Domande del papa in attesa di risposta…
Toccare un povero, assistere un povero, è un “sacramentale” nella Chiesa. Siate siete artigiani della misericordia e della compassione di Dio: accompagnando le persone senzatetto, date un volto concreto al Vangelo dell’amore. Offrendo loro un riparo, un pasto, un sorriso, tendendo le vostre mani senza paura di sporcarle, restituite loro la dignità e il vostro impegno tocca il cuore del nostro mondo spesso indifferente. (Papa Francesco, novembre 2024)
Che posto occupano i poveri nella Chiesa?
In teoria la risposta è chiara. I poveri sono, per la Chiesa, ciò che furono per Gesù: i preferiti, i più importanti, i primi. Ma questo in teoria. Perché nella pratica tutti sappiamo che, spesso, le cose funzionano in un altro modo. In questo bisogna essere molto concreti, se veramente vogliamo parlare non di teoria, ma di ciò che realmente accade nella vita. Per esempio, che posto occupano i poveri, molte volte, nelle cerimonie ecclesiastiche? Sicuramente stanno chiedendo la carità sulla porta del tempio. Inoltre di solito non stanno nei primi posti. E tanto meno nel presbiterio. Cosa farebbero lì? Disturberebbero. Che posto occupano nelle riunioni o negli incontri ecclesiali?
Senza alcun dubbio, molti penseranno che queste domande non sono altro che radicalismi senza capo né coda. Non pensavano così i cristiani nei primi tempi della Chiesa. Quello del posto che ciascuno occupa o pretende di occupare era un argomento molto serio tra quei cristiani e fece molto discutere. La lettera di san Giacomo denuncia severamente quelli che collocano i poveri in un luogo inferiore rispetto ai ricchi (Gc 2, 1-4). E nei Vangeli Gesù rifiuta con parole durissime quelli che pretendono occupare i primi posti (Mc 10,37-40; Mt 20,21-23; Mc 9,35; 12, 38-39; Lc 20, 46), perché questa era una delle pretese preferite dai farisei (Lc 11,43). Al contrario, nella comunità cristiana la tendenza dominante deve essere andare in fondo all’ultimo posto (Lc 14,7-11) o stare nel banco, non seduto comodamente, ma servendo gli altri (Lc 22,27).
Diciamo poi che se questo oggi non è attuale, bisogna tentare di renderlo fattibile, perché quello del luogo, che corrisponde a ciascuno, non è una sciocchezza. In tutte le società, le istituzioni, i gruppi, il luogo che si occupa esprime il rango della persona, la stima che merita, il potere che ha. E questo è ciò che diede tanti grattacapi a Gesù e ai suoi discepoli. Perché Gesù ha voluto a tutti i costi cambiare l’ordine che noi abbiamo posto secondo le nostre convenienze. Per Gesù “gli ultimi saranno i primi; e i primi, gli ultimi” (Mt 20,16).
Ma è chiaro che questa sovversione radicale non la vogliamo capire. L’insegnamento di Gesù durò per qualche tempo nella Chiesa. Naturalmente un radicalismo così non poté durare molto tempo, soprattutto nel modo in cui la Chiesa si organizzò a partire dal secolo quarto. I poveri tornarono al loro posto, l’ultimo. E le persone importanti recuperarono il loro posto particolare.
Quale voce hanno i poveri nella Chiesa?
In questa vita una persona ha veramente influenza se realmente il suo intervento risulta più o meno decisivo, se condiziona o determina in qualsiasi modo le decisioni che si prendono, sia esso in un’assemblea, in un’istituzione, in un gruppo.
Detto questo, a chiunque sorgono alcune domande. Prima di tutto, la più elementare, la più generica: che influenza hanno i poveri nelle decisioni importanti che si prendono nella Chiesa? Vengono consultati, in questo senso? Si tiene conto del loro punto di vista? Si pensa, almeno, che un simile punto di vista può essere importante? Se i parroci si lamentano del fatto che di solito non hanno competenze nel governo delle diocesi, se i laici, in generale, si lamentano di non avere alcun potere decisionale nelle questioni ecclesiastiche, che reale influenza di decisione può avere, in questa nostra Chiesa, la gente povera, che non sa di queste cose e non si interessa a esse, perché le risultano estranee, lontane e sicuramente senza senso? Dobbiamo riconoscere che parliamo spesso dei poveri, ma li ascoltiamo molto poco; spesso, non li lasciamo neanche parlare.
Che cosa chiedono i poveri alla chiesa?
Da quanto detto, possiamo tentare alcune risposte:
- In primo luogo che non abbia paura di loro, che non li ignori nel momento di pensare, decidere, attuare, insegnare, ecc.
- Che dia loro, come minimo, molto spazio e molta udienza come presta a numerosi potenti di questo mondo (ricchi, sapienti, gestori di quest’ordine presente…).
- Che li faccia non solo soggetti passivi della sua attenzione, ma soggetti attivi: iniziando a renderli presenti nei loro centri di analisi e di decisione.
- Che non perseguiti e maltratti tutti coloro che optano per i poveri e che tentano di costruire un mondo meno crudele e meno ingiusto per e con loro.
- Che, convertita a Dio, non ponga la sua sicurezza sull’appoggio ambiguo dei poteri di questo mondo quanto sull’appoggio debole dei poveri. E sappia che, se questo le crea dei problemi, li creò anche al suo Fondatore.
A cura di P. Teresino Serra
Fonte: condivisioni e documenti del Giubileo