Il porporato spagnolo, prefetto Dicastero per il Dialogo interreligioso, è scomparso oggi a 72 anni. Era ricoverato al Policlinico Gemelli. Alla guida del Dicastero dal 2019, aveva accompagnato il Papa in quasi tutti gli ultimi viaggi apostolici. La salute lo aveva costretto negli ultimi tempi a continui ricoveri e interventi. Questa mattina Francesco aveva rivolto un pensiero per lui

Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano

Una figura discreta, gentile, dalla grande intelligenza e conoscenza e dalla fede profonda. Lo si vedeva spesso camminare per Via della Conciliazione a pregare sotto voce mentre si dirigeva al suo ufficio. Così in molti ricordano in queste ore il cardinale Miguel Ángel Ayuso Guixot, prefetto del Dicastero per il Dialogo interreligioso, morto oggi, 25 novembre, a 72 anni. Era ricoverato al Policlinico Gemelli. Proprio questa mattina il Papa, durante il discorso a una delegazione internazionale giainista alla quale erano presenti rappresentanti del Dicastero aveva menzionato il porporato spagnolo: “Sta molto male di salute, è in fin di vita”, ha detto.

Ayuso Guixot aveva problemi di salute da tempo, che lo avevano costretto a ripetuti ricoveri ospedalieri e interventi chirurgici. Per questo non gli era stato possibile accompagnare il Papa lo scorso settembre nel lungo viaggio papale nel Sud Est Asiatico e in Oceania, dove forte era la componente interreligiosa. Uno dei tanti “viaggi della fratellanza”, come il cardinale, grande conoscitore dell’islam e del mondo arabo, amava descrivere le visite di Papa Francesco in Paesi dove la Chiesa cattolica è minoritaria, per rinsaldare il dialogo tra le religioni quale priorità del pontificato. Viaggi a cui Ayuso Guixot aveva sempre partecipato nel seguito.

In particolare nel 2019 aveva vissuto la trasferta negli Emirati Arabi Uniti e in Marocco nel febbraio e nel marzo in qualità di segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, e quella a novembre in Thailandia e Giappone, da presidente dello stesso Dicastero poche settimane dopo esser stato creato cardinale, il 5 ottobre 2019. Poi era presente allo storico viaggio del Papa in Iraq, nel marzo 2021, primo dopo la pausa forzata dovuta alla pandemia. Un pellegrinaggio, quello nella terra di Abramo, che, diceva il porporato in alcune interviste, aveva rivitalizzato un Paese martoriato: dopo la visita del Papa il mondo non lo avrebbe ricordato solo per le violenze e le scene di devastazione ma anche per l’allegria e la gioia della sua gente. Nonostante tutto.

Nel 2022 il capo Dicastero era stato con il Papa in Kazakhstan e Bahrein, dove l’anno seguente per in due occasioni tornò da solo per conferire l’ordinazione episcopale a monsignor Aldo Berardi, vicario apostolico dell’Arabia del Nord, e per l’apertura della Porta Santa ad Abu Dhabi per il Giubileo dei martiri di Arabia. Era presente pure in Mongolia nel settembre 2023. Poi la malattia aveva preso il sopravvento.

Quinto di nove figli di una famiglia numerosa e profondamente cattolica, era nato il 17 giugno 1952 a Siviglia (Spagna). E proprio la cultura della città andalusa, in cui la torre della cattedrale – una delle più grandi chiese del mondo – era stata in precedenza il minareto di una grande moschea, aveva inciso fortemente nella sua sensibilità, così come l’ambiente domestico. Inizialmente aveva frequentato il Collegio Sant’Antonio Maria Claret, trascorrendo un anno nel seminario minore sevillano. Successivamente si era iscritto alla facoltà di Legge dell’Università cittadina, pur continuando a frequentare la Chiesa e i ritiri spirituali per giovani. Lì era entrato in contatto con la rivista e le pubblicazioni dei missionari comboniani del Cuore di Gesù, decidendo nel settembre 1973 di entrare nella congregazione. Emise la professione perpetua il 2 maggio 1980, poi ordinato sacerdote il 20 settembre dello stesso anno. Proseguì gli studi a Roma, alla Pontificia Università Urbaniana e al Pontificio Istituto di Studi arabi e d’islamistica (Pisai), dove aveva conseguito la licenza nel 1982.

Nell’ottobre dello stesso anno era partito alla volta dell’Egitto, parroco al Cairo nella comunità latina del Sacro Cuore ad Abbasiyya, non lontano dall’università di Al-Azhar, dedicandosi all’accoglienza e all’assistenza dei giovani sudanesi cattolici presenti nella capitale egiziana come studenti, migranti o rifugiati politici. Questa esperienza lo aveva condotto poi in Sudan nel tempo della guerra civile. Nel 2006 era divenuto preside del Pisai, dove prima era stato direttore degli studi, quando i Missionari d’Africa (Padri bianchi) aprirono a Tunisi una casa per sacerdoti e religiosi.

Nel 2007 è stato nominato consultore del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso. In quell’anno il cardinale Jean-Louis Tauran veniva nominato come presidente. Nel 2012 Papa Benedetto XVI lo nominò segretario del Dicastero. Alla morte di Tauran, Francesco lo nominò prefetto il 25 maggio 2019. Un avvicendamento quasi naturale alla guida del Pontificio Consiglio che si occupa delle relazioni con le altre religioni. Da lì un susseguirsi di impegni, di viaggi in ogni angolo del mondo per testimoniare ai fratelli musulmani, indù, buddisti, sikh, shintoisti, confuciani o delle religioni tradizionali la possibilità di instaurare un dialogo e lavorare insieme, come “fratelli tutti”.

Da vaticannews.va