Prima lettura (Dn 12,1-3)

In quel tempo, sorgerà Michele, il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo.

Sarà un tempo di angoscia, come non c’era stata mai dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo; in quel tempo sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel libro.

Molti di quelli che dormono nella regione della polvere si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l’infamia eterna.

I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre.

 

Il testo descrive aspetti in cui la storia dell’umanità e il creato saranno coinvolti nell’evento finale. Nella circostanza Dio, trascendente e inaccessibile nel mistero che gli è proprio, si manifesterà secondo la tradizione dell’Antico Testamento, come angelo (messaggero) nella figura di Michele, “il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo”.

Tale evento “Sarà un tempo di angoscia, come non c’era stata mai dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo”, caratterizzato dall’ansia, da intensa inquietudine, dal malessere determinato dal pericolo. Si tratta dell’ultimo e definitivo intervento di Dio, compimento della volontà e del progetto. Sarà il momento finale dell’azione creativa nella quale tutti saranno coinvolti, compreso il creato, e tutto sarà sottoposto al mutamento radicale.

Nella prospettiva che ciò accada è viva la preoccupazione, lo sconcerto e la paura, ancor più nell’eventuale prossimità. Il che è motivo di angoscia che, solo a pensarci, lascia sgomenti e suscita malessere. Tuttavia, ecco l’altra faccia dell’evento: “In quel tempo sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel libro”.

Costoro hanno adempiuto fedelmente la Legge, ma chi riterrà di averla compiuta adeguatamente? Ecco, allora, l’impegno nella vita giornaliera di moltiplicare precetti e la meticolosa osservanza per ottenere meriti al fine di essere iscritti nel libro.

In quel tempo, “molti di quelli che dormono nella regione della polvere si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna per l’infamia eterna”. Nell’insieme di questi riferimenti si percepisce l’evento della risurrezione alla fine dei tempi.

È doveroso precisare che nell’Antico Testamento, pur trovando chiari riferimenti alla risurrezione, essa ha un profilo ben diverso da quella che si realizzerà nella persona di Cristo. Accade, a volte, di dover usare la stessa parola che indica realtà ben diverse come in questo caso e con scarsa relazione tra loro. Pertanto, l’argomento risurrezione è finalizzato a dissuadere chi ignora, o si disinteressa dell’osservanza della Legge, dato che con la morte, essa non avrà alcuna rilevanza o potere. Ma è un auto-inganno!

In quel tempo”, alla fine della storia, anche i morti risorgeranno e saranno giudicati secondo la Legge. In nessun modo sfuggiranno dalle conseguenze del compimento o meno dei precetti e dei comandamenti: la Legge li raggiungerà anche dopo la morte e nessuna persona sfuggirà dal giudizio.

Invece la resurrezione di Cristo già è trasmessa e partecipa chi, per la fede, confida nel dono del perdono dei peccati, nel ristabilire l’Alleanza e la vita eterna per la pratica dell’amore e il comandamento di amarsi gli uni con gli altri come Lui ha amato e continua ad amare. In tale situazione, oltre l’iscrizione nel libro, la pratica dell’amore, caparra di speranza “in quel tempo”.

I saggi praticano la legge. Fanno di essa il perno della vita, non per obbligo né per paura, ma per convinzione e gratitudine amorosa e soddisfazione di crescita personale e sociale. Pertanto, costoro “risplenderanno come lo splendore del firmamento (…) come le stelle per sempre”. Il risplendere già è presente nel declinare serenità e convinzione per indurre “molti nella giustizia”, nella pratica corretta della Legge.

Pertanto, i saggi, insegneranno a molti, sia verbalmente spiegando, argomentando e motivando, sia con il compimento della Legge nel perseguire la meta per la pratica della fraternità, del diritto e della giustizia, nel risplendere della gloria senza fine.

Comprendere lo spirito della Legge, protendere al fine che propone, è partecipare del mistero dell’amore che Dio ha disposto per tutti gli uomini. La Legge è data sul Sinai dopo la liberazione del popolo dalla schiavitù d’Egitto e stabilisce il cammino della libertà per amare, in modo da non fare della terra promessa un nuovo Egitto.

Dio ha donato la libertà per amare. È nell’esercizio dell’amore la reinterpretazione creativa della legge, compimento della giustizia e del diritto. Ciò costituisce lo splendore dei credenti e la perenne validità della legge. Lo splendore sarà ulteriormente potenziato “In quel tempo” per la conoscenza e l’esperienza degli effetti della morte e risurrezione di Cristo. “In quel tempo” (oggi e ora?!) Dio interverrà con il suo ultimo e definitivo.

