINI. Per cui potemmo ascoltare parole illuminate e raffinate di ENRICO BARTOLETTI. Un carattere aperto come quello di DANILO CASTAGNEDI, non eÌ€ pensabile che non abbia conosciuto anche delle amarezze, proprio a causa delle sue idee e delle sue amicizie; anche se tali sofferenze psicologiche, che in poche occasioni rivelava apertamente, erano costantemente tenute nascoste dal suo disponibile sorriso, di comprensione ma anche di ironia. Non era comunque una lagna e non era affetto dal complesso della vittima. (Ndr). Le parole udite da noi da questo raffinato e colto monsignore arricchirono il liceo di nuove idee, di attese e di tensioni intellettuali morali e pedagogiche che elevarono a poco a poco il tono educativo di tutto il liceo. Anche padre DANILO CASTAGNEDI, si lasciò contagiare dall’entusiasmo delle nuove idee, dall’evento del Concilio, fu in questo periodo che a Roma convenivano i primi vescovi africani e il missionario veronese, volle che fosse proprio uno di loro a raccontare a noi giovani il senso del Concilio Ecumenico Vaticano II. Per questo ricordano ancora alcuni suoi allievi, indimenticabili rimasero gli incontri con mons. JEAN ZOA, ARCIVESCOVO DELLA CAPITALE DEL Camerun, Yaoundé. Era un uomo libero da ogni complesso Mons. ZOA, e quindi libero anche di farci sentire, tramite la sua parola appassionata, il soffio dello Spirito che aleggiava allora sulla Chiesa tutta. Aveva una suo stile personale non affettato, DANILO CASTAGNEDI, che rivelava nel suo rapporto personale che sapeva stabilire con ognuno di noi; ma sapeva anche farsi carico dei problemi e delle sofferenze altrui. E all’occasione opportuna era un buon consolatore. Infine, non possiamo dimenticare le amicizie con ROMANO SCALFI e GEROLAMO MODESTO, i campioni per noi di RUSSIA CRISTIANA, prestigiosa rivista che allora portava alla conoscenza dei problemi della Chiesa e dei Cristiani d’oltrecortina, come si diceva allora. Scaturirono da qui quelle splendide serate che era il condimento della vita comunitaria ispirata già alle missioni. Per questo motivo questi personaggi sono divenuti nel tempo come ICONE, di persone ricche di carisma che hanno inciso in maniera efficace nella cultura e formazione della nostra giovane vita di allora. E dopo cena il tempo era occupato dai canti robusti e corali della Chiesa ortodossa. Anche l’attenzione alla musica sacra fece fare un salto di qualità a tutto l’ambiente; con la valorizzazione del talento musicale di MICHELE BONFITTO, missionario pugliese di San Marco in Lamis, che si era esibito davanti alla regina ELISABETTA d’Inghilterra. Raffinato musicologo ma anche splendido comunicatore di musiche ispirate, che diedero nuovo colore e sapore ai canti della liturgia, ancora troppo ancorata a canti, che sia nel testo che nella musica sono troppo anacronistici. Ora i suoi canti sono cantati in tante chiese italiane. La maturità lo porta a contatto ormai con la gente e viene richiesto a Brescia come parroco della parrocchia del Buon Pastore, prima gestita dai Comboniani ed ora dai sacerdoti diocesani. Quando la Redazione di Nigrizia da Roma, aveva traslocato, il nostro fece ritorno a Verona e padre DANILO fu posto a fianco di padre ALEX ZANOTELLI, per garantirgli che l’italiano degli articoli, lui uomo di lettere fosse all’altezza della prestigiosa rivista. Lavoro che svolse con scrupolosa attenzione. Ma va maturando anche per lui l’idea della missione, condizione essenziale per una vocazione comboniana. Ed allora dal 1986 al 1988, per due anni lo ritroviamo in Africa, come aiuto del padre Maestro dei Novizi, nel noviziato comboniano di Isiro, nella Repubblica Democratica del Congo. L’Africa gli entra nel cuore attraverso i colori, i suoni, gli odori ma soprattutto per il silenzio della foresta che lui rievoca e ricorda spesso nel suo Diario che gli amici suoi ex-alunni hanno hanno ordinato e pubblicato a mo’ di manoscritto dal titolo:”STAGIONE D’AFRICA”: gli amici sono LUIGI MARTINELLI, di Pavia, MICHELE MARTINELLI di Lucca, e SALVATORE TASSETTO di Roma. E concludo con il ricordo di alcune riflessioni sul suo incontro con la SUA AFRICA il cui respiro lui affida alle prime pagine del suo DIARIO “STAGIONE D’AFRICA”…….Parlo della foresta senza conoscerla, ma tutti parliamo di cose che no conosciamo. E meno conosciamo realtà e più ci affatichiamo a parlarne, così fabbrichiamo mondi a nostra misura. Ma noi ci restiamo sconosciuti….”. ”…Quell’immenso polmone di verde che ci fa respirare aria salubre: nel profondo silenzio forestale si creano le condizioni indispensabili perché si viva. Là, in foresta, tutto liberamente nasce, cresce e si dilata, si erge verso l’alto in pienezza di vita, il regno della vita che non ha subito castigo. La foresta obbedisce alla vita. Noi viviamo fuori, in un paradiso artificiale che stravolge la vita e la mortifica”. “….Vive una foresta dentro di noi? Ho scoperto in me la foresta. Che sinfonia! Lo spirito esulta, vibra e i sensi placidamente s’accordano.. Domani vivrò in foresta con il sole, le formiche, i ragni. E la sinfonia continuerà, non voglio interrompere l’ascolto. Con il mio silenzio diventerà più maestosa fino ad imporsi su tutto. E la “mia” foresta canterà:”Altissimo, onnipotente, mio Signore….”. (CARLO CASTELLINI) |