Il premier libico Dbeibah mentre stringe la mano a Tajani, ministro degli esteri italiano. Credito: www.governo.it

L’Italia ha approvato un programma da 20 milioni di euro destinato al rimpatrio volontario assistito di circa 3.300 migranti vulnerabili presenti in Algeria, Tunisia e Libia, proprio nei giorni in cui le autorità libiche di Tripoli hanno ordinato l’espulsione di 10 organizzazioni umanitarie (tra cui l’italiana Cesvi) operanti nel paese.

Il portavoce dell’Agenzia per la sicurezza interna libica, Salem Ghaith, ha motivato l’espulsione accusando le ong di favorire «l’insediamento dei migranti» costituendo così «un pericolo alla sicurezza nazionale» e «un elemento che acuisce l’instabilità».

L’iniziativa italiana, sviluppata in collaborazione con l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), è stata annunciata durante la seconda riunione annuale del Comitato congiunto per la cooperazione allo sviluppo, presieduto dal vicepremier e ministro degli Affari esteri Antonio Tajani.

Alla riunione ha partecipato per la prima volta anche il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, segnale della priorità che il governo italiano attribuisce alla questione migratoria.

Programma contestato

Il programma, presentato come risultato della missione della cooperazione italiana in Africa occidentale svoltasi nel maggio 2024, ha però sollevato critiche da parte delle organizzazioni per i diritti umani.

Un gruppo di associazioni ha lanciato una campagna contro i programmi di rimpatrio dai paesi di transito, condannando quello che definiscono “l’uso illogico e distorto del cosiddetto rimpatrio volontario” da paesi come la Libia e la Tunisia, “dove i diritti fondamentali degli immigrati vengono sistematicamente violati”.

Le organizzazioni chiedono libertà di movimento, politiche di protezione anziché restrizioni, e maggiore trasparenza e garanzie sul rispetto dei diritti umani.

Caso Almasri, la proroga

Sempre sul tavolo dei rapporti tra Italia e Libia rimane il caso del generale libico Osama Almasri, che ha creato tensioni diplomatiche tra Roma e la Corte Penale Internazionale. La CPI ha accolto la richiesta dell’Italia di avere più tempo per presentare le proprie osservazioni sul caso del generale libico Osama Almasri.

La Camera preliminare ha concesso una proroga fino al 22 aprile, dopo aver «preso atto della volontà dell’Italia di impegnarsi in un ulteriore dialogo».

Tuttavia, la Corte dell’Aia ha sottolineato che il suo procedimento «non può essere condizionato» dall’indagine interna in corso avviata dal Tribunale dei ministri italiano, affermando che «non permetterà un rinvio indefinito» e incoraggiando l’Italia a presentare le sue osservazioni il prima possibile.

Proteste per la liberazione

Almasri era stato arrestato a Torino il 19 gennaio in seguito a un mandato emesso dalla CPI per crimini di guerra e contro l’umanità. Il generale libico è stato poi scarcerato il 21 gennaio su disposizione della Corte d’appello di Roma per “l’irritualità” dell’arresto e rimpatriato in Libia su un aereo di stato.

In seguito a un esposto, la premier Giorgia Meloni, il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il sottosegretario Alfredo Mantovano sono stati iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di favoreggiamento e peculato.

La CPI ha avviato un’indagine formale contro l’Italia per l’inadempienza nell’arresto e la mancata consegna di Almasri alle autorità dell’Aia.

Manovre militari

Nel frattempo, la Libia continua a essere teatro di tensioni politiche e militari. Il Consiglio presidenziale ha messo in guardia contro eventuali manovre militari non autorizzate verso Tripoli, sottolineando che qualsiasi movimento di personale di sicurezza e militare deve essere condotto sulla base delle sue istruzioni esplicite.

L’avvertimento arriva in seguito a notizie di intensi movimenti militari da Misurata a Tripoli, con convogli blindati dotati di armi pesanti, tra cui carri armati appartenenti alla Forza Operativa Congiunta.

Secondo fonti locali, queste forze, guidate da Omar Baghdadi, stanno prendendo di mira la Forza di deterrenza (Rada), l’Intelligence Service e il suo capo, Hussein al-Ayeb. Il Consiglio presidenziale ha ribadito che la stabilità e la sicurezza dell’intero territorio nazionale rappresentano una «priorità assoluta», essendo «pietra angolare per qualsiasi progresso politico o economico».

Qualsiasi azione al di fuori del quadro giuridico sarà considerata una violazione e i responsabili saranno soggetti a procedimenti legali senza eccezioni.

Sfide alla sicurezza

Gli osservatori vedono questi sviluppi come una sfida diretta alle decisioni del Consiglio presidenziale, in un momento di crescenti tensioni per la sicurezza a Tripoli. Le autorità ufficiali non hanno rilasciato ulteriori commenti, mentre cresce la preoccupazione per possibili ripercussioni sulla stabilità della capitale libica.

In questo contesto di crescente instabilità, le decisioni dell’Italia assumono quindi particolare rilevanza, sia sul piano umanitario che su quello diplomatico.

 

Dalla redazione di Nigrizia