La seconda lettura si comprende nell’ orizzonte di Cristo.

 

Seconda lettura (Eb 10,11-14.18)

Ogni sacerdote si presenta giorno per giorno a celebrare il culto e a offrire molte volte gli stessi sacrifici, che non possono mai eliminare i peccati.

Cristo, invece, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati, si è assiso per sempre alla destra di Dio, aspettando ormai che i suoi nemici vengano posti a sgabello dei suoi piedi. Infatti, con un’unica offerta egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati.

Ora, dove c’è il perdono di queste cose, non c’è più offerta per il peccato.

Il brano mette in rilievo le differenze tra il sacerdozio in Israele e quello inaugurato da Cristo con la sua morte e risurrezione. Il primo è celebrato giornalmente, per “offrire molte volte gli stessi sacrifici, che non possono mai eliminare i peccati”.

Cristo, invece, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati”, esercita il sacerdozio di sé stesso, vittima e rappresentante dell’umanità peccatrice che rifiuta radicalmente e violentemente il Dio che Gesù testimonia con la Parusia, l’avvento del Regno, e la mistica già nel presente. Nel rifiuto della persona e della comunità la forza e il potere del peccato si riversa su di lui.

Gesù, sottoposto a ogni tipo di rifiuto e alla violenza, all’umiliazione della croce, non si piega né cambia discorso e rotta, ma mantiene salda la fiducia nella promessa del Padre riguardo all’avvento Regno di Dio. In tal caso, piegarsi è tolleranza, compromesso e spazio al peccato. Con “tolleranza zero”, a prezzo della morte, rende vana la forza e il potere del peccato. La “tolleranza zero” motiva e sostiene l’immenso amore per tutti e l’umanità. E così ottiene, a nostro favore, il perdono dei peccati. Il Padre, con il Figlio sulla croce, oggettivamente determina l’umanità purificata, rigenerata, trasformata e giustificata dal peccato.

Gesù agisce a nostro favore quale rappresentante dell’umanità. “Per noi uomini, per la nostra salvezza discese dal cielo” recita il Credo. La salvezza è donata gratuitamente a ogni persona per la fede escatologica di Gesù assunta dal credente con consapevolezza e determinazione che oltrepassa la logica umana: “Infatti, con un’unica offerta egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati”.

Alla base sta la percezione di quello che Paolo manifesta: Cristo che “mi ha amato e ha consegnato sé stesso per me” (Gal 2,20). Ha agito a “mio favore”, e con esso dona giustizia e santità. Pertanto non è mancanza di rispetto presentarsi a Dio come giusto e santo, se è sincero nell’intimo il dono dell’amore e la determinazione di attuarlo in ogni circostanza.

Il favore è ripetutamente attualizzato (a causa della debolezza, mai completamente vinta) per l’azione dello Spirito Santo che, nell’offrire instancabilmente il favore, il dono, introduce nella vita eterna. Ecco l’effetto: “consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Gesù Cristo” (Rm 6,11). Pertanto, pur coinvolti nelle tentazioni dalle quali sembra impossibile uscire indenni, si raggiunge la vittoria sul peccato. Alla santificazione dell’essere (conversione e trasformazione dell’intimo) corrisponde quella dell’adeguato comportamento nella pratica della carità interpersonale e sociale.

Compiuta la missione, Cristo “si è assiso per sempre alla destra di Dio”. E il Padre “Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù” (Ef 2,6). La redenzione e la giustificazione hanno posto le condizioni affinché il peccato sia vinto in chi crede in Gesù Cristo. La percezione della vittoria fa sentire già partecipi in questa terra, nel cammino giornaliero, della vita eterna e della gloria di Dio, con la determinazione di non desistere dalla lotta contro la tentazione e la seduzione del peccato.

Accompagnati, in diversi momenti o circostanze, la vita è segnata dall’evento, ultimo e definitivo, il contenuto della speranza e dell’attesa: “aspettando ormai che i suoi nemici vengano posti a sgabello dei suoi piedi” con la parusia, la presenza del Risorto, e la mistica che manifesta “tutto in tutti” (1Cor 15,28).

All’evento finale si riferisce il vangelo di questa domenica.

