a tratta degli schiavi è sempre esistita. Ma a partire da una certa epoca della storia è stata intensificata. Grazie soprattutto a certe prese di posizione delle religioni come l’Islam e il Cristianesimo. Per il Corano (= libro sacro per i Musulmani) tutte le persone non musulmane potevano essere ridotte in schiavitù e quindi vendute come merce e utilizzate come forza lavoro. I commercianti musulmani hanno praticato la tratta a partire dalla morte di Maometto (nel 632 dopo Cristo) fino al 2009, quando la Mauritania ha abolito ufficialmente la schiavitù. Ma le tradizioni sono lente a morire. In alcuni Stati a maggioranza musulmana persiste ancora, come il Ciad , il Sudan, la Mauritania stessa (dove il 30% della popolazione è attualmente ancora composta di schiavi). 

Per i Cristiani la tratta degli schiavi africani è cominciata ufficialmente nel 1452, quando Papa Niccolò V ha autorizzato il Re del Portogallo a commerciare schiavi africani, purché fossero pagani o Musulmani. 

L’abolizione è incominciata in Inghilterra nel 1807 e poi piano piano negli altri Paesi dell’Europa e del resto del Mondo.

Quanti schiavi africani sono stati venduti? Verso il Medio Oriente e le Indie, commercio in mano agli Arabi, almeno 20/25 milioni. E per la tratta atlantica? Dapprima il Portogallo, poi la Spagna, poi l’Olanda, poi l’Inghilterra e la Francia hanno portato in America almeno 14 milioni di schiavi. Bisogna aggiungere che in generale i commercianti europei di schiavi si fermavano sulle coste africane e compravano la “merce” da mercanti africani. Questa tratta inter-africana avrebbe venduto almeno 12/15 milioni di persone. Da notare poi che per “cacciare” uno schiavo ci voleva la violenza, con il massacro in media di 5 persone per uno schiavo catturato. La tratta quindi ha svuotato l’Africa dei suoi migliori abitanti. Gli schiavi venivano trasportati su navi negriere in Oriente o in America. Il primo carico di schiavi in America è arrivato nel 1511. La metà della “merce” moriva per strada, a causa della lunghezza dei viaggi e delle condizioni inumane del trasporto. 

Come erano impiegati gli schiavi? Nell’Africa del Nord, in Oriente e nelle Indie gli schiavi erano impiegati come forza lavoro, come soldati, come schiavi sessuali, come eunuchi a guardia degli Harem, oppure per la riproduzione…  Anche i Portoghesi avrebbero “allevato” schiavi nell’isola di Malabo (Guinea Equatoriale).

In America gli schiavi africani, apprezzati per la loro resistenza al lavoro nelle miniere e nella coltivazione della canna da zucchero (= da cui si traeva il liquore rum, molto apprezzato in Europa; oltre allo zucchero, prima della scoperta dello zucchero tratto dalla barbabietola, al tempo di Napoleone), furono preferiti al posto dei nativi americani, perché questi morivano come mosche a contatto con gli Europei.

Dove sono andati a finire gli schiavi africani portati dagli Arabi nel Medio Oriente, nell’Africa del Nord e nell’India? Si racconta di una ribellione avvenuta in Iraq, chiamata la rivolta degli Zanj, schiavi neri, avvenuta tra 869 e 883: fu domata a base di massacri immani. Forse questa repressione spaventosa ha tolto ogni velleità di ribellione degli schiavi in altri paesi del Medio Oriente. In realtà gli schiavi neri, convertiti all’Islam, si fusero con le popolazioni locali e scomparvero assieme alle loro culture originali.

Gli schiavi neri, portati in America, ebbero un’altra storia. Si convertirono in massa al Cristianesimo. Ricordiamo san Pietro Claver (1581-1654), missionario gesuita. Operò a Cartagena, porto schiavista della Colombia. Si è preoccupato del trattamento umano degli schiavi e della loro evangelizzazione, aiutato anche da catechisti africani. 

Ma, a differenza dell’Islam, il Cristianesimo era proposto adattandolo alle culture degli schiavi neri. E’ il famoso principio dell’incarnazione, che sfocia nell’inculturazione. Si può essere Cristiani conservando la propria lingua, la propria cultura, le proprie tradizioni, accettando però il Cristo come il Salvatore, figlio di Dio e Messia. 