Vangelo (Mc 13,24-32) – adattamento dal commento di Alberto Maggi

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«In quei giorni, dopo quella tribolazione,

il sole si oscurerà,

la luna non darà più la sua luce,

le stelle cadranno dal cielo

e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.

Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.

Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte.

In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.

Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre».

 

È una pagina di grande incoraggiamento per la comunità cristiana, ed è un testo molto difficile. E colui che legge – avvisa l’evangelista – cerchi di capire bene (v.14), cioè l’interprete del testo alla comunità cerchi di fare attenzione.

Dopo la distruzione di Gerusalemme e del Tempio inizia una nuova tappa nell’umanità. La caduta e la scomparsa dell’istituzione religiosa giudaica non sono la fine, ma la prima tappa di quel processo irreversibile nella storia che vedrà la caduta di tutti quei poteri che si oppongono alla realizzazione del regno di Dio. Ogni regime basato sul potere e sul dominio ha già in sé il germe della propria distruzione, come ogni gigante dai piedi di argilla (Dn 2,33).

L’intervento di Dio è contro i pagani adoratori degli astri: “Ecco, il giorno di Yahvé arriva implacabile, con sdegno, ira e furore, per fare della terra un deserto, per sterminare i peccatori. Poiché le stelle del cielo e la costellazione di Orione non daranno più la loro luce; il sole si oscurerà al suo sorgere e la luna non diffonderà la sua luce” (Is 13,9-10). Sono molti i testi profetici simili (Is 34,4; Ger 4,23-24; Ez 32,7; Gl 2,1.11). In ognuno di essi non si tratta di un giudizio finale, né della fine del mondo: la storia continuerà, però il mondo avrà cambiato aspetto. Indicano la fine di una storia, ma non della storia.

Gesù non annuncia calamità che colpiranno la terra e non si accenna ad alcun terrore da parte degli uomini. La catastrofe non minaccia il mondo, ma il cielo. Marco non presenta un testo che susciti orrore, ma speranza (Luca nel passo parallelo aggiunge l’espressione: “Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina” (Lc 21,28).

Sole, luna e stelle erano considerate divinità, e in quanto tali adorate dai popoli pagani: “Perché alzando gli occhi al cielo e vedendo il sole, la luna, le stelle, tutto l’esercito del cielo, tu non sia trascinato a prostrarti davanti a quelle cose e a servirle” (Dt 4,19). Inoltre con il termine stelle si indicavano i potenti che ambivano alla condizione divina (“Come mai sei caduto dal cielo, astro mattutino. Tu dicevi in cuor tuo: Io salirò in cielo, innalzerò il mio trono al di sopra delle stelle di Dio… Invece ti hanno fatto discendere nello sheol” (Is 14,12-15).

Gesù dice: “In quei giorni dopo quella tribolazione – la distruzione del tempio di Gerusalemme – Il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce”. Gesù sta annunciando che, grazie alla diffusione della notizia del Suo messaggio, le false divinità perderanno il loro splendore. Quel che si credeva vero si dimostra falso, quello che veniva contrabbandato per sacro si dimostra impuro.

La sola signoria riconosciuta dalla comunità dei credenti è quella dell’unico Dio che legittimamente risiede nei cieli – “il Padre vostro che è nei cieli (Mc 11,2)” -. Ogni altra presenza nei cieli viene considerata un’usurpazione che l’attività del Messia, e dei suoi seguaci, dovrà eliminare. La “potenza” del “Figlio dell’Uomo” annienterà, alla sua venuta, tutte le “potenze che sono dei cieli”.

Grazie all’annunzio della buona notizia di Gesù quei poteri, che proprio sulla divinità basavano la loro forza e il loro prestigio, uno dopo l’altro cominceranno a cadere. Era tipico della cultura dell’epoca per principi, re e imperatori considerarsi di condizione divina. E nel linguaggio biblico erano chiamati “stelle”.

Quindi, tutti coloro che detengono un potere basato su queste divinità, che il vangelo dimostrerà false, uno dopo l’altro cadranno. È un annunzio bellissimo, di grande incoraggiamento, quello che Gesù sta dando. È l’annunzio della caduta di tutti quei poteri che si oppongono all’avvento del regno di Dio.

Tutti quei poteri che sfruttano l’uomo, tutti quelli che sottomettono l’uomo, specialmente se lo fanno in nome di Dio, uno dopo l’altro cadranno. Questa che Gesù annunzia è una catastrofe che non minaccia il mondo, ma minaccia il cielo, il cielo dove queste persone pretendevano di risiedere perché si consideravano di condizione divina.

“Allora vedranno”: ma chi è il soggetto? Gesù non dice ai discepoli “vedrete”; non sono infatti i discepoli che vedranno, ma queste stelle, queste potenze, nella misura in cui cominceranno a cadere, vedranno il Figlio dell’uomo. Mentre questi falsi poteri, queste false divinità, perdono la loro luce e cominciano a cadere, emerge quella vera, il Figlio dell’uomo, il trionfo dell’umano sull’inumano, l’uomo con la condizione divina.

Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi”; esse sono immagine della presenza di Dio e della sua grande potenza. Le potenze nei cieli, cioè quelle che determinavano la vita e la morte delle persone, con l’annunzio del vangelo vengono sconvolte. Ma la potenza di Gesù, forza che comunica vita, emergerà sempre di più.

E mentre il sole si oscura, e la luna non darà più la sua luce, in Gesù splende la sua gloria, si manifesta la sua divinità.

“Egli manderà gli angeli; Gli angeli, nel vangelo di Marco, sono i collaboratori di Gesù; quindi sono persone fisiche, e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo. Marco vuol dire che la caduta dei persecutori sarà il trionfo di coloro che sono stati perseguitati. Quindi le sofferenze causate dall’oppressione avranno fine.

Poi Gesù sembra cambiare discorso. “Dalla pianta di fico (…)”; Il fico è l’immagine del tempio, tutto foglie ma senza frutti e Gesù ne aveva annunziato la fine. Quindi sta parlando della fine del tempio di Gerusalemme.

“(…) imparate quella parabola (…). Quale parabola? Quella che Gesù aveva detto ai sommi sacerdoti dei vignaioli omicidi, ai quali sarebbe stata tolta la vigna. Quindi, con la distruzione del tempio, la vigna, immagine del regno, sarà data ad altri popoli. “(…) Quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi (…)”. Gesù dirà che altri hanno capito e anche loro devono capire, ma sono i discepoli che fanno resistenza a comprendere tutto ciò.

“(…) quando vedrete accadere queste cose – parla dell’invasione della Palestina da parte dei Romani che assedieranno Gerusalemme e distruggeranno il tempio -, sappiate che …”; qui la traduzione dice “egli è vicino”, ma nel testo il termine “egli” non c’è. “Sappiate che è vicino alle porte”. Cos’è vicino? Gesù l’aveva detto: “il regno di Dio è vicino”. Quindi, finalmente si comprende che il regno di Dio non è soltanto un’offerta per il popolo di Israele, ma è per tutta l’umanità.

E con la distruzione del tempio di Gerusalemme questo comincerà ad essere vero. E poi c’è l’affermazione importante, solenne di Gesù: “In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga”. Sappiamo storicamente che nell’anno 70 avvenne la presa di Gerusalemme, la distruzione del tempio e, quindi, i contemporanei di Gesù vi hanno potuto assistere.

“Il cielo e la terra, cioè tutto, passeranno, ma le mie parole non passeranno”. Cioè tutto passerà, ma il mio messaggio, quindi il contenuto della buona notizia, non passerà. Gesù assicura circa la realizzazione del suo messaggio nella storia.

Poi continua dicendo: “Quanto però a quel giorno (…)” (il termine “giorno” è stato adoperato da Marco per indicare la morte di Gesù e quella dei suoi seguaci), “(…) O a quell’ora” (è l’ora nella quale i discepoli di Gesù verranno portati di fronte ai tribunali; quindi, si tratta del momento della persecuzione e della morte), “(…) nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre”.

Cosa vuol dire Gesù con questa espressione? Non è importante conoscere il momento, ma sapere che tutto è nelle mani del Padre e, quindi, occorre fidarsi pienamente di Lui. È una pagina di grande speranza, di grande consolazione. Anche se la comunità cristiana si vede schiacciata da enormi poteri sappia che la sua azione, nella misura in cui è fedele al vangelo, sarà efficace, perché ogni regime basato sul potere ha già in sé il germe della distruzione. Ogni gigante, come scrive il profeta Daniele nel suo libro, ha i piedi d’argilla e, prima o poi, si autodistruggerà. È un invito, come dice Giovanni nel suo vangelo, a non combattere le tenebre ma a splendere in mezzo ad esse.

Quindi la comunità cristiana, nella misura in cui sarà fedele all’annunzio del vangelo, permetterà la caduta delle divinità false, e con esse i regimi che vi si appoggiano.