Mentre nell’Africa del Nord, in Oriente e nell’Estremo Oriente gli schiavi africani si sono confusi con la popolazione locale, accettandone la lingua, i costumi, la religione, in America invece molte tradizioni sono rimaste, conservate dagli schiavi, soprattutto quando nel 19° secolo è arrivata la libertà.

Si possono menzionare le comunità “afro” del Brasile, della Colombia, dell’Ecuador, di Cuba, degli USA, ecc. In esse i Missionari Comboniani hanno lavorato e lavorano con particolare impegno. Basta leggere, per esempio, la rivista NIGRIZIA, dove se ne parla sempre ampiamente. 

In America inoltre hanno avuto grande importanza le comunità “afro” degli USA, dei Caraibi, della Giamaica, di Cuba e di altre isole delle Grandi Antille, ecc.

Che cosa il mondo moderno ha ricevuto da queste comunità “afro”? Si può riassumere il loro apporto in tre grandi realtà: il ritmo nella musica e nelle danze, e i nuovi canoni nell’espressione di pitture e sculture, e nell’architettura. Agli inizi del XX secolo le mostre di maschere africane, organizzate a Bruxelles nel 1897, a Parigi nel 1907, a Colonia nel 1912, ecc. hanno avuto uno straordinario successo. Artisti come Picasso, Modigliani, Matisse, Braque e altri, hanno imposto un nuovo stile all’arte figurativa moderna, ispirandosi all’arte di origine africana. I canoni della bellezza greca in uso fino ad allora (come le indicazioni di Vitruvio, celebre architetto romano, 80-15 prima di Cristo) non rispondevano più ai desideri dell’uomo attuale. Un quadro celeberrimo come Guernica di Pablo Picasso (1881-1973), eseguito dal pittore per la mostra di Parigi del 1937, esprime tutto l’orrore della guerra con uno sguardo completamente diverso dall’arte tradizionale, ma terribilmente efficace. 

Questo vale anche per la scultura (per esempio Modigliani, nato nel 1865 a Livorno e morto a Parigi nel 1927), per la musica e per l’architettura. 

Le regioni dove si è prodotta la musica con ritmi moderni sono i Caraibi, le Antille, gli USA , Cuba e il Brasile. Per esempio i ritmi: reggae, rumba, merengue, salsa, chachacha, ecc. Giamaica, isola delle Grandi Antille, ha dato i natali al celebre cantante del reggae Bob Marley (1945-1981). Negli USA, soprattutto nel Sud, dove viveva la maggioranza degli schiavi neri, è nato il Jazz.  In particolare attorno alla città di New Orleans. Artisti celebri sono la cantante nera Ella Fitzgerald (1917-1996), la First Lady del Jazz. Da ricordare anche il trombettista nero Louis Amstrong (1901-1971), sempre per la musica Jazz. 

Tra i Cristiani neri americani, soprattutto Protestanti, celebri sono i canti Spirituals e i Gospel.

Il Brasile, un altro focolaio di musica “afro”, ha importato e trasformato ritmi e musica dagli USA, ma soprattutto le tradizioni africane sono state rimesse in valore. Celebri le danze e i ritmi rumba. Basta pensare al famoso Carnevale di Rio de Janeiro. Anche dal punto di vista religioso, il Brasile ha prodotto il Condomble, un sincretismo tra religioni tradizionali africane del Golfo di Guinea e il Cattolicesimo, una vera religione afrobrasiliana. 

Dal Brasile poi la musica rumba si è spostata in Africa, con il suo centro a Kinshasa.  Da Kinshasa si è diffusa in molti altri paesi dell’Africa. Da ricordare il compositore e cantante Joseph Kabasele, padre della musica congolese, chiamato anche Grand Kallé, autore nel 1960 del celebre canto “Indépendence cha cha”, modello per tanti altri canti e danze tipicamente africani del giorno d’oggi.

Canti, ritmi, figure, maschere, sculture, dipinti, passati in America, portati dagli schiavi, frutto della fantasia e del genio africano, poi sono stati accettati anche in Europa come espressioni dell’arte figurativa moderna. I ritmi che accompagnano le danze, le percussioni, l’importanza dei tamburi, i canti, ecc. esprimono l’identità “afro”, la gioia di vivere, la soluzione dei conflitti, il desiderio di pace e la ricerca della convivenza tra tutti i popoli. 

La cultura africana, anche attraverso le terribili sofferenze della tratta degli schiavi, ha arricchito il bagaglio delle espressioni artistiche del Mondo intero.

Tonino Falaguasta Nyabenda